chapter 9

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il cielo si stava schiarendo, le luci dell'alba illuminavano ora i nostri volti stanchi. restammo lì tutta la notte e infondo non avremmo potuto passare quel tempo in miglior modo. dopo essermi preparata e aver messo qualcosa sotto i denti, andai in camera per chiudere la valigia e tutto il resto. all'improvviso suonò il campanello. sentii dami andare ad aprire. dopo diversi secondi di silenzio andai a controllare cosa stesse succedendo. e poi lo vidi lì in piedi, sulla soglia. con le mani conserte, la solita faccia incazzata di mio padre. lasciai cadere a terra la maglietta che avevo fra le mani dalla sorpresa.
"papà" dissi andando verso di lui, non l'avessi mai fatto...mi tirò uno schiaffo. non aveva fatto male, ma istintivamente misi una mano sulla guancia appena colpita. dami subito si frappose tra noi due.
"cosa cazzo le passa per la testa?" affermò lui spingendomi indietro. voleva proteggermi, ma io non potevo permettere che ci rimettesse anche lui. non c'entrava un cazzo, era questo quello che facevo in continuazione, trascinarlo nei miei guai.
"piccolo stronzo! dovevo saperlo che c'entravi, come ogni volta. finirai per rovinarle la vita, se non l'hai già fatto!" sbottò mio padre furioso, puntando un dito contro dami.
"lei non sa di cosa parla. è casa mia, se vuole che non la sbatta fuori, almeno tenga quelle mani del cazzo a posto." io lo tirai per la felpa, da dietro, cercando di fargli capire che poteva bastare così.
"per favore, fammi parlare con lui" gli dissi piano. lui si girò, annuì dopo diversi attimi di esitazione. rimase ugualmente lì accanto a me, non si fidava e, d'altronde, come dargli torto?
"tua madre pensava ti avremmo ritrovato infondo ad un canale, stuprata e priva di sensi. probabilmente sarebbe stato meglio, almeno avresti imparato una lezione." ero abituata alle stronzate che sparava, e forse non ci facevo nemmeno più caso.
"cosa sei venuto a fare, se non t'importa?"
"sei pur sempre mia figlia, dopo le assenze a scuola la situazione cominciava a farsi più seria e non volevamo coinvolgere forze pubbliche maggiori. ma io già sapevo fossi con questa testa senza valori a perder tempo." dami s'irrigidì, ma io lo guardai male e fortunatamente non intervenì.
"quindi sei qui per portarmi a casa?"
"che lo voglia o no, si. e faresti bene a non fare la stronza perchè proprio non mi va di fare la parte del cattivo, okay?" era tutta la vita che faceva quella parte.
"non ti preoccupare, papà, verrò e farò la brava. solo...di a mamma di cominciare a tirar fuori tutte le mie cose dall'armadio."
"che vuoi dire?"
"voglio dire che da oggi avrete una bocca in meno da sfamare e più soldi per il mutuo." non credevo di averlo detto sul serio, eppure la sua faccia stupita me lo confermava.
"luna.." provò a rimproverarmi dami. sapeva già stessi combinando una cazzata, infondo non avevo dove altro stare. e da sola non sarei durata nemmeno una settimana. mio padre poi scoppiò a ridere.
"non m'importa niente dei tuoi piccoli capricci, sono stanco di dover stare dietro a qualsiasi cosa tu faccia..."
"d'ora in poi non sarò più un tuo problema, cazzo!" lo interruppi alzando la voce.
"lascio scuola, lascio casa, comincio a vivere! sei qui solo per te, tutto quello che hai sempre fatto è stato solo e soltanto per te. mai per me, o per mamma...quindi che c'è? continua pure a farlo, che tanto non mi perderai, papà, perché non mi hai mai avuta davvero..." conclusi sfinita.
"lo sai, non hai mai fatto qualcosa di cui potessi andar fiero ed è forse per questo che sei venuta su così male. mi dispiace, si, che tu sia costretta a stare al mondo, se sei nata così. non è facile, immagino, dover svegliarsi la mattina sapendo di essere sbagliata" affermò ironicamente dispiaciuto. io sentii come un coltello nel petto. ma non era niente, dovevo convincermi non lo fosse, non potevo crollare.
"forse hai ragione, ho commesso un errore a venire fin qui. infondo agli occhi della legge sei adulta, fammi il semplice favore di firmare tutte le carte necessarie per condannarti a vivere una vita senza istruzione, poi saremo svincolati per sempre dalle catene che ci tengono ancora, in una qualche misura prettamente non sentimentale, uniti." io non sapevo più che dire.
"...scelta tua" riprese alzando le mani, vedendo la mia faccia pensierosa.
"ah e tu.." continuò poi rivolgendosi a dami.
"quando ti stancherai di lei, portala ovunque, ma non da me." e con questo terminò il patetico teatrino, probabilmente nel modo peggiore in cui sarebbe potuto finire. se prima non avevo avuto un motivo valido per tornare a quella che chiamavo casa, adesso ero completamente persa nella sicurezza di non avere più niente. se ne andò lasciando in quella casa già piena di tristezza, un vuoto così immenso che dall'alto a guardarlo avrei sofferto di vertigini. fu in quel momento che tutto d'un tratto i miei occhi si riempirono di lacrime, così violentemente da farmeli diventare rossi, più di com'erano dopo il cannone della ninna nanna.
"non volevo andasse a finire così" mormorai con voce spezzata. dami aveva le mani tra i capelli.
"non volevo nascere così" ripresi ormai piangendo a tutti gli effetti. lui si smosse, finalmente. si piazzò davanti a me e provò a spostarmi le mani dal viso, ma non cedevo. così mi buttai sul suo petto, e lui mi cinse a sé. mi stringeva forte per le spalle e, nonostante non avessi più un briciolo di speranza in corpo, la sua presenza era l'unica cosa che mi teneva ancora in piedi, seppur barcollante.
"tu sei perfetta" disse poi lui all'improvviso. io continuavo a gemere lamenti rinchiusa tra le sue braccia, rinchiusa nella mia sola certezza. restammo in quella posizione finché non mi calmai, o perlomeno dopo qualche minuto andammo a sederci sul divano, ancora una volta io sopra di lui. mi sentivo un bimbo cullato dalla madre.
"ti sto solo facendo perdere del tempo" dissi per poi tirar su col naso. non volevo stressarlo con i miei soliti crolli emotivi.
"basta. ogni scusa è buona pur di farti perdere il treno."
"cosa?" chiesi spostando il mento prima appoggiato alla sua spalla, ora guardandolo negli occhi.
"non puoi tornare a casa in queste condizioni. aspetta almeno stasera..." non aveva tutti i torti.
"hai già fatto troppo per me, non posso chiederti anche questo."
"cioè, cosa? rimandare di qualche ora un senso di mancanza che inevitabilmente proverò?" merda, era lui ad essere perfetto. io gli sorrisi.
"non lascerai davvero scuola, giusto?" sapevo che prima o poi avremmo dovuto parlarne. alzai le spalle.
"no, non posso" ammisi infine, più a me stessa che a dami. dopo inspirai forte.
"non ho davvero più un posto dove andare" sospirai sorridendo amaramente. lui mi strinse più forte. nonostante fossi a pezzi, lui era la reale ragione per cui non mollavo, lo era sempre stata.
"sei una scema" affermò cercando i miei occhi. io mi scostai per poterlo guardare come si deve.
"che cosa dovrei fare adesso?" gli chiesi cercando di trattenermi, ma probabilmente traboccavo disperazione da ogni parte.
"aspetta che lo scazzo passi, è pur sempre casa tua, tornerà tutto come prima."
"io non voglio che sia come prima..."
"lo so" m'interruppe.
"hai aspettato tutto questo tempo, ce la fai ancora per qualche mese?" mi chiese quasi come se dovessi rispondergli per forza di si. ma io non ne ero così sicura, e forse lui lo aveva capito.
"fallo per me, promettimelo." io mi morsi il labbro.
"combinerò qualche altra stronzata, non ti prometto un cazzo." ero al limite, non volevo mentirgli, rischiare di deluderlo in nessun modo possibile.
"fanculo, lo so luna. ma ora devi farlo, devi andare. via da me, via da questa città. devi continuare come hai sempre fatto, e poi domani chissà..." non volevo avesse ragione, ma ce l'aveva, come sempre. presi un lungo respiro.
"se me ne vado...giurami di fare il bravo.."
"che cazzo!" mi fermò seccato.
"stai ancora a pensarci? devi dimenticarti di me, solo per un po'." stavolta aveva torto, eccome.
"no, cristo, dami!" mi alzai in piedi, quasi davanti a lui.
"che c'è?" domandò facendo quella stupida smorfia da superiore.
"perché io devo farlo e tu no?"
"perché tu vai ancora scuola, perché non sei indipendente economicamente e perché..."
"perché sono una ragazzina." stavolta lo interruppi io. lui restò in silenzio.
"no, perché non meriti altre sofferenze." questa volta mi aveva lasciato senza parole, per davvero.
"oh." lui si alzò e s'infilò una felpa lasciata sul tavolo, poi si diresse verso la porta.
"vieni, non si respira qua dentro." lo seguii senza accennare ancora a spiccicare parola. roma era ancora grigia, non lasciava un minimo di spazio alle distrazioni, ogni passo era verso l'ennesimo pensiero asfissiante. dami camminava con le mani in tasca, tenendo gli occhi fissi sulle sue nike. stava ancora a chiudersi in se stesso.
"scusami" esordii all'improvviso. lui fece un respiro profondo, poi sputò il rospo.
"alla fine ti perdono, è così che va a finire ogni volta, no?" non capivo che cosa provasse, in quell'istante non ci riuscivo proprio.
"pensarti fa meno male che pensare a tutto il resto del casino che è la mia vita" dissi guardandolo, così lui alzò lo sguardo su di me. c'eravamo ormai fermati in mezzo ad una strada deserta.
"chiamami testarda, ma non ci riesco a scordarmi di te, anche solo per un attimo. della tua voce, della tua bocca, delle tue stupide prese in giro." mi tremava un po' la voce. lui guardò per un secondo sopra di sé, poi tornò a fissarmi, come se non provasse più niente.
"non voglio essere un altro problema.."
"non lo sei! come potresti anche solo pensare una cosa del genere?" domandai un po' delusa. sorrise appena. ribadisco: non lo capivo. passava dall'essere incazzato al farmi incazzare nell'arco di un secondo.
"non ti chiedo scusa, che tanto mi perdoni" affermò poi. io sorrisi a mia volta, scuotendo leggermente la testa. non feci in tempo nemmeno a formulare un altro pensiero che dami mi distrasse, osservandomi come solo lui sapeva fare. e dopo prese ad avvicinarsi piano, fece un qualcosa di inaspettato, sul serio. mi diede un veloce bacio a stampo, e si staccò subito, per poi poter guardarmi negli occhi, con l'espressione di un bambino che aspetta qualcosa. io lo fissavo confusa, un gesto troppo dolce per due come noi. probabilmente ero un po' arrossita poiché dami sorrideva apertamente, come credo mai avesse fatto, che quasi s'intravedevano i denti.
"e questo cos'era?" domandai trattenendo una risata. lui tornò a fissarmi dall'alto dei suoi 10 cm in più della mia statura.
"non posso dare senza ricevere mai nulla. se vuoi qualcosa di più, non aspettarti niente da me." che gran stronzo. stavamo per cominciare quel gioco, ancora. lasciare a loro stessi tutti i nostri problemi e abbandonarci al suono di quel sentimento che ci legava, qualsiasi cosa essa fosse. così feci la prima cosa che mi venne in mente. mi avvicinai e gli misi una mano sul petto. poi allungai il collo per poter arrivare alla sua bocca. lui restava fermo, non facendo altro che alimentare la mia foga. lo baciai, lui rispose come un bastardo verginello. gli ficcai la lingua praticamente nelle tonsille, dami cominciava a cedere, me lo sentivo. nel frattempo la mia mano prese a scendere, molto lentamente. la portai sotto la felpa, all'altezza dell'allacciatura dei pantaloni. ormai stava mollando, per forza.
"mh" ansimò ancora con la mia lingua nella sua bocca. slacciai soltanto il bottone e passai le mie dita sopra l'elastico dei box. e subito dopo la tolsi, staccandomi. il suo petto si muoveva più velocemente del normale.
"stronza" disse ad un millimetro dalla mia bocca. io sorrisi beffardamente. poi mi allontanai per poterlo guardare negli occhi.
"che c'è? non hai una bella faccia" dissi sfottendolo e facendo il labbruccio.
"ho il cazzo di roccia, non posso muovermi idiota, sennò eri finita." io risi.
"quindi resti qua?" continuai. lui socchiuse gli occhi.
"volevo farne su una, ma qui siamo esposti..." sapevo che stava impazzendo, adoravo tutto ciò.
"ce l'ho io la roba, o me lo succhi qui o dovrai aspettare giusto il tempo di una pippa." era incredibile come in questo gioco avrei dovuto vincere io, ma lui riuscisse sempre a rispondere come si deve. mentre deglutiva lo guardavo ammaliata.
"pensa a tua nonna, che cazzo ne so" dissi tornando un po' più seria. mi sentivo in soggezione ora.
"non posso se ci sei tu davanti a me" rispose squadrandomi dalla testa ai piedi. io alzai gli occhi al cielo, ma dentro tremavo. feci retromarcia, verso casa. sapevo che non sarei riuscita a scamparla, e mi faceva impazzire.
"guarda come si è ribaltata la situazione qui!" gridò da dietro, mentre mi raggiungeva. io gli feci il dito medio, senza voltarmi però. ancora una volta eravamo passati dal litigare a...questo, qualsiasi cosa fosse.

soli in due ~ tha Supreme fan fiction Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora