chapter 7

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era già mezzogiorno quando aprii gli occhi, dami non era più affianco a me.  mi alzai a malavoglia e mi diressi in cucina. lo trovai seduto al tavolo con una tazza di quello che sembrava caffè, a fissare il nulla. non aveva una bellissima faccia, sotto gli occhi s'intravedevano due occhiaie.
"ei" mormorai stropicciandomi gli occhi, con voce rauca.
"ei" disse sorpreso nel vedermi, accennando un sorriso.
"tutto bene?" chiesi andandomi a sedere di fronte a lui.
"si" rispose tornando serio. cristo, non lo capivo.
"hai dormito bene?" gli domandai allora. lui fissava la sua tazza.
"...non hai dormito per un cazzo, vero?" dami si morse le labbra. era bellissimo, così fragile. allo stesso tempo sentivo un masso sul petto nel vederlo così.
"è che pensavo a quando te ne andrai." lo sapevo, anche se pregavo non fosse davvero così.
"sono qui" dissi prendendogli una mano. lui appoggiò la testa al tavolo, vicino alle nostre dita intrecciate, provando a nascondersi dai sentimenti. era semplicemente adorabile.
la sera calò lenta ed io ne ero felice. era sempre stato il nostro momento preferito della giornata. durante la notte può succedere qualsiasi cosa, e questa magia ci portava luce nell'anima.
ed era in quegli istanti, io e dami che camminavamo nel buio delle strade di roma, alla ricerca di un posto migliore di quell'angoscia che ci portavamo appresso ovunque. lì, e solo lì, il mio cuore sorrideva.
"come stanno i tuoi?" mi chiese dami mentre entravamo in via del corso.
"come sempre."
"eddai, soliti stronzi?" era l'unico che avesse le palle di chiedermi le cose come stavano senza paura, ed io lo adoravo. paradossalmente amavo la sua strafottenza.
"sarò la prima io, ma non è cambiato un cazzo bro." lui annuì, sapevo benissimo stesse capendo a pieno ciò che volevo dire. dopo un po' che camminavamo ci fermammo sull'ennesima panchina, ad osservare i passanti e le stelle sopra di noi.
"lo sanno che sei qui?" io alzai le spalle. cominciava a venirmi nostalgia di un qualcosa che ancora in verità non sapevo che fosse.
"hai paura?" era una domanda strana, soprattutto fatta da lui.
"e di cosa?" chiesi spostando lo sguardo dentro il suo. le sue pupille brillavano sotto la luce fioca della luna, le mie tremavano.
"di quello che ci sarà dopo." ci stavo morendo, ma non potevo dirlo. continuavo a guardalo negli occhi. eppure in quell'attimo la fragilità prese il sopravvento. guardai in alto per placare la malinconia.
"si." risposi soltanto, con voce rotta. dami restava impassibile, forse non sapendo che fare.
"quando te ne sei andata ho cominciato a riprendere quella merda." intendeva xa'. io lo sapevo, lui sapeva che lo sapevo. dopo sospirò.
"mi sentivo come se qualsiasi cosa avessi fatto, non avrebbe più importato. ho lasciato la scuola, vedere ogni mattina il tuo banco vuoto..." si fermò a sorridere amaramente. i miei occhi diventavano sempre più lucidi. lui cercava di guardare ovunque tranne che verso di me.
"passavo tre quarti del giorno con la testa sul cesso." io restai in silenzio, non sapevo che dire. la città quella notte era meno rumorosa del solito, senza farlo apposta si respirava quella calma di cui entrambi, in quel momento, avevamo bisogno. dami si spinse con le mani più vicino a me. eravamo seduti a gambe incrociate, uno di fronte all'altra.
"mi sentivi?" chiesi aggrottando le sopracciglia.
"che?" domandò confuso.
"mentre guardavo la luna e ti parlavo. mi sentivi?" era il nostro passatempo preferito, prima del casino, gridare alla luna e sfogarci. lui deglutii, in viso un'espressione di pura sofferenza.
"certo, ogni notte. fino all'alba." senza pensarci mi ritrovai con la testa appoggiata alla sua fronte. le sue dita mi sfioravano lentamente una guancia.
"ho lasciato da te tutto quello che avevo, non posso più riaverlo indietro.." sussurrai.
"adesso sono qui, non me ne vado." io mi spostai, così da poterlo guardare per bene, nonostante vedessi tutto sfocato.
"io si, io devo andare" dissi cercando di trattenermi, ma una lacrima mi tradì. lui abbassò lo sguardo sconfitto. sembrava freddo come pietra, io non volevo piangere davanti a lui.
"sai quando credevo di aver toccato il fondo?" mi domandò da un momento all'altro. io mi asciugai il viso col palmo della mano e scossi la testa.
"mi hai chiamato, eri strafatta. mi hai detto che ti mancavo e che ero uno stronzo perchè a me non mancavi tu. mi hai detto che mi amavi e che mi avevi sempre amato, e che invece io ero un bastardo perché ti odiavo. quella sera mi chiusi a fumarmi la kryptonite fino ad avere gli occhi viola, pensavo sarei morto..."
"perché mi dici questo?" non riuscivo a capire più niente.
"perché non voglio rifare lo stesso errore. non voglio che pensi non m'importi. se sono uno stronzo, se sono lontano, è perché colpisce duro. questa situazione del cazzo, intendo." non volevo dirglielo, ma io già lo sapevo. trovavo carino il fatto che, col suo modo di fare a dir poco discutibile, fosse comunque riuscito a dirmelo, avesse almeno cercato di scusarsi.
"è anche colpa mia. non pensavo quelle cose. forse cercavo solo una reazione..."
poi ripensai alle parole di prima.
"non fare cazzate, per favore. se tu te ne andassi io non ce la farei."
"beh, ero disperato, che vuoi che ti dica" commentò con superficialità.
"io non posso prometterti di salvarti, ma ci proverò, davvero.."
"lo so" m'interruppe.
"e anche se fosse, non importa. non si può dipendere dalle altre persone, nessuno salva nessuno. penso sia una grande puttanata che si vede solo nei film." aveva maledettamente ragione, ma facevo fatica ad ammetterlo, persino a me stessa. la gente cominciava a diminuire, l'aria era sempre più fresca e non potevo desiderare di meglio che quell'atmosfera così speciale.
"e tua madre?" domandai ritornando allora all'argomento principale. lui deglutì. gli si leggeva tutto negli occhi, o almeno io ci riuscivo.
"non la vedo da qualche mese." in quel momento mi chiesi come fossimo arrivati a questo punto.
"e tu come stai?" poteva sembrare una domanda banale, ma non lo era affatto. lui fece un'espressione d'indifferenza.
"non è un grande problema per il momento. me la sono sempre cavata da solo, no?" eravamo solo dei ragazzini, ma ciò con cui avevamo a che fare era molto più grande di noi. e questo, in realtà, non faceva altro che rovinarci, seppur nel profondo diventassimo sempre più forti. dami poi ne accese una.
"che merda se ci pensi. tra poco ricadrò in depressione e, anche se poi dovessi star meglio, so di essere bloccato in un circolo che non finirà" sospirò sbuffando fumo. parlava di quando me ne sarei andata.
"che ne dici se la smetti di autodistruggerti e cominciamo a goderci il momento?"
"pff, parli proprio tu" disse sorridendo. io gli sorrisi indietro. prese a guardami in modo strano. non so cosa cazzo gli passasse per la testa. poi mi fissò per l'ennesima volta le labbra. non mi andava di aspettare. appena spostò la canna dalla bocca, mi buttai su di lui, senza nemmeno dargli il tempo di capire cosa stesse succedendo. all'inizio fu colto di sorpresa, ma poi mi mise le mani sui fianchi e mi aiutò a spostarmi. lui mise le gambe a terra e io mi sedetti su di lui, a cavalcioni. mi fermai a guardarlo in viso. provavo qualcosa che mai avevo provato prima.
"tacci tua, allora mi vuoi far soffrire, eh?"
"ma che dici?" chiesi continuando a sorridere. lui tirò la testa indietro.
"non voglio farmi arrestare per atti osceni in pubblico, ma ti ostini a stare sopra di me." a momenti tremavo. fanculo, la sensazione di scandalo era infondo alla lista delle cose che sentivo dentro in quel momento. la prima era la voglia di lui ovunque su di me, del suo profumo e della sua voce. ci guardavamo negli occhi come se non avessimo più paura, mentre dentro tremavamo come una foglia  d'inverno. ne avevo la certezza e seppure non ci andava di mostrarlo, io lo leggevo nel suo sguardo. riuscivo a capire tutto e probabilmente anche lui di me. era un libro aperto in quell'istante, il suo viso vicino al mio era l'opera d'arte che non avrei voluto mai smettere di guardare. la barba di un paio di giorni, i lineamenti ben definiti, quei capelli sempre disordinati.
"non ce la fai proprio a fingerti romantico" commentai arricciando il naso.
"scusa" disse più serio.
"sei bellissima" riprese subito dopo. io respiravo a fatica, non reggevo bene tutto quell'insieme di emozioni. era forse la prima volta che mi faceva quel tipo di complimento.
io gli sfiorai una guancia con le mie dita.
"mi sento così sola" esordii d'un tratto. non sapevo perchè. lui prese la sua mano e la posò sopra la mia, ancora sul suo viso. poi fece un altro tiro e mi baciò, passandomi il fumo. mary e le sue labbra, era il sapore più buono che avessi mai assaggiato.
"anche io" rispose solo dopo. io ancora dovevo riprendermi da quel bacio. non volevo, merda no, ma subito dopo la sentii. ero ancora sopra di lui, ovviamente, e percepii quella presenza spingere sul mio corpo da sotto la tuta. c'è da dire che però mi aveva avvertito. non potevo credere nemmeno di averlo pensato, ma ehi, in fin dei conti eravamo due ragazzini nel pieno di crisi ormonali. lui continuava a fumare come se nulla fosse.
"forza, andiamo" dissi poi alzandomi.
"e dove?"
"un posto appartato, così non veniamo arrestati e il bambino non piange più" risposi sardonica. dio, adoravo fare così, ma solo con dami. lui mi fissava ad occhi spalancati, che se avesse avuto della birra in bocca l'avrebbe sputata. subito dopo si alzò, estremamente in fretta, e mi superò. io lo seguii divertita, non avevo la minima idea di dove stessimo andando. dovrò essere sincera, seppure adorassi scherzare, dentro ero preoccupata da morire. oramai avevo colmato quel vuoto con tanto di quel sesso insignificante che non sapevo più come fosse provare qualcosa nel farlo. eh no, non mi aveva mai scopata quel matto, roba da non credere. tante volte era capitato che, quando ancora stavo a roma, succedesse qualcosa che andasse oltre ad una semplice amicizia, ma non ne parlavamo mai dopo. il nostro primo bacio accadde in prima superiore. subito dopo decidemmo che non l'avremmo rifatto più. eravamo entrambi spaventati, piccoli, già rotti dentro. logicamente non fu così, altrimenti ora non mi starebbe conducendo il cristo sa dove per fare il dio solo sa cosa. ma era sempre stato così. noi che nascondevamo i nostri sentimenti, io che soffocavo un po' il mio amore e lui che faceva finta di non vederlo. avevamo sempre pensato che non valesse la pena rischiare di rovinare l'unico rapporto vero e, per così dire sano, che avessimo mai avuto in vita nostra. io e dami non eravamo mai stati qualcosa che si potesse etichettare, solo...noi. ad un certo punto svoltammo in un angolo della via più o meno trafficata. sembrava avesse bene in testa la meta. la notte era ormai nel pieno della sua malinconia, ma in quel momento avevo altro per la testa. arrivammo davanti una serie di porte di quelli che parevano chiaramente dei bagni pubblici.
"sul serio?" gli chiesi quasi disgustata. lui alzò le spalle. stava cominciando a chiudersi in se stesso, forse dall'ansia, conoscevo troppo bene quel comportamento. così presi l'iniziativa e aprii una di quelle porte, fermandomi e trattenendola aperta.
"ti muovi? non posso farlo da sola." lui finalmente buttò il mozzicone e venne verso di me, a passo deciso. forse si era ritrovato, chissà. dentro era meglio di quanto pensassi, grande abbastanza e il bancone del lavandino era spazioso e, cosa più importante, pulito. bene, ora però si doveva cominciare. lui mi prese il volto tra le mani e iniziò a baciarmi lentamente, passionalmente ma con occhio di riguardo.
"ehi ascolta" provò a dire tra un bacio e l'altro.
"mh" ansimai con la sua lingua nella mia bocca.
"non sei costretta a fare nulla" sputò poi il rospo. io mi fermai a guardarlo. era bellissimo sotto quella luce fioca. aveva gli occhi rossi, le pupille dilatate. era sempre bellissimo, ma ora lo era di più e io non sapevo come trattenere quelle mille cose che avrei dovuto dirgli.
"stai bene?" mi chiese preoccupato.
"mai stata meglio" ammisi prendendolo per la felpa e avvicinandolo di nuovo alle mie labbra. il resto venne da sé. lo aiutai a levare anche la maglietta. lui mi prese per le cosce e mi fece appoggiare alla lastra in marmo. poi mi sfilò i pantaloni, lasciandomeli cadere fino alle caviglie. tolse anche la larga felpa che avevo addosso, probabilmente anche quella era sua, non ricordavo. sotto avevo soltanto una canottiera nera striminzita. io lo stringevo forte da dietro il collo, lui fece la cosa migliore che potesse fare. spostò la bocca sul mio collo, io mi lasciai sfuggire un gemito. per un brevissimo istante mi venne in mente william, ma subito dopo la presenza di dami me ne fece dimenticare. non potevo davvero credere a quello che stava accadendo, forse me ne sarei resa conto solo dopo molto. non potevo più aspettare, era una tortura. lo feci staccare, seppure stessi adorando, e gli slacciai i jeans più in fretta che potei. quando la zip fu del tutto abbassata ebbi un brivido dietro la schiena. tirò fuori dalla tasca dietro dei pantaloni un durex e senza nemmeno accorgermene lo stava già indossando. il ritmo frenetico con cui agivamo rallentò un attimo. con le sue mani calde mi abbassò adagio le mutande. avevo la pelle d'oca ovunque. c'era il silenzio più profondo, tranne per i nostri respiri pesanti. e in una frazione di secondo accadde tutto. lui era dentro di me. io mi morsi il labbro, non m'importava nemmeno della stupida faccia che probabilmente avevo incollata in quel momento. ci ritrovammo con la testa appoggiata l'una all'altro, di nuovo.
"..dami..." mi lasciai sfuggire. ero vicina al limite.
"...sto per..." boccheggiò lui subito dopo. buttai la testa indietro, orgasmo sincronizzato; quella melodia mi scaldò dalla testa ai piedi. uscì e buttò il preservativo. avevamo entrambi il fiatone. rimisi i pantaloni all'istante, dopo anche lui. solo che nessuno dei due infilò ancora la felpa, si cuoceva. dami mi aiutò a scendere dal lavandino, era piuttosto alto.
"tu stai bene?" chiesi guardandolo in viso. sicuramente ero ridicola in quelle condizioni, ma non ci potevo far nulla.
"mai stato meglio" rispose sorridendo. gesù, sarei potuta svenire. finalmente uscimmo dal bagno, fuori si respirava aria più fresca. presi una bella boccata d'aria mentre camminavamo. ora non c'era davvero più nessuno in giro, il che un po' mi sollevava. eravamo soli, soli in due.

soli in due ~ tha Supreme fan fiction Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora