first time

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Il venerdì sera, per Calum, non era mai stato così triste e noioso. Non era mai rimasto in camera prima d'ora, salvo le volte in cui era malato da far schifo e quindi costretto a restare sotto le coperte. In quell'istituto lo conoscevano tutti proprio perché, ogni venerdì, se c'era una festa, era sempre presente. Ormai aveva perso il conto delle feste a cui aveva partecipato, durante le quali si scatenava come un pazzo, ubriacandosi ogni volta. Eppure, quel venerdì sera no. Era rimasto nel suo letto, avvolto nel buio. Lui, alla fine, aveva scelto di andare alla festa di Todd. Gli aveva mandato un messaggio due ore prima, dicendogli che stava partendo proprio in quel momento da casa, e da lì non si era più fatto sentire. Mentirebbe se dicesse che non gli aveva dato fastidio. Solo il pensiero che potesse baciare o fare sesso con qualcuno gli faceva contorcere lo stomaco a causa del nervoso. Ciò che non capiva era perché, effettivamente, provasse una tale sensazione. Insomma, non erano nulla. Erano solo due ragazzi che avevano passato quasi tutto l'anno ad odiarsi, per poi scoprire di avere parecchie cose in comune e cominciare a parlare come persone normali, senza urlarsi contro. Erano solo amici. Eppure, era l'una passata ormai e i suoi occhi non accennavano minimamente a chiudersi, proprio a causa di quei pensieri. L'ansia gli invadeva il petto, il cuore batteva veloce all'interno della gabbia toracica e non riusciva a stare fermo. Continuava a girarsi ed a rigirarsi tra le coperte, cambiando continuamente posizione. Era irrequieto. Aveva voglia di chiamare Luke, ma sicuramente il suo migliore amico stava dormendo, considerando l'orario. In più, anche lui aveva le sue gatte da pelare, non poteva chiamarlo ogni qualvolta volesse sfogarsi, soprattutto se si trattava di cose stupide come quella.

"Fanculo" Sbuffò improvvisamente, portandosi seduto sul letto e accendendo la piccola lampada accanto a sé, posta sul comodino. Una luce fioca, gialla, illuminò di poco la stanza e il moro sospirò, lasciandosi andare contro la testiera del letto. Un rumore proveniente dall'esterno lo fece sobbalzare, facendo in modo che i suoi occhi guizzassero verso la finestra, contro la quale qualcuno aveva appena lanciato un sassolino. Confuso, il ragazzo si alzò, pronto a sbottare contro chiunque stesse provando a rompergli il vetro, ma la sua collera si arrestò nel momento in cui vide proprio colui che non gli permetteva di prendere sonno, già pronto a lanciare un altro sasso. Aprì la finestra, facendo capolino da essa, in modo da guardarlo meglio.

"Che diamine ci fai qui? Non dovresti essere da Todd?" Sbottò a bassa voce, vedendolo poi alzare le spalle.

"E tu perché sei ancora sveglio? Ci hai messo troppo poco a rispondere, pensavo di dover tirare altri tre o quattro sassi per farti svegliare" Disse, lasciando andare il sasso che aveva tra le mani e infilandole poi nelle tasche. Il piccolo alzò gli occhi al cielo, rientrando in stanza e chiudendo la finestra. Uscì velocemente dalla propria camera, scendendo le scale e affrettandosi a raggiungere la porta sul retro, che aprì immediatamente, trovandoselo a pochi metri da lui. Sua madre, fortunatamente, quella sera non c'era. L'uomo con cui si stava frequentando aveva deciso di portarla a Melbourne per il weekend e non sarebbero tornati prima di lunedì. Quando si accorse di lui, non perse tempo ad entrare in casa, permettendo al minore di chiudere nuovamente la porta a chiave. Solo allora, quest'ultimo notò gli occhi leggermente rossi e la camicia tutta stropicciata dell'altro, illuminato dalla poca luce che entrava dalla piccola finestra posta al di sopra della porta. Si chiedeva cosa l'avesse spinto a tornare così presto e, soprattutto, cosa l'avesse portato ad andare da lui e non a tornare a casa. Di solito, alle feste organizzate da Todd, non torni in camera prima delle tre del mattino.

"Perché sei qui?" Domandò, superandolo ed avviandosi verso la propria stanza. Era già stato a casa sua un paio di volte, quindi sapeva benissimo dove stesse andando. L'ansia cominciò a crescere lentamente, in attesa di risposta. Sperava che nessuno l'avesse toccato, che non avesse fatto nulla. Un pensiero sicuramente egoista, ma che Calum non poteva far a meno di avere.

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