mentre ci dirigevamo a casa di greta, il mio telefono squillò. merda, era jacopo.
"pronto?" dissi un po' timorosa.
"ei bella, come stai?" faceva davvero troppo strano sentire come ormai avessimo acquisito tutta la confidenza di cui un paio di vecchi amici avevano bisogno. ci conoscevamo da così poco, sembrava passato così tanto..
"tutto bene, tu?"
"bene bene. ieri sera sei sparita, sicura sia tutto ok?" cazzo, me n'ero dimenticata. non avevo salutato nessuno. come avrei potuto in quelle condizioni?
"emh..si, si è tutto okay." ero poco convincente, me ne rendevo conto. ma lo sguardo di dami fisso su di me non aiutava affatto.
"stasera siamo in un locale sui navigli, vieni a farci compagnia?" io che odiavo far serata, ora quasi a casa non ci tornavo più. io esitai, jacopo mi sentì titubante.
"si, porto con me una persona però."
"oh cristo, chi è, il tuo amante?" sorrisi, dami non smetteva di guardarmi.
"è una sorpresa."
"se è un'amica, almeno è figa?"
"smettila, non ti dico niente."
"come vuoi. vedi di non sparire anche stasera, però. d'accordo?"
"si, a dopo."
"a dopo." non sapevo come sarebbe andata a finire, sapevo solo che qualche casino sarebbe successo.
"finiscila di guardarmi" esclamai all'improvviso. subito dopo sentii una fitta al petto, non volevo trattarlo male. però era stato lui a cominciare questo teatrino delle sofferenze. dami non disse nulla, prese solo a fissare dinanzi a sé. mi sentivo come se ci fosse qualcosa da dire, ma non capivo cosa, non riuscivo a dirla. c'era qualcosa in sospeso tra noi due, sapevamo che avremmo dovuto parlare ancora. d'altronde noi facevamo questo; parlavamo, ore su ore, giorni su giorni, una vita intera. basti pensare ai primi tempi in cui cominciammo a frequentarci. la cosa bella, e al contempo struggente, era che ricordavo tutto, ogni minimo dettaglio di qualsiasi cosa riguardante quel periodo della mia vita. un periodo che, nonostante tutto, non poteva dirsi altro che il migliore della mia vita, fino a quel momento. mentre camminavamo, ricordavo quella notte in piazza del popolo. andavamo in terza. erano le quattro del mattino, roma era deserta, bellissima e malinconia. mi ricordo che non c'erano molte stelle, era inverno e il tempo in quei giorni era quasi sempre nuvolo. ma noi ci sdraiammo sull'asfalto a guardare il cielo, e chissene frega se di stelle non se ne vedeva traccia.
"è incredibile, passiamo la maggior parte del nostro tempo a tener qualcosa dentro, curandocene, per tutta la vita. soltanto nella speranza che un giorno potremmo donarlo a qualcun altro e privarci di tutto ciò che saremmo potuti essere. non è ridicolo? bisognerebbe imparare a bastarsi, non si può dipendere da nessuno. arriverà sempre il momento in cui dovrai cavartela da solo e, se non lo saprai fare...beh, ci pensi mai a cosa potrebbe accadere?" domandai con gli occhi fissi nel buio. ricordo anche quella sensazione di spensieratezza, che, purtroppo, non sarebbe più tornata indietro. sentivo il calore del suo respiro di fianco al mio.
"ma non è un po' triste tenere tutto l'amore per se stessi?" rispose allora dami.
"forse si, ma chi può sapere cosa fa più male? l'esser delusi o l'essere soli?"
"forse ci vuole soltanto il giusto equilibrio." già, forse.
"ho passato tutto questo tempo cercando il giusto equilibrio. o si è svuotati dalla solitudine o da un'altra persona, non esiste una via di mezzo." ero sempre stata troppo orgogliosa per non ammettere il mio pessimismo.
"perchè ti senti vuota?" era una domanda lecita.
"in questo momento mi sento tutto...tranne che vuota." mi sentivo felice, per davvero.
"è contraddittorio, hai detto che ci si può soltanto sentire svuotati."
"beh allora mi sbagliavo. la persona giusta può davvero renderti felice, ma non escludo la possibilità che mi abbandonerai anche tu." lo vidi con la coda dell'occhio spostare il volto nella mia direzione. io restai ugualmente con gli occhi fissi nel cielo, forse per paura.
"non ti abbandonerò" disse serio. poi cedetti, lo guardai anche io. il mio naso quasi toccava il suo. poi allora mi alzai a sedere, e lui con me. un po' di capelli mi coprivano il viso.
"non fare promesse che non sei certo manterrai." era un consiglio che avrebbe dovuto tenersi stretto per sempre. dopo lui mi spostò quella ciocca fuori posto dietro l'orecchio.
"non m'importa un cazzo, io non ti lascio." e giuro, il mio cuore aveva tremato. ripensavo a quel momento, a quella felicità, e faceva davvero male ritornare coi piedi per terra. non fiatammo per quasi tutto il resto del tempo, finché non arrivammo a casa. lì spiegai tutto a greta. lei, nonostante fosse sospetta e glielo si potesse leggere chiaramente in faccia, non poté fare altro che accoglierlo, che fosse o no il benvenuto. mi sentivo in colpa, si, insomma, per lei. era la conferma del fatto che portassi i miei guai nella vita di chiunque mi stesse attorno, e per questo mi detestavo.
"stasera usciamo" dissi a dami e a greta dopo che il primo s'era fatto una doccia. stavano entrambi sul divano, a girarsi i pollici. l'imbarazzo che si respirava era alle stelle.
"ah io passo" esclamò subito greta. io la guardai male.
"eddai, sui navigli, è un club fighissimo" cercai di convincerla. sapevo non sapesse resistere al richiamo del lusso, ma questa volta era un po' diverso.
"mi dispiace, domani devo lavorare. e anche tu" mi disse in tono di rimprovero. io alzai gli occhi al cielo. così spostai lo sguardo su dami, rimasto fino ad ora zitto.
"tu non puoi rifiutarti." lui alzò le mani.
"figurati" rispose. io trattenni un sorriso. non l'avrei mai ammesso per davvero, ma ero contenta che fossimo rimasti solo noi due. e così eravamo un'altra volta, l'ennesima volta, io e lui, per strada. i navigli erano uno dei miei posti preferiti, a milano. anche se roma mi mancava costantemente.
"perché non vuoi dirmelo?" mi chiese lui mentre ci dirigevamo al locale. era da dieci minuti che insisteva per sapere chi ci fosse, quella sera, ma la ritenevo un'informazione inutile da sapere, dato che tra qualche istante l'avrebbe scoperto da sé.
"siamo arrivati, smettila di fare il bambino." glielo ripetevo in continuazione, ma mi piaceva quando lo faceva. cristo, mi piaceva tutto di lui. entrammo, era pieno di persone anche nei tavoli fuori. ed era maledettamente buio. ci facemmo strada sgomitando tra la folla che ballava, e a fatica arrivammo nel privé. ormai sembravo a mio agio in quell'ambiente, ma sul serio, proprio non ci stavo. dopo vidi il resto della banda. non feci caso alla faccia di dami, mi diressi verso jacopo.
"eccola!" esclamò venendomi in contro a sua volta. mi cinse per il fianco e mi baciò la guancia. un brivido mi percorse la schiena. poi salutai davide e lorenzo. maurizio non c'era, ma c'era un sacco d'altra gente, mai vista prima di allora.
"ma guarda chi c'è!" affermò poi jacopo. quando mi voltai, lo vedi tirare una pacca amichevole sulla spalla di dami. ero agitata, non sapevo perché. dopo dami salutò anche gli altri, praticamente tutti, e giuro sembrava che fosse arrivata l'anima della festa. ero gelosa? ovviamente. sapevo perché? assolutamente no. così ordinai un cocktail. non ricordo nemmeno il nome. andammo a sederci, avevo dami sulla sinistra, jacopo sulla destra. stavo lentamente sprofondando, per quale ragione ancora non sapevo. tutti parlavano, io fissavo il vuoto.
"va tutto bene?" mi chiese jacopo dopo qualche istante.
"sisì" risposi tornando alla realtà. e dopo andò a finire come ogni volta. ordinai ancora da bere, poi ancora e ancora, e mi ritrovai a fare uno stupido gioco con davide, jacopo e altri sconosciuti, mentre dami mi guardava. uno shot dietro l'altro, vodka liscia e qualcos'altro, e io cominciavo a vederci sempre meno.
"giù giù giù!!" sentivo gridare mentre strizzavo gli occhi e sentivo l'alcol scendere nello stomaco, lasciando una scia di calore e bruciore dentro di me. poi sentii la musica che da ore mi trapanava i timpani. o meglio, sentivo i bassi, sentivo il ritmo e, in quel momento, non potei fare altro che lasciarmi andare, più di quanto già stessi facendo. ero fatta così, se non stavo al centro dell'attenzione, se non superavo il limite, non ero me. facile. andai a ballare, era un angolo isolato, sembravo un po' ridicola forse. avevo indosso una gonna attillata, la sentivo salire sempre di più, ma quella volta decisi che non me ne avrebbe fregato. jacopo si unì a ballare con me, forse più sbronzo della sottoscritta. solo dopo un po' riuscii a riconoscere la canzone in sottofondo: "24h" di lazza. sembrava fatto apposta.
"bella questa, eh?" chiese lui sorridendo. io risi.
"bleah" dissi facendo il gesto di un conato. lui rise ancora. e il resto accadde talmente in fretta che a pensarci mi veniva il mal di testa. tra le luci blu e viola, la musica troppo alta, l'alcol, l'immagine di quella puttana sopra dami, jacopo davanti a me...mi avvicinai a lui e lo baciai. passionalmente, usai la lingua fin da subito. lo sentivo rigido, ma dopo un po' si lasciò andare anche lui. poi però mi staccai di scatto. lui mi guardava con le sopracciglia alzate e uno stupido sorrisetto in viso. io sussurrai uno scusa e lo sorpassai, sfiorandogli la spalla. e in mezzo secondo lo vidi. dami era poco lontano da me, con un bicchiere in mano e gli occhi fissi nei miei. non lo potevo sapere, ma io ero sicura; aveva visto tutto. il mio cuore andava troppo veloce, il mio respiro cominciava a seguire quella fretta. non feci in tempo a fare nulla che dami si girò dall'altra parte, dirigendosi verso l'uscita. io gli corsi dietro, spingendo qua e là, fregandomene un po'. mentre cercavo di raggiungerlo, impresa a dir poco complicata in quelle condizioni, il mio nodo in gola diventava sempre più stretto. finalmente arrivai all'uscita, fuori faceva fottutamente freddo. o forse era dentro di me a far freddo.. spostai lo sguardo a destra e lo vidi sul marciapiede, camminare a passo deciso. gesù, stava scappando da me.
"dami, aspetta!" gli urlai da dietro. perché avevo a che fare con i casini più grandi quando non ero lucida manco per il cazzo?! lui, stranamente rallentò, io riuscii finalmente a raggiungerlo.
"dove vuoi andare?" gli chiesi un po' come a fargli capire che non avrebbe potuto andare da nessun'altra parte. lui inspirò forte, io lo guardavo confusa, continuando a spostare le mie pupille da un punto all'altro del suo viso.
"non lo so" disse buttando finalmente fuori aria, con voce spezzata. ancora una volta, le parti erano invertite.
"facciamo due passi" affermai allora io, prendendo una posizione che a dire il vero non mi apparteneva. lui annuii, quasi sconfitto. sulla via del naviglio principale tutto taceva, era tardi. la luna era quasi piena, splendeva alta. era pieno di stelle, che a malapena vedevi uno spazio vuoto e scuro. nessuno dei due aveva il coraggio di dire qualcosa.
"dami, io.."
"aspetta, stai zitta" esclamò allora lui, fermandosi. io non stavo capendo. andò a sedersi sul bordo della ringhiera in marmo, quella che divideva l'asfalto dal salto e dall'acqua.
"che c'è?" chiesi andando a sedermi al suo fianco.
"non dire niente se non è necessario" rispose. si sentivano solo i nostri respiri.
"parlami tu, allora." dami mi fissava negli occhi, era serio. era bellissimo.
"non so più cosa devo dirti, luna." quanto faceva male.
"non puoi arrabbiarti con me! sei stato tu a cominciare" commentai facendo l'offesa e biascicando. non ero molto presente, e si capiva. lui fece un risolino ironico.
"allora sarà meglio finire, no?" sentii un tonfo nel petto.
"che..che intendi dire?" chiesi con voce rotta, ma mangiandomi lo stesso un po' le parole.
"ora sei andata, ne parleremo meglio, promesso." poi si alzò.
"no, dami! fermo. cosa intendi?" si leggeva la disperazione nei miei occhi, nella mia voce.
"dimmi cosa intendi" ripetei cercando di essere dura, ma il risultato fu tutt'altro.
"dai luna, smettiamola di prenderci in giro. è arrivata l'ora di affrontare le cose come stanno, no?" non credevo di star capendo molto bene.
"e come stanno le cose?" chiesi tremante e alzandomi a mia volta. facevo un po' fatica a stare in piedi.
"adesso andiamo a casa.."
"no!" esclamai prendendolo per la manica della felpa. ora eravamo tanto vicini.
"pensi sia stupido?" chiese accigliato. io restai in silenzio, attendendo che arrivasse al punto.
"pensi non mi sia accorto di come vi guardate?" oddio. sbuffai, purtroppo mi scappò.
"jacopo? sul serio?"
"l'hai appena baciato davanti ai miei occhi!!" gridò quasi lui.
"non volevo" mormorai soltanto.
"lo so, luna. ma le cose non si possono risolvere semplicemente così."
"vaffanculo dami! mi hai tradita per primo! che t'aspettavi? che ritornassi subito tra le tue braccia, che saremmo andati a letto insieme e tutto si sarebbe sistemato?!" sentivo il cuore battermi in gola. lui si mise le mani tra i capelli.
"abbiamo sbagliato entrambi" se ne uscì banalmente.
"già, ora è tutto come prima, giusto?" ero una povera illusa. sapevo benissimo che un cazzo era come prima e che mai sarebbe potuto tornare tale. il passato resta lì dov'è e io avrei dovuto farmene una ragione. il passato, ormai avevo imparato, era e sempre sarebbe stato il mio peggior nemico.
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soli in due ~ tha Supreme fan fiction
Fanfiction⚠️ licenza poetica: il vero nome dell'artista su cui è basata questa fan fiction non corrisponde al nome da me scelto nella storia, per una banale scelta stilistica. si tratta di un adattamento, tutto ciò che comprende questo personaggio, per il res...