chapter 17

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se avessi dovuto, li sul momento, tirar fuori l'insieme di cose che provavo, giuro, ne sarebbe uscito un fragoroso bordello. lo guardavo cadere in frantumi dinanzi a me, mentre dentro mi spezzavo anche io. ma non potevo farlo vedere, era lui ad aver sbagliato e ora doveva pagarne le conseguenze. avrei tanto voluto che le cose fossero semplici. avrei tanto voluto fingere che non fosse successo niente, stringerlo forte e non lasciarlo mai più. effettivamente, se non fosse successo ciò che accadde, non avrei mai capito quanto, in realtà, fossi gelosa di lui. quanto in realtà tutto ciò era maledettamente serio e vero, quanto di conseguenza facesse male. così come quell'amore, il dolore era fottutamente reale. quando ci pensavo, a lui con le altre, m'infastidiva. ma dopo che mi giurò di voler me e nessun'altra, beh, era un'altra storia. in quel momento non riuscivo a capire se facesse più male il tradimento o l'avermi promesso un qualcosa che non fosse riuscito a mantenere. non avevo la minima idea di dove mi stessi dirigendo, a passo deciso, con dami dietro. finché vidi una panchina, un po' isolata, e capii fosse il luogo giusto. a noi bastava anche quello. ci sedemmo l'uno di fronte all'altra, ma io a guardarlo non ci riuscivo.
"a che pensi?" mi chiese. s'era un po' ripreso dalla crisi di prima.
"a quanto io sia incoerente" risposi facendo un sorriso sarcastico. lui sospirò. io non sapevo più cosa anche solo dovessi provare.
"è normale che ti senta confusa."
"tu non sai cosa ho provato, quando ieri ti ho sentito dall'altra parte del telefono. tu non sai un cazzo, dami." ero ancora arrabbiata, merda se lo ero.
"hai ragione, ma.."
"e se pensi che è solo una delle tante volte in cui faccio l'offesa e poi ti perdono...ti sbagli. non sarà così facile" lo interruppi.
"ho sbagliato. non voglio più sbagliare" disse lui fissandomi negli occhi. era davvero pentito, ma avrei potuto sul serio fare questo a me stessa? la verità è che ero stanca, avrei solo voluto abbracciarlo. io gli sorrisi. lui ricambiò col sorriso più bello che avessi mai visto, un sorriso un po' melodrammatico, ma sincero.
"scusa se sono venuto fin qua senza preavviso. ho fatto senza pensare." io spostai lo sguardo da lui, un po' come se fossi tornata alla realtà, quella che faceva male.
"è okay" commentai solo.
"ho il treno fra quaranta minuti, se parto ora faccio in tempo..."
"si" lo interruppi ancora.
"lascia che ti accompagni, almeno." non sapevo perché l'avessi detto, ma nel profondo ero felice di aver trovato il coraggio di farlo. così c'incamminammo verso la metro, per poi dirigerci in stazione centrale. mi sembrava d'esser tornata indietro nel tempo, quel non troppo lontano martedì in cui scappai a roma. c'era più o meno lo stesso disagio, all'inizio.
"com'è stato rientrare a scuola?" faceva come non fosse accaduto nulla, ma non potevo fargliene una colpa.
"uno schifo." almeno ero stata sincera. mi fece qualche altra domanda e io gli diedi altre risposte monosillabiche. la verità era che non sapevo come dovessi comportarmi. poi salimmo sul treno, in meno di quattro fermate eravamo già in centrale. lo accompagnai fino al suo binario. infondo non avevo nulla da fare, nulla da perdere. ebbi un dejavu, solo che la situazione, ora, era ribaltata. era lui a doversene andare. e nonostante tutto, faceva lo stesso un male cane.
"anche se va tutto una merda, è stato bello poterti riguardare negli occhi" disse un po' impacciato. eravamo l'uno di fronte all'altra. il suo treno sarebbe arrivato a minuti.
"già" dissi soltanto. dentro tremavo. lui inspirò forte e guardò in alto.
"promettimi che starai bene" riprese sempre più fragile. fanculo.
"senza di te non posso star bene." mi scappò. ora forse fremevo anche fuori. dami adesso mi guardava dritto negli occhi.
"tu promettimi che non mi ferirai più" ripresi con voce sempre più spezzata. vedevo la confusione e lo stupore nei suoi occhi, li sentivo.
"non voglio che tu stia così" rispose allora lui, a sua volta con tono tremante.
"sono un coglione, luna.." non avevo idea di dove volesse andare a parare, avevo paura.
"..ma ti amo" riprese supplicante, tirando fuori l'ultimo briciolo d'orgoglio che gli restava in corpo. io senti il mio cuore accelerare così velocemente che avevo paura esplodesse da un momento all'altro. mi stavo sciogliendo sotto i suoi occhi. lui..mi amava. poi arrivò il suo treno. lui si voltò, gli stava dando le spalle, e poi si girò ancora verso di me, con il sorriso di chi sa in cosa sta andando in contro. feci la prima cosa che mi passò per la testa, come sempre, d'altronde, da quando ero con lui. lo presi per le guance, mi alzai in punta di piedi e lo baciai, che si fotta il resto. lo baciai passionalmente, con tutta me stessa. non potevo più fingere, io lo volevo. io lo amavo.
"perchè l'hai fatto?" mi chiese con le labbra ad un millimetro dalle mie, il respiro pesante. comprendevo la sua frustrazione. eravamo entrambi immersi in un terribile stato di caos, accerchiati da un alone di pressione e confusione.
"perché sono incoerente." poi sorrisi.
"io non capisco" riprese lui. ormai ci guardavamo negli occhi. in quel momento, quando più di ogni altro avrei dovuto odiarlo, proprio non ci riuscivo. e poi d'improvviso il treno, alle sue spalle, ripartì.
"cazzo!" esclamò lui, rigirandosi in fretta.
"il prossimo è fra due ore" continuò sempre più scocciato, mentre il vento smosso dal vagone gli accarezzava il viso, muovendogli i capelli disordinati.
"chissene frega" affermai d'impulso.
"come?" si girò. mi osservava, io fissavo le sue scarpe, un'air bianca e una nera.
"posso chiedere a greta se per stanotte puoi dormire sul divano." di cosa cazzo stavo parlando? ormai era tardi. poi alzai lo sguardo nei suoi occhi. si capiva non sapesse cosa dire. o cosa fare. o cosa pensare.
"posso aspettare qui.."
"no, non voglio che aspetti qui." cristo, non sapevo più come farglielo capire.
"perché?" ci furono secondi di silenzio. i miei occhi ancora nei suoi.
"non voglio che te ne vada." okay, più chiara di così non potevo essere. lui sbarrò gli occhi, forse automaticamente. dopo spostò lo sguardo dietro di me, facendo un sorrisetto. non capivo cosa gli passasse per la testa.
"smettila" esordii allora io.
"di fare cosa?" chiese con lo stesso sorriso di prima, di uno che sa d'aver vinto. dio, che fastidio.
"non ti ho ancora perdonato, coglione." lui annuii, con una finta faccia comprensiva, ironica.
"ti ho detto di smetterla!"
"okay okay" disse ridendo appena, ma non era piena di complessi di superioriorità, così come poteva sembrare. era una risata che veniva dal cuore, come se un po' davvero si sentisse in colpa ma non riuscisse a restare serio. io trattenevo a stento uno stupido sorriso da ebete. e ora che fare? giuro, avrei voluto essere in grado di darmi una risposta, ma lui era davanti a me. e lo sapevo, lui lo sapeva...se mi guardava in quel modo, come solo lui sapeva fare e sempre aveva fatto, per me non c'era la minima possibilità di resistere a qualsiasi tipo di tentazione. dopo aver detto di amarmi, io non avrei potuto far altro che lasciarmi amare dall'unica cosa che per me aveva sempre contato.

soli in due ~ tha Supreme fan fiction Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora