✨𝒹𝒾𝒸𝒾ℴ𝓉𝓉ℴ;

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Jimin fece entrare prima Jungkook, così da potersi chiudere la porta alle spalle, poi prese la chiave e se la infilò nei pantaloni, tirando così la molla delle mutande.
Jungkook, alla scena, strabuzzò gli occhi.

«Ma cosa diavolo fai?»

Jimin incrociò le braccia, studiando Jungkook dalla testa ai piedi.

«Ora noi resteremo qui finché non risponderai a tutte le mie domande.
Fino ad allora, le chiavi rimarranno nelle mie mutande.»

«Posso sempre prendermi le chiavi con la forza, sai?
Forse non c'è bisogno nemmeno di forzarti, sono sicuro che se ti chiedessi di spogliarti per me lo faresti.
Vero, Jiminie?»

Jungkook incastrò lo sguardo in quello del grigio, osservando come Jimin stesse deglutendo per la sua risposta.

«N-Non mi spoglio per chiunque, p-per chi mi hai preso.» Disse Jimin, arrossendo.

Jungkook cercò di mantenere la solita freddezza, ma in quel momento non potè fare a meno di ridere per la tenerezza di Jimin.

Il grigio sorrise di rimando, approfittandone per avvicinarsi a Jungkook.

Jimin stropicciò le maniche della felpa, strisciando lievemente il piede a terra pur di non reggere lo sguardo del corvino.

«Posso farti delle domande, ora?»

Jungkook sorrise senza farsi vedere, sollevando poi un sopracciglio.

«Solo se io posso farne a te.»

Jimin rimase spiazzato dalla risposta del corvino ma decise di annuire e accettare.
Senza quel compromesso non avrebbe potuto ricavare nessuna informazione.

«Risponderemo solo con la verità però.»
Jimin alzò lo sguardo, cercando di scorgere un qualche tipo di emozione in Jungkook.

Il corvino annuì.
«D'accordo, inizia tu.»

Jimin si mordicchiò il labbro, cercando di capire quale domanda fare per prima.
Inizialmente voleva chiedere al corvino chi gli avesse fatto quei graffi giorni prima ma poi decise di cambiare domanda.

«Quando eri ubriaco ti sei lasciato toccare da me...
Ma le altre volte no, almeno non da quando mi hai detto quell'episodio della tua infanzia.
Perché?»

Jungkook sgranò leggermente gli occhi, girando subito dopo la faccia. Aveva promesso di dire la verità.

«Sono stato violentato ad otto anni, Jimin.
Sono... sporco, sporco dentro, nelle viscere del corpo, come una contaminazione.
Tu sei così puro, genuino, buono.
Non voglio contagiarti, non dovresti frequentare persone come me.
Non dovresti nemmeno lasciarti toccare da me, sono disgustoso.» Jungkook sussurrò l'ultima parte, quasi come se non volesse farsi sentire.

Nel piccolo bagno calò il silenzio, l'unico suono che si sentiva erano le voci ovattate degli altri che erano nella stanza affianco.

Jimin sentì gli occhi inumidirsi, il labbro tremante che tradiva il suo stato d'animo.

Si avvicinò lentamente a Jungkook per poi buttarsi tra le sue braccia, affondando poi il viso nel suo largo petto.
Jungkook spalancò gli occhi, sorpreso.

«T-Tu non sei s-sporco, o-okay?»

Jungkook si morse l'interno della guancia pur di non farsi diventare gli occhi lucidi, allungando le braccia e stringendo a sé il grigio.

Era da una settimana che non si sfioravano e Jungkook pensò che in quel momento stava tornando a respirare davvero, come una boccata d'aria dopo una lunga apnea.

MY ROOMATE IS A FUCKBOY | JIKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora