la mattina mi svegliai con l'emicrania più forte che avessi mai provato, il trucco completamente sbavato e ancora il vestito di ieri sera. che gran casino.
"dormito bene piccola?" il mio cuore mancò un battito.
"cristo, che spavento" esclamai massaggiandomi la testa. dami mi fissava con quella stupida espressione beffarda, in mano una tazza di caffè. già sapevo che lo spettacolo stava per cominciare.
"come stai?"
"tralasciando l'impressione di avere mille cotton fioc ficcati nelle orecchie, una meraviglia" risposi ironica. lui scosse la testa serio e seccato.
"muoviti ad alzarti che dobbiamo andare." cazzo. mi ero scordata dello studio e di quelle minchiate. che poi, fossimo stati in un'altra situazione ne sarei anche stata contenta, ma l'aria, ora, si poteva tagliare con un coltello. mi lavai e indossai una tuta qualsiasi. uscimmo di casa che erano le undici. nessuno dei due era mattiniero, come si poteva intuire. camminammo per poco, finché dami non si sporse e chiamò un taxi che casualmente passava di lì. salimmo e il tassista partì.
"ascolta, ieri sera..."
"non ora." m'interruppe brusco. non parlammo per il restante tempo del viaggio, dieci minuti circa. quando scendemmo il cielo si era ricoperto interamente di nuvole, un po' come ieri. amavo questo tempo, e l'avrei apprezzato di più se solo fossi stata in pace con me stessa. non ricordavo esattamente tutto della sera passata, giusto le cose più importanti: il bacio con william, dami incazzato nero e poi lui che mi stringeva. lui che mi diceva di non essersene pentito. poi un blackout. che disastro del cazzo. l'edificio davanti a noi era enorme, moderno. entrammo e io seguii dami che, con passo spedito, si dirigeva alla porta del suo studio. era davvero surreale vedere dove lavorasse. era tutto perfetto. lui chiuse la porta dietro di noi ed andò a sedersi sulla sedia girevole in mezzo alla stanza. io mi accomodai su di una piccola poltrona affianco.
"ti prego, non ignorarmi così" sbottai infine, dopo diversi minuti che smanettava sul suo monitor e robe varie. lui si bloccò all'improvviso e prese un lungo respiro.
"io non...so che dirti" ammise quasi disperato. restava con lo sguardo sul muro, non accennava a girarsi verso di me.
"mi dispiace di averti incasinato, davvero. tra poco me ne andrò e tutto tornerà come prima. forse non sarei dovuta nemmeno venire..."
"smettila."
"che?" lui si passò una mano sul viso, poi finalmente si voltò.
"non è colpa tua, ieri non eri in te."
"e allora perchè sei arrabbiato?" attimi di silenzio interminabili.
"perché non so come gestire tutto questo, c'ho un cazzo di uragano dentro, ogni volta che ti guardo e che tu mi fissi con quegli occhi. perchè mi viene in mente quando saltavamo scuola e andavamo dietro casa tua a fumare, e ridevamo, ed eravamo felici. mentre ora va tutto una merda perchè non fai più parte della mia vita, quando eri l'unica cosa che avessi" sbottò con voce quasi tremante. ora ero io a non sapere cosa dire. mi morsi un labbro per trattenere le lacrime, non potevo crollare ancora.
"non sapevo pensassi questo..."
lui alzò le spalle, forse in segno di resa. all'improvviso feci la prima cosa che mi passasse in testa. mi alzai e andai a sedermi in braccio a lui. gli buttai le braccia al collo e lo strinsi forte. lui restò impassibile; mi si spezzò il cuore. mi staccai, restando sulle sue gambe, e lo guardai negli occhi. forse l'imbarazzo m'impediva di andarmene, ormai c'ero troppo dentro, troppo oltre. era estremamente confuso, e d'altronde come potevo biasimarlo?
"sei incredibile, io proprio non ti capisco" mi disse facendo un risolino sardonico. io lo guardai a bocca semiaperta. faceva davvero male sentirlo così freddo. poi guardai in basso. essere così vicina a lui mi faceva venire la tachicardia, era peggio d'essere ad un passo dal collassare. allo stesso tempo mi era quasi impossibile staccarmi, io volevo stargli vicino, nonostante tutto.
"sai, a volte mi fa rabbia" sospirai.
"cosa?"
"sapere di non averti."
"cosa significa questo?"
"significa che anche io quando ti guardo non so che fare. mi perdo nei ricordi, dami. e vorrei che fosse tutto a posto, vorrei piacerti come a me piaci tu." non potevo credere di averlo detto sul serio. lui alzò le sopracciglia e non disse nulla. poi deglutì, io rimasi incantata per qualche istante sul suo pomo d'adamo che saliva e scendeva.
"niente sarà mai a posto. ma tu sei una testa di cazzo. ti sto dicendo che sei l'unica cosa a tenermi in piedi, luna." sentii un tonfo nel petto. gli sorrisi malinconicamente. era l'unica cosa che avrei voluto sentirmi dire.
"che cosa siamo, allora?" mi pareva una domanda lecita, o forse non lo era poi così tanto.
"siamo sempre io e te. solo che ora posso ficcarti la mia lingua in gola." io scoppiai in una risata rumorosa. fossi stata un'altra ne sarei rimasta scandalizzata, ma era proprio questo che mi piaceva di dami. solo con me era così, e non potevo chiedere di meglio.
"ora però, per favore, alzati." merda, mi alzai all'istante.
"non credevo di essere così pesante."
"no, non è quello.." si guardò in mezzo alle gambe.
"sei un coglione!" sbottai ridendo ancora. lui sorrise.
"ancora un po' ed è marmo, eddai capiscimi." risi ancora.
mi sembrava quasi assurdo come passassimo da un momento così critico al scherzare, in nemmeno un minuto. per il resto del tempo restai seduta a fissarlo lavorare. non riuscivo a capire cosa sentissi, era un incredibile mix di emozioni, ero così maledettamente confusa. dami era tutte quelle cose che non riuscivo a dire. e forse andava bene così.
"ti piace?" mi chiese facendomi sentire cosa stava progettando. un beat creepy al punto giusto, con quella punta di nostalgia nel pieno del suo stile. lo adoravo.
"è bellissimo" ammisi.
"esagerata" sbuffò ritornando con gli occhi sul desktop e le mani sulla tastiera. suonava tre o quattro accordi e faceva già magie. dopo qualche secondo si spostò al piano e poi, inaspettatamente, prese a cantare. se fossi stata in piedi, le mie gambe non avrebbero retto. non ero pronta a quello. forse aveva ragione, ero esagerata, o magari di parte, ma la sua voce era la cosa che mi faceva stare meglio. mi bastò il primo secondo per capire di canzone si trattasse.
"... si è presa tutto...tutto l'amore che ho, tutte le forze che ho, me..." crudelia di marracash. una delle mie canzoni preferite. dopo si bloccò.
"perchè ti sei fermato?"
"non lo so, mi sto deprimendo." era davvero un ragazzo impossibile. si alzò e andò davanti alla porta, aspettando che lo seguissi. io mi alzai mezza scocciata e mezza imbronciata.
"che c'è?" mi chiese facendo il labbruccio per sfottermi, guardandomi dall'alto.
"volevo ascoltarti ancora" dissi spingendolo leggermente dal petto. lui alzò gli occhi al cielo.
"ora ti mostro cos'è il vero divertimento" disse porgendomi la mano. io scossi la testa.
"dai, lo so che non mi resisti." sentii una strana sensazione nello stomaco e...più sotto. finalmente sorrisi e gli diedi quello che voleva. mi tirò fino fuori l'edificio e cominciammo a camminare. tirò fuori dalla tasca un blunt già girato e l'accendino. finalmente si ragionava.
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soli in due ~ tha Supreme fan fiction
Fanfiction⚠️ licenza poetica: il vero nome dell'artista su cui è basata questa fan fiction non corrisponde al nome da me scelto nella storia, per una banale scelta stilistica. si tratta di un adattamento, tutto ciò che comprende questo personaggio, per il res...