chapter 13

345 18 1
                                    

ebbene anche quel giorno il sole albeggiò. nonostante sperassi accadesse il più tardi possibile, la mattina arrivò in fretta, quella notte dormii come non facevo da troppo tempo. sapevo era merito suo, della sua voce, del suo accento. qui a milano parlavano tutti da schifo, o forse ero io che se non lui, non riuscivo a farmi piacere nulla. nessuno era lui. greta era già in piedi alle sei, coi suoi lunghi capelli biondi pettinati e i suoi jeans skinny stretti in vita. io mi legai i capelli in una coda alta, indossai dei jeans grigi e una felpa bianca. un outfit piuttosto sobrio per ritornare all'inferno. presi lo zaino che avevo messo in valigia, senza nemmeno un libro. qualcuno ce l'avevo a scuola, qualcun altro forse l'avevo perso.
"come hai dormito?" mi chiese greta bevendo del latte.
"benissimo" risposi sorridendole. mi trasmetteva allegria quella ragazza. insieme c'incamminammo verso scuola.
"sei pronta?" mi chiese prima di varcare la soglia. tutte le teste di minchia mi fissavano stranite, come se avessi avuto qualcosa che non andasse. erano loro a non andare, per me. io annuii a greta ed entrammo. la classe era già piena, nessuno mi staccava gli occhi di dosso. che fossero state sparse delle voci false? cosa probabile, come sempre succedeva.
"è tornata la puttana!" esclamò luca. qualcuno rise, non in molti. quel bastardo non mi guardava nemmeno negli occhi.
"fra, mica sono mammina." purtroppo mi scappò. lui ora mi guardava. rise di nuovo.
"cerchi di evitare la verità, ma lo sappiamo tutti cosa fai quando sparisci." io lo fissai confusa.
"illuminami genio."
"la escort" disse il coglione affianco a luca, tra un finto colpo di tosse e l'altro.
"ma che problemi avete?"
"cosa dici troia?" chiese luca più serio.
"dico nello scambiare la mia vagina con quella da cui siete usciti." loro stettero zitti, dopo qualche secondo si rigirarono. nel frattempo greta mi mise una mano sulla spalla.
"non ascoltarli" mi sussurrò. lei non sapeva un cazzo, ma apprezzavo. poi si avvicinarono altri ragazzi.
"luna sono dei coglioni, nessuno lo pensa, stai tranquilla" mi disse elena. io sorrisi a tutti, forse nessuno capiva quanto poco in realtà mi fregasse. e subito dopo arrivò il prof di matematica. merda, il più stronzo alla prima. arriviamo alla parte più bella, quando all'appello risposi presente. non starò a raccontare nei dettagli, non mi va. era sempre stato solo un povero uomo frustrato che credeva in quel posto pieno di regole senza un senso ed ingiustizie, credeva ci rendesse tutti migliori. non me la prendevo con lui per essere solo piccolo dentro, non avere una personalità. era okay, sbroccò giusto appena e poi cominciarono le lezioni. solo all'intervallo guardai il telefono. tranne qualche messaggio poco importante, lui non si faceva sentire. ma me l'aspettavo, avevo imparato ad aspettarmelo, dovevo, altrimenti sarei rimasta delusa troppe volte. e faceva davvero troppo male. anche l'ultima campanella arrivò a suonare. l'ansia cominciava a salirmi in petto. non avevo mai fatto un vero e proprio colloquio di lavoro prima. mi sistemai un po', con l'aiuto di greta, giusto per dare una buona impressione. infondo avrei dovuto solo fare la cameriera in un pub scadente. infatti mi presero, e non ne fui particolarmente sorpresa od orgogliosa. cominciai a lavorare da subito, il giorno dopo. d'altro canto mi servivano dei soldi, al più presto. durante tutta la settimana successiva m'impegnai duramente in qualsiasi cosa facessi. tranne la scuola, quella continuavo a non reggerla. nonostante ciò non mancai nemmeno un'ora, e per me voleva dire molto. ne fumai solo una, una sera, non riuscivo a lasciar passare nemmeno un secondo senza che un pensiero di quelli che divorano, mi travolgesse dalla testa ai piedi, prosciugandomi l'anima. non potei farne a meno. e per quanto riguarda dami, dopo quella notte, ci scrivemmo un paio di volte, forse tre, poi più niente. ed io proprio non riuscivo comunque a non pensarlo. io avevo un costante bisogno di lui, ovunque fossi, qualunque cosa facessi. ma non era niente che non avessi già vissuto. infondo tutto proseguì tranquillamente in quei giorni. fin quando greta ebbe la malsana idea di trascinarmi ad un festino, in un locale chic del centro, così come l'avrebbe chiamato dami.
"fanculo luna, è sabato sera, hai lavorato duro tutta la settimana, te la meriti una pausa" mi disse mentre camminavamo, rumore dei tacchi in sottofondo. odiavo quelle scarpe, mi aveva obbligato lei a metterle. anche un vestito, bianco, stretto, corto. gesù, sembravo uguale a tutte le altre puttane.
"mi prometti che ti lascerai andare?" chiese poi.
"beh, non voglio bere fino a sboccare però." brutti ricordi, quelli. greta mi sorrise, comprensiva. dopo fummo costrette a smettere di parlare, entrammo nel club. la musica era alta come sempre. c'era solo trap, americana, francese, italiana...il che non mi dispiaceva.
"beh amica, io ci do dentro. non restare qui col muso lungo, mi raccomando." perfetto, adesso ero da sola. dami non mi avrebbe mai abbandonata. ma lui non era qui, e io dovevo farmene una ragione. andai al bar, accompagnata dal ritmo di travis, e presi un gin lemon. in realtà mi piaceva starmene per i fatti miei, in disparte. la gente di solito pensava che non stessi bene, lo pensa sempre, ma a me piaceva davvero. meglio soli che male accompagnati, no? quando poi un ragazzo si sedette al mio fianco, e io spostai la coda dell'occhio verso di lui. porca troia. era sul serio lui. c'era d'aspettarselo, in un posto del genere ci venivano persone del genere. si, insomma, del suo calibro. presi ad arrossire, ad agitarmi, e probabilmente lui lo notò. altrimenti non mi avrebbe rivolto parola.
"come mai qui tutta sola?" io spostai subito gli occhi nei suoi, azzurri e profondi, di ghiaccio. era meglio che in foto. la j tatuata sotto l'occhio destro era più piccola di quanto immaginassi, da sotto la sua giacca louis vuitton s'intravedevano anche delle rose attorcigliate ad un filo spinato.
"mi sto godendo il drink" risposi banalmente. che figura, mi guardava divertito, sapeva lo conoscessi.
"tu sei lazza, giusto?" continuai cercando allora di rimediare, per poi prendere un sorso. l'alcol da sicurezze, lo sanno tutti.
"in persona. puoi chiamarmi jacopo" rispose sorridendo.
"e che ci fai tu solo?" chiesi con il coraggio che solo l'alcol sapeva farmi.
"stavo festeggiando l'uscita del singolo di un amico, volevo evadere un po'." io annuii. solo in quel momento realizzai che aveva collaborato con dami.
"merda, tu conosci dami!" lui mi guardò stupito. io misi una mano davanti la bocca, un po' come se quell'esclamazione mi fosse scappata.
"quel matto di tha?" e ancora una volta solo dopo mi ricordai che per gli altri era normale chiamarlo con il suo nome d'arte.
"si..si, intendevo tha."
"certo che lo conosco. mi stupisce che tu lo conosca. cioè, siete amici, o cosa?" mi sentivo un po' in soggezione a parlare con lui, ma più mandavo giù il gin, più era facile.
"è complicato..comunque andavamo a scuola insieme."
"e che ci fai qui a milano?" giusta domanda.
"ah beh, mi sono trasferita qui da quasi tre anni."
"non mi hai ancora detto come ti chiami, però.." giusta osservazione.
"sono luna, piacere." i suoi occhi s'illuminarono all'istante. rise un po'.
"porca puttana, so bene chi sei!" io lo guardai confusa.
"ah si?"
"dami mi ha parlato di te. ne ha parlato con tutta la crew, praticamente." ohoh, questa non me l'aspettavo.
"cazzo, solo cose belle, giusto?" lui rise di nuovo. mi stava simpatico.
"è smielato come la merda, fidati, solo cose belle." mi si sollevava il cuore.
"io comunque ti seguo. mi pompo ancora a palla l'ultimo mixtape." già, se stavo acquisendo confidenza, sapevamo tutti perchè.
"non mi sembri il genere di tipa che si ascolta queste robe." io alzai le spalle.
"eh invece." non era vero che i milanesi parlavano da schifo, comunque. cioè, non tutti. non jacopo, su di lui quell'accento stava bene. poi, neanche a farlo apposta, arrivò un pezzo di dami.
"ehi, ecco il tuo moroso." non ci credevo l'avesse detto sul serio.
"non è il mio moroso" risposi sorridendo e poggiando il bicchiere sulle labbra.
"nah, scopamico?" quasi sputavo quello che avevo in bocca.
"che stronzo" commentai ridendo.
"ci speravo in una bella storia d'amore, di quelle sincere" continuò a stuzzicarmi.
"non esistono più i legami di una volta" commentai soltanto. probabilmente non sapevo manco di cosa stessi parlando, avevo diciott'anni.
"beh allora muoviti a finire quel drink del cazzo che ci divertiamo" riprese indicando con un cenno del capo la pista da ballo. io proseguii a bere, con la stessa velocità di prima, anche se mi stava salendo, la voglia di ballare. però un po' volevo anche provocarlo, non mi andava di dargli subito ciò che voleva.
"allora che fai nella vita?" proseguì lui.
"sono ancora bloccata a scuola, quarta." io vidi la preoccupazione diffondersi nei suoi occhi.
"oh, cristo, tranquillo sono maggiorenne. mi hanno bocciata" rimediai, per poi cacciarmi altro alcol nello stomaco. lui fece un finto sospiro di sollievo e io gli sorrisi per l'ennesima volta.
"ma oltre questo, che fai?"
"lavoro in un posto da schifo, ma vivo da sola. sai com'è, ci si adegua."
"mi sembri una vecchia, sorella." scoppiai a ridere.
"tu non capisci. ho un uragano al posto della vita" ripresi ancora sorridendo. lui mi guardò come per dire che in realtà capiva bene, eccome. così non insistetti più. poi mi smossi, tracannai l'ultimo goccio e mi alzai in piedi, e jacopo subito dopo di me. cominciava la festa, per davvero.

soli in due ~ tha Supreme fan fiction Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora