"ora dimmi un po'" cominciai cercando di restare riservata, ma proprio non era da me. soprattutto dopo quello che avevamo appena fatto. non potevano esserci più barriere, nemmeno per due teste calde come noi.
"sentiamo rompi." non mi chiamava così dal tempo del liceo. mi si sciolse il cuore.
"quanto stai soffrendo in quest'istante?"
"e per quale motivo dovrei?"
"per non dovertene andare a gambe levate dopo una scopatina." okay, forse ero stata un po' stronza. lui alzò gli occhi al cielo.
"che figlia di puttana." me lo meritavo, d'accordo.
"ora è diverso.."
"cosa è diverso?" domandai non capendo.
"non è stata solo una scopatina. sai cosa intendo, non fare la stronza." effettivamente per quella sera si era già aperto abbastanza, non potevo pretendere più di tanto. e, in realtà, mi bastava questo. mi bastava lui, così com'era. in pochi minuti ci ritrovammo in piazza venezia, a capo della via. ci sedemmo su una scalinata ai piedi del campidoglio. la luna era quasi piena, proprio sopra le nostre teste.
"non è come pensi, comunque. per molto tempo non riuscivo a fare un cazzo, nemmeno a scopare. mi hai praticamente rovinato in quei mesi." io deglutii, era davvero bravo a farmi sentire in colpa.
"oh" commentai semplicemente. non sapevo che altro dire. volevo dirgli una delle cose più personali che mi tenessi dentro, se non anche una delle più imbarazzanti in assoluto. non sapevo cosa mi frenasse. poi però mi venne in mente chi avevo affianco. l'unica persona di cui mi fidassi. sospirai prima di parlare.
"a volte capitava anche a me. tornavo a casa e mi chiudevo in camera. ti pensavo mentre mi toccavo." ormai l'avevo detto e non potevo più tornare indietro. lui si voltò subito verso di me. mi fissava quasi stupito, non aveva la minima idea di come rispondere ad un'affermazione del genere e, d'altronde, come dargli torto?
"so che..si, insomma, so che me l'hai già detto, ma quella telefonata...pensavi davvero quello che hai detto? tutti quei silenzi, li pensavi davvero?" era una domanda a cui non ero pronta.
"no, cioè, non del tutto." secondi di silenzio, io guardavo in basso.
"si, le pensavo." ammisi finalmente. lui si mise le mani tra i capelli, strattonandoli leggermente, e prese a guardare dinanzi a sé. percepivo il vuoto nel suo sguardo nonostante non lo stessi fissando.
"io non avrei mai potuto odiarti..."
"lo so" sussurrai andandogli più vicino. ora finalmente mi guardava negli occhi.
"per fortuna non abbiamo saputo resistere, eh?" continuai. quel silenzio mi uccideva.
"ti ricordi quando ci promettevamo di non dover diventare mai gelosi l'uno dell'altra? quando ci rassicuravamo del fatto di poter divertirci senza che questo influenzasse la nostra amicizia..." continuai un po' nostalgica.
"ora adesso..."
"la nostra non è mai stata solo una semplice amicizia" m'interruppe dami. il mio cuore mancò un battito.
"perchè non me l'hai detto quando era ancora tutto okay?" lui alzò le spalle.
"io credevo non ti sarei mai potuta piacere..." continuai più sofferente, cominciando a ricordare quante volte mi ero sentita rifiutata, non abbastanza. lo ammetto, prima non erano chiari nemmeno per me quei sentimenti, ma perlomeno io non facevo di tutto pur di rinnegarli o per rimandare un chiarimento di coscienza a domani per il più tempo possibile. a procrastinare i miei pensieri, proprio non ne ero mai stata capace.
"o eravamo dei coglioni o eravamo ciechi. volevo stare sempre con te, quando potevo scegliere fra chiunque, avrei scelto e tutt'ora scelgo te." seppure fossero le parole che avrei voluto sentirmi dire, un po' mi faceva male, forse sapere di aver sprecato tutto quel tempo.
"la fai facile. non sai quante volte ho avuto il terrore che ti stancassi."
"certo che lo so. siamo entrambi delle teste di cazzo, perché assillava ovunque anche me." eravamo si delle teste di cazzo, incapaci di amarci.
arrivati a casa ero stanca morta, lo si leggeva nel mio viso distrutto. andai in bagno e presi un'altra pastiglia. poi andai in camera di dami per dargli la buonanotte. lui era senza maglia sul letto. una vampata di caldo mi attraversò il corpo.
"uhm, buonanotte" dissi attirando la sua attenzione.
"cosa c'è? fai la timida?" non sapevo cosa rispondere.
"che cosa dovrei fare?" lui fece una stupida smorfia, poi si leccò le labbra. non voleva esserlo, ma era maledettamente attraente. allora mi avvicinai e mi sedetti nel letto con lui. giuro, non capivo cosa questo ragazzo volesse e mai mi sarei data pace finché non glielo avessi dato. avevo un pigiama del cazzo, un po' me ne vergognavo. ma era dami, infondo, cosa importava? intanto si tirò a sedere a sua volta.
"per una volta sola, posso offrirmi io?" merda, avevo le farfalle nello stomaco e...laggiù. era chiaro che a entrambi, in quel momento, non andasse di pensare al discorso di poco prima. era chiaro che dami stava facendo di tutto pur di staccare, anche solo per qualche minuto. e infondo, perchè non dargli corda?
"sono tutta tua" risposi ironica. facevo la disinvolta, mentre dentro stavo fremendo all'idea del piacere che avrebbe potuto provocarmi. lui partì senza chiederlo due volte. mi bloccò portando l'altro braccio dalla parte opposta delle mie cosce. cominciò baciandomi l'angolo della bocca, io ero impassibile, come di ghiaccio. scese piano piano e si soffermò per un po' sul collo. un po' troppo. questa volta il segno era d'optional. dopo qualche secondo spostò il braccio su cui il suo peso era poggiato e portò la mano sulla mia pancia. io non riuscivo davvero a muovermi, non sapevo cosa cazzo fare. mi solletticava vicino all'elastico delle mutande, io ero già fradicia. e poi si spostò, e io cominciai a non capirci più una sega. s'inginocchiò fin troppo lentamente davanti a me, alle mie ginocchia. io non riuscivo più a trattenermi, stavo letteralmente impazzendo. probabilmente lo faceva apposta. se si fosse trattato di lui ce l'avrei già avuto in bocca, senza troppi giri di parole. mi sfilai i pantaloncini del pigiama. lui fece un sorrisetto provocante. che stronzo. si alzò appena, per arrivare all'altezza bordo delle mutandine. appena posò i polpastrelli lì sopra, per levarle, sentii un brivido lungo tutto il mio corpo. mi tolse quella fottuta stoffa e me la fece vedere, tenendole appese per l'indice, come fosse un trofeo del cazzo, e infine le buttò sul letto. mise le sue mani sulle mie ginocchia e mi aprì le gambe, ancora piano. io spinsi la testa indietro mentre lui cominciava. ci provavo a controllarmi, sul serio, ma non ci riuscivo. proprio mentre stavo per venire lui si fermò. stavo per controllare cosa stesse succedendo quando sentii la sua lingua. porca puttana. era meglio del paradiso.
"..ah...dami.." ansimai portando la mia mano tra i suoi capelli, strattonandoli un po', mentre lui procedeva. volevo non sarebbe finito mai. subito dopo mi si irrigidirono i muscoli e mi lasciai andare all'indietro, mentre orgasmavo. vidi dami con la coda dell'occhio leccarsi le labbra, dopo aver finito. si sdraiò di fianco a me, forse per evitare di mettermi in imbarazzo. io ero sfinita, letteralmente.
"ho ripagato per bene il favore?" chiese ancora sorridendo.
"zitto e passami le mutande." quando mi ripresi ci spostammo sul balcone di camera sua. io lo fissavo leccare una cartina di fronte a me, e proprio mentre stava passando la lingua alzò gli occhi su di me. sarei potuta venire anche solo così, ma per oggi ci avevamo dato dentro già abbastanza. eravamo seduti sul parapetto, era largo il giusto per permetterci di non temere una caduta. non eravamo nemmeno in altissimo, ma si scorgevano i palazzi del quartiere, qualche luce della città. io piegai una gamba verso di me e mi appoggiai al mio ginocchio, guardando il mondo con aria inquieta. si respirava quella dolce tristezza che era solita viaggiare nell'aria nel bel mezzo della notte, specialmente lì a roma, dove ogni vicolo mi portava a mente un ricordo d'infanzia.
"a che pensi?" mi domandò facendo un tiro.
"a domani." era già arrivato l'ultimo giorno, l'ultima notte che avremmo passato insieme.
"che rate al cazzo" sospirò.
"passi?" mi sentivo un po' scassa coglioni, ma ne avevo bisogno. lui me la passò senza esitare. in un certo senso pareva fosse felice quando lo chiedevo.
"ti devo un po' di soldi..." dissi sbuffando.
"se mi fai un altro bocchino ti saldo il debito." che idiota. io risi. una delle sensazioni peggiori è realizzare in quel momento quanto ti mancherà.
"non so se ce la farò a starti ancora lontana" ammisi passandogliela.
"fra un anno hai finito la scuola, potrai fare il cazzo che ti pare. io non posso muovermi da qui, tu si." cambiando città dovetti ripetere un anno, ero l'unica maggiorenne nella classe. se fossi rimasta qui tra qualche mese avrei avuto in mano il diploma. tutto ciò non faceva altro che alimentare il mio rancore.
"e con il lavoro come la metti?" chiesi cercando di non pensare al resto. ero sempre stata quella più razionale dei due. anche se nel profondo avrei tanto voluto andare a vivere anche io sulla luna, insieme a lui.
"a che ti serve un lavoro?"
"emh, per vivere?" risposi come fosse ovvio, e come di fatto lo era, guardandolo aspirare.
"non sarò miliardario, ma non si guadagna male nella discografia" rispose facendo un sorrisetto, come se un po' gli facessi pena, o un po' trovasse adorabile la mia ingenuità.
"e dovrei vivere sulle tue spalle?" lui alzò le spalle.
"che cazzo, se vuoi fare le cose legalmente ti sposo anche" sbuffò. giocava su quel filo precario, tra l'essere troppo serio e lo sfottermi appena.
"sei pazzo." era l'unica cosa che mi venne da dire.
"non scherzo, comunque." io sbarrai gli occhi.
"no che non ti sposo, deficiente!" non so perché l'avessi detto, non ne ero poi infondo così sicura. ero in confusione totale.
"stai dicendo che dovrò vivere per sempre circondato da pussy e stripers?" che bastardo, lo faceva apposta.
"va bene, non ci sposiamo" riprese subito dopo facendo il finto offeso. io lo spinsi leggermente per la spalla, sorridendo come un'ebete.
"seriamente...che cosa succede adesso?" chiesi ritornando coi piedi per terra.
"staremo anche peggio di prima." e poi ero io quella pessimista...eppure aveva ragione, vaffanculo.
"ho paura, dami. per davvero." lui mi guardò negli occhi.
"anche io." mi faceva strano sentirlo, soprattutto da lui. io mi spinsi più vicina al suo corpo. di sorpresa mi mise una mano sulla coscia, come sul taxi. era un gesto così dolce, ma in quell'istante sembrava tutto solo dannatamente nostalgico. appoggiai la testa alla sua spalla. sentivo il suo profumo mischiato a quello dell'erba.
"ho paura di perderti" continuai con voce meno ferma. lui strinse più forte la mia pelle sotto la sua mano, ma senza accennare a farmi male.
"quando te ne andrai, quando ritornerai a casa, qual'è la prima cosa che farai?" era una domanda strana.
"probabilmente dovrò dormire fuori qualche notte prima di poter rimetter piede in casa. oppure non se ne saranno nemmeno accorti, chissà..." risposi riferendomi ai miei. lui capiva, solo lui poteva.
"e con la scuola?" cambiò subito argomento. sapeva quanto mi facesse male parlarne, ed io lo apprezzavo.
"mi beccherò la strillata di qualche stronzo e poi tornerà tutto come prima." lo sentii deglutire, forse stava ripensando a quando ci andava lui a scuola. o meglio, quando ci andavamo insieme e tutto era perfetto...più o meno.
"tu cosa farai?" domandai alzando il volto verso di lui. lo guardavo dal basso, osservavo il suo profilo illuminato soltanto dalla luce debole delle stelle, era bellissimo.
"io scriverò, lavorerò e andrò a cacciarmi in qualche guaio pur di non annoiarmi." attimi di silenzio.
"al solo pensiero di non poter più passare notti così...ho paura di svegliarmi senza di te, senza averti qui tra i piedi" ammise infine. io stavo annegando in un mare di vuoto.
"dami"
"si?"
"se andrai con qualche altra ragazza, mentre non ci sono..."
"ehi ehi fermati" troncò sul nascere, poi si girò nella mia direzione, facendomi staccare e portando due dita sotto il mio mento, alzandomi il viso. mi piaceva come mi guardava. ma la mia insicurezza, in quell'istante, mi stava uccidendo.
"non voglio andare con altre ragazze." non sapevo se credergli, infondo non m'importava nemmeno.
"no, non posso farti questo. devi dimenticarti di me, per un po'..." faceva davvero male dirlo. pensai a lui con qualcun'altra, il mio cuore era lacerato. lui sbuffò sardonico e tolse le dita dal mio volto.
"piantala di fare la vittimista. non mi va di riempirmi di fake per non fare il masochista, lo sai, merda." stava sfasando, me lo sentivo.
"okay" risposi secca, sapevo benissimo a lui desse fastidio.
"se vuoi chiavare nei bagni dei locali chic di milano, fai pure." gesù, ora faceva il bambino.
"smettila.."
"forse non ti so soddisfare. anche se proprio non mi sembrava quando poco fa gridavi il mio nome stesa nel mio letto." stronzo.
"ho capito, mi dispiace" commentai sperando avesse finito, ma sapevo bene avesse appena cominciato.
"...ooh dami.." m'imitò pateticamente.
"perché devi fare così?" chiesi un po' delusa. lui finalmente tornò accigliato.
"perché tu non prendi seriamente mai un cazzo!" aveva ragione, ed ero anche stanca di fare l'orgogliosa.
"è perché ho paura che mi scorderai, che diventerò una delle tante!" vuotai infine il sacco. poi sospirai. lui restava in silenzio, fissava il vuoto dinanzi a sé mentre spegneva la cicca su dove eravamo seduti.
"se non ci sono aspettative, se non ci sono limiti, poi non restiamo più delusi" ripresi abbassando il tono.
"scusami. ti prego, so di essere egoista, imparerò a fidarmi. ma ho sofferto così tanto, dami..." lui finalmente mi guardava.
"lo so che imparerai, va tutto bene" mi tranquillizzò, trattenendo comunque quel fondo di freddezza e ritornando a fissare il nulla.
"sono un disastro" sospirai guardandomi i piedi.
"lo so" disse lui quasi in tono di consolazione, poi si voltò nuovamente nella mia direzione
"in realtà mi piace che sei fragile." io spostai stupita lo sguardo nei suoi occhi. nessuno mi aveva mai detto nulla del genere. non sapevo cosa dire.
"infondo mi appaga anche rassicurarti in continuazione" riprese alzando appena l'angolo destro della bocca.
"sono pur sempre la tua rompi" commentai sorridendo a mia volta. mi rasserenava sapere che avevamo risolto, in un modo o nell'altro. nel nostro strano modo.
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soli in due ~ tha Supreme fan fiction
Fanfiction⚠️ licenza poetica: il vero nome dell'artista su cui è basata questa fan fiction non corrisponde al nome da me scelto nella storia, per una banale scelta stilistica. si tratta di un adattamento, tutto ciò che comprende questo personaggio, per il res...