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I'm never what I like
I'm double sided, and I just can't hide
I kind of like it when I make you cry
'Cause I'm twisted up, I'm twisted up inside my mind
I'm semi-automatic, my prayer's schizophrenic
But I'll live on, I'll live on, yeah I'll live on


La mattina seguente partimmo abbastanza tardi per andare a Toronto, la seconda tappa del tour. Il viaggio fu parecchio noioso, lo passai a guardare la tv e a chiacchierare con Kristy. Arrivammo verso mezzogiorno e, dopo il pranzo, andammo con Joanna a fare un giro in città. Toronto era meravigliosa e cominciavo a fare amicizia con le ragazze. Approfittai dell'uscita per fare scorta di prodotti per il bagno e cibo. Mike, invece, mi aveva procurato due maglie dello staff, purtroppo della mia taglia ce n'era solo una così decisi di trasformare l'altra, più grande, in una canottiera. Nei giorni seguenti, oltre a Toronto, facemmo tappa a Detroit, Pittsburgh e poi a Columbus. Non successe nulla di particolare in quei giorni; con i ragazzi scambiavo due parole duranti i pasti o quando gli portavo il caffè, mentre con gli altri cominciavo a socializzare parecchio. Nonostante ciò mi sentivo sempre di parte, ero la più piccola lì e non avevo molto in comune con gli altri. I tragitti per spostarsi da una città all'altra erano lunghi e noiosi, difatti le soste durante il viaggio erano una benedizione. Ci mettevamo anche parecchi giorni per arrivare alla nuova meta, anche perché la notte raramente ci spostavamo. A Columbus ci saremmo fermati per 5 giorni siccome, per onorare la città natale di Tyler e Josh, si sarebbero svolti due concerti. Arrivammo allo stadio e ci accampammo come al solito. Ero decisamente stanca quel giorno, non mi ero ancora abituata al mio nuovo letto e ad avere una compagna di stanza, quindi dormire mi risultava difficile. Optai per andare a farmi un caffè. Un caffè vero però, non quell'acqua sporca che avevo consumato nell'ultima settimana. Insieme alla mia moka personale e a del buon caffè macinato mi diressi alla cucina e cominciai a prepararlo. Qualche minuto dopo sentii bussare alla porta aperta della roulotte: erano i ragazzi.

«Ehi Ary, che stai facendo?» mi chiese Josh.
«Ehi! Sto preparando il caffè. Vi serve qualcosa?»
«Oh fantastico! Ce ne faresti una tazza anche a noi?» parlò Tyler.
«Fai il caffè con quella?» disse Josh subito dopo con aria confusa, indicando la mia moka.
«Beh, si. Sapete, devo confessare una cosa.» comincia con tono melodrammatico «Il caffè americano mi fa un po' schifo.»
Tyler face una smorfia di delusione mettendosi una mano sul cuore. «Il mio cuore si è appena rotto.» rispose a tono stando al mio scherzo.
«Lo so, lo so. Mi dispiace. Ma questa è la realtà.» continuai con tanto di gesticolazione.
«Io lo voglio provare!» esclamò Josh quando smise di ridacchiare per la scenetta drammatica.
«Oh anch'io!» aggiunse Tyler.
«Va bene.» divisi il caffè in 3 tazze «Josh, Ty, ecco del vero caffè.» dissi fiera.
«Ty?» domandò imbarazzato Tyler.
«Umh...si, se non ti dispiace.»
«Non è per me, è per Josh. Solo lui mi chiama così.» spiegò voltandosi verso l'amico.
Josh intanto stava osservando serio il caffè. «Oh, beh, non c'è problema.» rispose distrattamente.
Cominciai a gustarmi ogni sorso, come se non lo bevessi da mesi. Nel frattempo fissavo i due ragazzi per vedere la loro reazione quando avrebbero assaggiato la bevanda. Entrambi ne bevvero un sorso, titubanti.
«Wow. E' davvero buono!» esortò sorpreso Josh.
Tyler invece continuava a bere piccoli sorsi, assaporandoli come fosse un intenditore. Dopo aver consumato metà tazza, mi guardò con sguardo serio pronto a dare il verdetto. «E' molto buono.» disse porgendomi il palmo affinché io gli battessi il cinque.
«Noi italiani sì che lo sappiamo fare il caffè!» ribadii soddisfatta.
Mentre loro finivano di bere appoggiati alla porta, io mi alzai le maniche della felpa per cominciare a pulire lo moka.
«Hai un tatuaggio, anzi due.» notò Tyler «Posso vederli?»
«Oh, sì.» acconsentii porgendogli il braccio e il polso.
«E' una frase di Eminem, giusto?» chiese Josh guardando quello sul braccio. Io annuii con la testa.
«A quanto pare qualcuno qui è una nostra fan!» disse gongolando Tyler mostrando il mio polso all'amico. Josh sorrise osservandolo, ma poco dopo il suo sorriso si spense. Cazzo. Sapevo esattamente il perché. Cacciando indietro la vergogna che si stava impossessando di me, ritrassi entrambe le braccia e mi tirai giù le maniche istintivamente. «Beh...diciamo che mi piacciono le vostre canzoni.» ammisi con un sorriso.
«Non mentire! Abbiamo visto quanto ti scateni ai nostri concerti! Vero Josh?» rise.
«Oh si! Canti tutte le canzoni!» confermò lui cancellando l'espressione afflitta dal suo volto.
«Ok, lo ammetto, mi avete scoperta!» dissi imbarazzata.
«E hai altri tatuaggi?» continuò.
«Si, ne ho qualcuno.» risposi.
«Davvero? Sei tutta da scoprire, insomma.» intervenne Tyler con un sorriso dolce.
Mi salutarono e tornarono al lavoro, io ripresi a pulire la moka e le tazze. Mi sedetti sulla panca presente nella cucina mobile e mi ritirai su le maniche. Osservai i miei avambracci sospirando. Guardai ogni singola cicatrice, da quella più sbiadita a quella più evidente. Normalmente non si notavano, a meno che non si guardasse da vicino, appunto. Spesso mi dimenticavo di averle e non mi facevo problemi ad esibire le mie braccia in pubblico. E quelle rare volte in cui qualcuno le notava dicevo che erano storie vecchie e il discorso moriva lì. Ma Josh le aveva viste. E Tyler? Sì, doveva averle viste anche lui, ma aveva fatto finta di nulla. Mi sentivo uno schifo che le avessero viste, soprattutto perché avevamo appena cominciato a fare amicizia. O forse era solo una mia impressione e io mi stavo solo illudendo. Sconsolata e tormenta feci ritorno al mio rifugio. Il concerto di quella sera fu stupendo, come quello del giorno seguente. Gli ultimi due giorni a Columbus li usammo per smontare con calma l'attrezzatura, mentre i ragazzi andarono a far visita alle loro famiglie. Kristy stava dando una mano a pulire la cucina, così approfittai per farmi una doccia. Di solito i miei lunghi ricci castani richiedevano un'ora di tempo per essere lavati, ma per un motivo o per l'altro avevo imparato a ridurre i tempi. Amavo farmi la doccia, mi rilassava molto, d'altro canto però era uno dei momenti in cui i miei pensieri si divertivano a torturarmi. Era sempre più difficile fermare il rumore nella mia testa. Dopo un'ora di relax uscii dalla doccia calda e mi avvolsi con il telo mare di Jack Sparrow che usavo al posto dell'accappatoio. Ognuno ha le sue cose imbarazzanti, io ne avevo parecchie. Non feci in tempo a vestirmi che sentii il telefono vibrare: era un messaggio di Tyler in cui mi avvertiva che sarebbero tornati a breve e se potevo preparagli una tazza del mio buon caffè. Da quando gliel'avevo fatto assaggiare bevevano solo quello. Anche Mike l'aveva provato, e gli era piaciuto a tal punto da prendermi delle altre caffettiere e una fornitura di caffè macinato italiano che ci sarebbe bastata per un bel po'. Adoravo Mike, era abbastanza fuori di testa a volte; l'avevo soprannominato "il grande capo". Riprendemmo la marcia il giorno seguente, prossima tappa Indianapolis e successivamente a Chicago. Erano già passate circa tre settimane e ormai mi ero abituata ai ritmi e a quella vita. Finora il clima era stato gentile, regalandoci il sole quasi tutti i giorni. A Chicago, invece, il cielo era molto nuvoloso e il meteo prevedeva pioggia, ciò non mi dispiaceva affatto. Poco prima del pranzo cominciò a piovere, allora spostammo il nostro buffet all'interno dell'edificio sportivo in cui i ragazzi avrebbero suonato l'indomani. Ero seduta con Kristy su una delle casse dell'attrezzatura, stavo smanettando sul cellulare mentre mangiavo il pollo che avevamo cucinato per il pranzo. Finalmente quella mattina avevo preso il coraggio di chiedere a Tyler e Josh una foto insieme, mi accontentarono subito senza il minimo problema. Finalmente pubblicai soddisfatta la foto su ogni social. Intanto loro due, seduti su un'altra cassa di fronte a noi, stavano discutendo come due bambini.
«Quanto disterà il Taco Bell più vicino da qui? Secondo me è vicino, potremmo andarci.» disse Tyler.
«Ma ci siamo già stati a Indianapolis, due giorni fa!» gli rispose Josh contrariato.
«E allora? Era due giorni fa!» insisté.
«Ty, ti voglio bene, ma tu hai un problema.»
«Ma non è vero! Semplicemente mi piace il loro cibo.» contraddisse offeso.
Josh fece una smorfia di disapprovazione. «Gli hai dedicato una canzone di 6 minuti. 6 minuti! Nemmeno le nostre canzoni durano così tanto! E comunque non ho voglia di andarci.»
«Detesto quando fai così! Sai cosa? Josh, sei fuori dalla band!» lo sgridò Tyler cercando di fare un'espressione seria. Io stavo trattenendo le risate assistendo a quella scena.
«Oddio, di nuovo. Tyler non puoi buttarmi fuori dalla band!» ridacchiò Josh.
«E invece sì!» cercò di trattenere le risate pure lui ora.
«Ragazzi! Se volete ve li prepariamo noi i tacos.» intervenne Kristy richiamandoli.
«Ecco, risolto il problema. Visto Tyler?» disse sollevato Josh.
«Mmh...sono molto esigente riguardo i tacos, ma possiamo provarci.» acconsentì poco convinto il ragazzo.
«Perfetto. Finito qua vado a prendere il necessario, volete venire anche voi?» disse Kristy.
«Umh, in realtà pensavamo di andare in piscina tra un po'.» Tyler declinò l'invito.
«C'è una piscina!?» esclamai io allettata.
«Sì, è nell'edificio dall'altra parte del parcheggio. Vuoi venire?» disse Josh notando la mia esaltazione.
«Sì...» riposi sfoderando un sorriso imbarazzato.
«Ok, poi ti scrivo.»
Finimmo il pranzo e io e Kristy sparecchiammo. Fuori stava ancora piovendo, feci una corsa per tornare alla roulotte. Frugai nelle mie valigie e tirai fuori il mio costume: un bikini piuttosto sexy nero e bordeaux. Recuperai anche il mio telo mare, che usavo effettivamente come telo mare, a stampa leopardata, molto trash. Avevo una vocazione per il trash. Pensai che ai ragazzi avrebbe fatto piacere se gli avessi portato del caffè, perciò prima di preparami andai a prepararne due tazze come piaceva a loro. Ormai avevo imparato i loro gusti. Josh mi mandò un messaggio, diceva che loro stavano per andare in piscina e mi avrebbero aspettata là. Mi misi di corsa il costume e sopra indossai una felpa col cappuccio per proteggermi dalla pioggia. Infine infilai le scarpe e presi i caffè e il telo mare. In meno di 10 minuti ero in piscina, ma di Tyler e Josh neanche l'ombra. C'erano solo le loro cose. Credevo fossero in bagno o da qualche altra parte nell'edificio. Tutta l'area era stata chiusa a causa dell'imminente concerto, era figo avere una piscina intera tutta per noi. Posai le mie cose su uno degli sdrai, mi tolsi scarpe e felpa e mi avvicinai al bordo della piscina. Era tanto tempo che non ci andavo. Il pensiero che vedessero di nuovo le mie cicatrici stava affollando la mia mente. Ormai le avevano viste, ma non volevo che magari mi facessero domande in tal proposito. Distratta dalla mia mente, non ebbi il tempo di rendermi conto di cosa stava succedendo: due mani si posarono sulla mia schiena e mi spinsero in acqua. Il tutto accompagnato da uno dei miei urletti molesti.
«Ma che cazzo!» urlai non appena riemersi dell'enorme vasca. Vidi i due ragazzi che ridevano di gusto e si battevano un cinque.
«Hai fatto un urlo fantastico!» disse Tyler ridendo ancora.
«Io vi porto il caffè e voi mi ringraziate così!?» feci la finta offesa mentre nuotavo verso il bordo.
«Ci hai portato il caffè?» Josh guardò le due tazze che avevo lasciato sullo sdraio. «Grazie!» disse. Poi si avvicinò al bordo e mi tese la mano sorridendo per aiutarmi a uscire dalla piscina. Afferrai la sua mano, ma invece di salire usai tutta la mia forza per trascinarlo giù in acqua con me. Tyler fissò la scena divertito mentre beveva il caffè e sfoderò il pollice in su in segno di approvazione. Poco dopo Josh riemerse e mi guardò sconvolto, non se l'aspettava proprio. Io ridacchiai orgogliosa. Uscimmo entrambi e ci sedemmo sugli sdrai con Tyler. Entrambi osservavano curiosi i miei tatuaggi, ma senza fare domande. Anche Josh cominciò a sorseggiare il suo caffè. La sua cresta rosa era flaccida e gocciolante. Nonostante si fosse un po' asciugato, le gocce d'acqua continuavano a scivolare sulla sua pelle poco più scura rispetto a quella pallida dell'amico. Involontariamente i miei occhi stavano percorrendo ogni curva dei suoi muscoli ben definiti. Il suo corpo era davvero sexy e avrei voluto passare le mani sulle sue spalle, lungo tutte le braccia e anche sul petto. Mi domandavo se fosse sexy anche sotto a quei pantaloncini a strisce. Oddio, ma a che stavo pensando? Sentivo il rossore impossessarsi del mio viso e temevo che potesse sentire i miei pensieri. Di scatto spostai lo sguardo. In fretta mi alzai e feci un tuffo in piscina.
«Che ti prende?» chiese perplesso Tyler. Anche lui aveva un fisico niente male, molto più esile di Josh, e i tatuaggi gli davano quel tocco sexy.
«Mi è venuta un'improvvisa voglia di buttarmi. Era un'eternità che non venivo in piscina, anzi tecnicamente questa è la prima vera volta ci vengo.» dissi.
«In che senso?» cercò spiegazioni sempre più confuso.
Andai a sedermi sul bordo e cominciai a narrare le mie scorribande notturne, e illegali, nella piscina della mia città insieme alla mia migliore amica. Praticamente, le uniche volte in cui ci ero stata, scavalcavamo il cancello e facevamo una veloce nuotata, di solito verso le due di notte. I ragazzi mi ascoltavano attenti e divertiti e in men che non si dica eravamo finiti a raccontarci le nostre avventure tutt'altro che legali. A un certo punto Tyler si era allontanato per andare al bagno e Josh si avvicinò a me per spiegarmi che voleva fare al moro il medesimo scherzo fatto a me. Era seduto sullo sdraio accanto a me, sentivo la sua pelle sfiorarmi e avere il suo viso così vicino non mi era d'aiuto a scacciare i pensieri impuri. Tyler stava tornando e io mi mobilitai per attuare il piano di Josh, il quale preparò il cellulare per fare uno Stories. Con una scusa banale feci avvicinare il ragazzo alla piscina e poi lo spinsi giù. Mi girai ridendo verso Josh, che stava riprendendo tutto, con tanto di pollice in su.
«Lo so che ci sei tu dietro a tutto questo, Josh!» urlò Tyler arrancando in acqua. Io e Josh ci scambiammo un sorriso. Era così bello mentre sorrideva. Fu un pomeriggio decisamente divertente e, cosa più importante, avevo legato parecchio coi ragazzi. Come promesso, io e Kristy preparammo dei tacos per cena e Tyler ne fu abbastanza soddisfatto. Il giorno dopo eravamo tutti mobilitati per il concerto, era una tra le prime date ad aver fatto sold out. I ragazzi cominciarono le prove ancora prima di pranzare e io li andai a sbirciare come al mio solito. Tyler sembrava un po' fiacco, forse triste. Aveva lo sguardo perso mentre suonava il piano. Speravo si riprendesse con il buon salmone cucinato per pranzo, ma mangiò poco e, con una scusa qualunque, andò a rifugiarsi nel suo pullman. Vidi Josh seduto da solo che si gustava il pesce, così decisi di approfittarne. Andai a sedermi vicino a lui, ricevendo il suo dolce sorriso come risposta.
«Tu e Kristy siete davvero brave, fate sempre cose buonissime.» disse mangiando un boccone di salmone.
«Grazie, mi fa piacere che ti piaccia.»
«Comunque, tutto ok? Mi sembri sovrappensiero oggi.»
Si stava preoccupando per me? In ogni caso di certo non gli avrei detto la miriade di cose che mi passavano per la testa, ma era stato dolce a domandarlo. «Umh, si è tutto ok. Mi chiedevo solo cos'avesse Tyler, è triste o sbaglio?» gli domandai.
«Ah sì, è un po' giù di morale. Gli manca Jenna. E poi ha sempre dei momenti in cui diventa un po'...depresso.» spiegò.
«Oh..» sospirai.
«Non preoccuparti, sta bene, non è nulla di grave.» mi rassicurò sorridendo e facendomi una carezza sulla guancia. Al suo tocco delicato il mio corpo si irrigidii e le mie guance presero un colorito rosso. Distolsi subito lo sguardo da lui e cercai di restare calma.
«O-ok, non mi preoccupo.» farfugliai sentendomi alquanto idiota «Beh, devo sparecchiare ora.»
Josh mi passò il suo piatto vuoto e io andai ad aiutare Kristy. Quella carezza mi aveva spiazzata. La mia testa si riempì di ogni genere di pensieri. Li sentivo sfrecciare veloci da una parte all'altra, ormai avevano una vita propria. Quando finii di sparecchiare tutti erano già tornati al lavoro o ad occupare il loro tempo libero. Mi sedetti sugli scalini della mia roulotte. Il cielo era ancora molto nuvoloso e il fresco odore della pioggia appena caduta si era impossessato delle mie narici. La vibrazione del mio cellulare mi fece sussultare. Mike richiedeva la mia presenza al suo camper. Era intento in un'importante conversazione al telefono, mi passò alcuni fogli e mimò il gesto di scrivere sussurrandomi la parola "Tyler". Intuii che dovevo portarli al ragazzo e farglieli firmare o compilare. Annuii alla sua richiesta e andai all'interno del relativamente piccolo stadio in cui stavano facendo le prove. Lo cercai con lo sguardo sul palco, ma c'era solo Josh che suonava la batteria. Mi soffermai un attimo a guardarlo, un sorrisino spuntò involontariamente sul mio volto. Sarei rimasta a fissarlo per ore, ma adesso dovevo cercare Tyler. Così mi diressi al camerino e finalmente lo trovai. Era immobile davanti allo specchio a fissare la sua immagine riflessa, un'espressione malinconica stampata in faccia. Mi si strinse il cuore in quel momento. Sembrava perso nel suo mondo, distante anni luce dalla realtà. Esitai parecchio prima di bussare piano alla porta spalancata. Tyler sobbalzò leggermente e si voltò di scatto sforzando un sorriso.
«Ehi, emh, disturbo?» gli chiesi insicura.
«No, tranquilla.» sussurrò con un filo di voce.
«Mike ha detto che devi firmare questi.» mi avvicinai a lui porgendogli i fogli. Li prese e cominciò a firmarli. «Tutto bene?» gli domandai sperando di non essere indiscreta.
«Oh..emh, sì, nulla di che, i pensieri...» disse indicandosi la testa, probabilmente involontariamente.
«Non si fermano mai, eh? I pensieri dico.» risposi con un sorriso amaro.
Calò il silenzio per qualche secondo. «Beh, a volte...a volte ce la faccio a fermarli.» ammise guardando il vuoto.
«E come fai?» sputai quella domanda senza pensarci neanche.
«Quando sono con Jenna è tutto più calmo. Poi anche quando suono con Josh. Loro mi hanno sempre aiutato tanto.» spiegò e si riprese tutto d'un tratto, come se una scintilla avesse attraversato i suoi occhi quando aveva pronunciato i nomi di Jenna e Josh.
«Oh, ok.» sorrisi debolmente, non sapevo come continuare la conversazione. Nel frattempo lui aveva finito di armeggiare con i fogli. Li ripresi e feci per andarmene.
«Non sei sola. Io li vedo.» spezzò il silenzio con la sua dolce voce, ma che in quel momento mi trapassò come una lama.
Mi bloccai e mi voltai verso di lui. «Mmh?» mugugnai interrogativa nonostante in fondo sapessi a cosa si riferiva. Mi guardò dritto negli occhi facendomi sentire completamente allo scoperto. Il mio scudo, che finora aveva sempre impedito agli altri di vedermi, sembrava aver formato una crepa. Il cuore accelerò il battito e l'ansia scalciava per uscire.
«Come tu vedi i miei, io posso vedere i tuoi.» disse calmo e serio. Poi le sue labbra si incurvarono e trasformarono la sua espressione in un viso dolce e comprensivo. Io ricambiai velocemente il sorriso e uscii dal camerino con passo veloce. Riportai i fogli firmati a Mike e poi scappai sul mio letto. Quello con Tyler era stato davvero un momento strano. Aveva visto la mia sofferenza, i miei demoni, così come io vedevo i suoi. E ora che poteva vedermi, vedermi per davvero, che avrebbe pensato di me? Di tutto il disastro e lo schifo che mi portavo dentro? A parte questi pensieri, ce n'era un altro che ancora mi tormentava: Tyler stava male e volevo fare qualcosa per tirarlo su di morale. Mi venne in mente quanto ieri volesse andare da Taco Bell, allora cercai su internet quanto fosse lontano dall'accampamento. Era solo a qualche chilometro di distanza, prendendo la metro e facendo due passi ci sarei arrivata in poco tempo. Sperando di non perdermi, mi avventurai al fast food. Arrivata lì mi resi conto che non avevo la minima idea di cosa preferisse Tyler, così chiamai Josh che prontamente mi disse i gusti dell'amico e in più mi fece prendere qualcosa anche per lui. Ci misi meno di un'ora per fare il tutto e tornare all'accampamento. I ragazzi avevano appena finito le prove e si riposavano al loro alloggio. Bussai e la voce di Josh mi diede il permesso di entrare.
«Non serve che bussi ogni volta, tanto mica giriamo nudi!» scherzò Josh, ricevendo uno sguardo stranito da Tyler che stava seduto sul divano a strimpellare l'ukulele. Io ridacchiai.
«Peccato.» sussurrai senza che nessuno dei due mi sentisse.
«Vedo che ce l'hai fatta.» disse Josh osservando i sacchetti che tenevo in mano «Temevo ti saresti persa e che saremmo dovuti venirti a cercare!»
«Sono benissimo in grado di girare per Chicago da sola!» feci la finta offesa.
«E' stata solo fortuna!» continuò a prendermi in giro divertito.
Gli rivolsi un occhiataccia, poi mi rivolsi a Tyler che ci guardava confuso: «Ty, ho pensato ti sarebbe piaciuto.» gli sorrisi consegnandogli il sacchetto con tanto si scritta "Taco Bell" e il suo nome sopra. Il suo viso si illuminò e di scatto si alzò abbracciandomi. Aveva un buon odore.
«Grazie!» esclamò poi con quel suo sorriso adorabile.
«E per me niente?» protestò Josh.
«No.» dissi cercando di sembrare autoritaria, ma non riuscii a trattenere una risatina.
«Ah si?» assunse un tono di sfida «Beh, prova a fermarmi allora!»
Non appena pronunciò quelle parole si scagliò su di me cercando di rubarmi il sacchetto e io mi girai dall'altra per proteggere la merce preziosa. Sentii il suo braccio destro circondarmi la vita e premermi contro il suo corpo. Tutti i miei muscoli si contrassero e un brivido mi percorse interamente. Sentirlo così vicino mi piaceva da impazzire. Allentai la presa al sacchetto, che stavo tenendo il più possibile lontano da Josh, e provai a liberarmi dal suo, per così dire, abbraccio. Ottenni il risultato contrario, che inconsciamente volevo: Josh mi tirò ancora di più a sé facendo aderire completamente il mio corpo al suo. Il calore mi pervase, a quel punto ogni mia resistenza fu inutile e il ragazzo riuscì a conquistare il bottino. Mi lasciò andare provocando in me una sensazione di vuoto. Ci fu un attimo di silenzio in cui le mie guance si arrossarono, l'unico rumore era Tyler che mangiava il mio regalo e ci guardava come se stesse studiano i nostri comportamenti.
«Grazie, comunque.» disse Josh con il suo sorriso dolce, anche lui un po' imbarazzato.
«Di nulla, figurati.» risposi abbassando lo sguardo «Beh...adesso vi lascio preparare per lo show. E devo fare la cena e...ci vediamo dopo.»
Mi fiondai fuori sotto la pioggerellina che da qualche minuto aveva cominciato a scendere. Percepivo le goccioline fredde battermi sul viso, ma poco importava. Ogni singola cellula del mio corpo chiamava quello di Josh e ignorare quella sensazione era quasi impossibile. Che mi era preso? Josh era davvero un bel ragazzo, e anche Tyler aveva il suo perché, e l'idea di farmelo mi era passata parecchie volte per la testa. Era comunque una fantasia e nulla di più. Ma quella specie di abbraccio e le sensazioni che avevo provato mi avevano scombussolata. Non provavo quelle cose da...da tanto tempo. Andai a preparare la cena con Kristy, la quale si accorse del mio turbamento dal fatto che ero molto silenziosa. Ormai aveva capito che non mi piaceva parlare delle mie emozioni e di quello che succedeva nella mia testa, così non indagò. Il concerto fu meraviglioso, come al solito. Non appena finì dovetti tornare di corsa alla roulotte per fare una videochiamata con Jacopo. Erano giorni che me lo chiedeva insistentemente e alla fine accettai per sfinimento, ma in ogni caso non avrei mai rinunciato a guardare i ragazzi suonare. Avevo già informato Kristy, che prontamente era andata da Joanna per lasciarmi la privacy necessaria. Presi il mio computer e attesi la comparsa di Jacopo sullo schermo. Non sapevo esattamente cosa gli avrei detto, una cosa era certa però: era il momento di affrontarlo e chiudere le cose. Da quando ero partita non mi era mancato affatto, anzi quasi non ci pensavo a lui, e mi infastidiva parecchio quando mi scriveva o mi chiamava. In poche parole non lo sopportavo più, era solamente un peso. Ci volle meno di un minuto prima che rispondesse alla chiamata.
«Ciao principes...scusa, mi correggo subito. Ciao Ary!» esclamò sorridente, ricordandosi quanto io odiassi il romanticismo e tutte quelle frasi smielate.
La mia espressione pacata si stava per incrinare e mi stava parlando solo da 5 secondi. «Ehi. Come vanno le cose?»
«Qua è tutto come al solito. Tu ti stai divertendo?»
«Sì, mi piace qui. E' tutto fantastico!» disse abbozzando un sorriso.
«Sai ci manchi, soprattutto a me. Non vedo l'ora che torni.» ammise sconsolato.
«Emh...» esitai non sapendo cosa rispondere «Sono passate appena tre settimane, ne mancano ancora 18.»
«Già.» sospirò «Non penso di riuscire a stare così tanto senza vederti. Pensavo che potrei venire qualche giorno a trovarti, quando sarete in Europa. Così stiamo un po' insieme, e magari chiedo al tuo capo se ha un lavoro che io possa fare! Sarebbe fantastico, potremmo praticamente vivere insieme e...»
«No!» bloccai la sua voce entusiasta con il mio tono di disapprovazione. Ero leggermente sconvolta da quello che stava dicendo.
«Perché no? Non sarebbe bello girare il mondo assieme? Tipo quelle coppie che guardiamo alla tv.» chiese con la delusione che era comparsa sul suo volto, cancellando l'enorme sorriso che aveva.
«Senti noi non stiamo insieme!» sputai quelle parole come veleno e la sua espressione diventò interrogativa e sbigottita. «O meglio, tu stai insieme a me, non io. Io non ho mai voluto stare con te.» dissi fredda con l'incazzatura che tra poco sarebbe esplosa.
«Ma che stai dicendo?» domandò con un filo di voce.
«Doveva essere solo una scopata ogni tanto, ma poi tu ti sei messo in testa che stavamo insieme! E io non ho mai detto nulla per non spezzarti il cuore, e ho sbagliato, lo so. Ma ora non ce la faccio più, mi sento soffocare e imprigionata!» ormai nessuno poteva più fermarmi, stavo buttando fuori tutto.
«Quindi mi stai lasciando?» domandò arrabbiato pure lui.
«Sì. Non...non sopporto più le tue moine e le tue pretese e tutto quanto!»
«Sei solo una stronza! Dopo tutte le cose che ho fatto per te, dopo tutti i silenzi e le tue stranezze che ho sempre sopportato, mi ringrazi così!? Io ti amo, cazzo!» urlò dall'altro lato dello schermo.
«Non mi ameresti se mi conoscessi veramente. E soprattutto avresti capito che non possiamo stare insieme.» abbassai il tono di voce insieme al mio sguardo.
«Che vuoi dire? Ti riferisci all'autolesionismo? Ne avevamo già parlato di quello!»
Feci un sospiro misto a una risata. «Quelli sono solo una minuscola parte. Tu non sai cosa c'è qui dentro.» mi indicai la testa «Non sai contro cosa devo combattere ogni giorno. Non sai di che cosa ho bisogno.» dissi fissandolo, con la crudeltà iniettata negli occhi e nella voce. Ero parecchio aggressiva, lo capii dalla faccia leggermente sconvolta di Jacopo.
«T-tu non mi dici mai nulla, ti chiedo sempre cos'hai ma non me lo vuoi dire!» ribatté.
«Non voglio parlarne con te, non me la sento e non capiresti.»
«Come fai a dirlo?» chiesi offeso.
«Perché se tu potessi capirlo non saremmo qui a discuterne! O li vedi o non li vedi! E tu, beh, non puoi vederli.» spiegai, mentre la conversazione con Tyler riemerse dalla mia memoria.
«Ma di che cazzo stai parlando?»
«Senti lascia stare. Tra noi è finita, basta.» conclusi sperando che se ne facesse una ragione.
«C'è un altro, vero?» esortò poi convinto.
Aggrottai la fronte pensando alle mie scappatelle passate, ma non era a quello che si riferiva. «No. Non c'è un altro. Il problema sono io che non posso stare con te, non ho mai provato nulla per te e soprattutto non sarò mai felice se sto con te. Tu sei un buon ragazzo, ma non per me. Mi dispiace.»
«Sei solo una stronza e una puttana! So che c'è un altro e queste sono solo scuse!» cominciò a buttare fuori tutta la rabbia che gli avevo causato, ma non avevo intenzione di starlo a sentire. Mi dispiaceva di averlo ferito e non se lo meritava. Nonostante ciò non volevo più sentirmi imprigionata in quelle quattro mura che si erano formate stando con lui.
«Ti ho detto la verità!» lo interruppi alzando la voce a mia volta «Se non ci credi sono cazzi tuoi, pensa pure quello che vuoi! Ma sappi che non voglio più sentirti! Addio!» caricai di rabbia quelle ultime parole e chiusi la videochiamata, bloccando poi tutti i suoi contatti. Mi strinsi le ginocchia al petto e ci appoggiai la testa sopra, stremata. Odiavo litigare. All'improvviso udii un sospiro provenire dalla porta della roulotte, alzai di scatto la testa e vidi Josh, palesemente a disagio, che si tormentava i capelli con una mano.
«Emh...io, scusa...io ero venuto per...» balbettò senza finire la frase, credo avrebbe voluto scomparire in quel momento. L'imbarazzo lo rendeva adorabile.
«Hai sentito tutto?» gli domandai intimorita dalla sua imminente risposta.
«Oh, emh, gran parte credo.» ammise, ora ero io che volevo scomparire. «Ma non ho capito una parola.» si affrettò a precisare. Che stupida, con Jacopo stavo parlando in italiano e non in inglese.
«Ah giusto. Comunque, stavi dicendo che sei venuto per?» lo invitai a completare la frase.
«Ah sì, ero venuto per ringraziarti per prima. A Tyler è tornato il buon umore dopo che ci hai portato il buon cibo grasso di Taco Bell.»
«Di niente, figurati. Comunque sono contenta si sia ripreso.»
Ci fu un momento di silenzio, interrotto poi da Josh: «Beh, io torno al mio pullman. Buonanotte!»
«Buonanotte, Josh.» risposi subito.
Rimanemmo a fissarci, lui col suo sorriso dolce ed io con il mio imbarazzato. Nessuno dei due mosse un muscolo in quella manciata di secondi che sembrarono un'eternità. Quando se ne andò mi riconnettei alla realtà, ricordando purtroppo il litigio appena avvenuto. Tutto quanto tornò cupo e i pensieri ripresero a tormentarmi. Recuperai il mio diario dallo zaino e ci scrissi un po'. Quella sera la mente aveva deciso di mettermi a dura prova, portando a galla uno dei miei ricordi più dolorosi. Mi ricordai della foto che tenevo nell'ultima pagina. La presi e osservai quel ragazzo dagli occhi scuri e capelli neri. Se chiudevo gli occhi potevo ancora sentire il calore della sua morbida pelle. Le lacrime cominciarono a premere prepotentemente sui miei occhi, le lasciai libere questa volta. Quel ragazzo era stato il mio primo e unico amore. Lui fu l'unico a rendermi felice, senza nemmeno saperlo. E quando era partito, quando aveva preso la sua strada che io non potevo percorrere, il mio cuore si frantumò in mille pezzi. Non volevo più saperne di relazioni. Amare è una debolezza, lascia indifesi e fragili. Basterebbe uno sguardo, un gesto, una parola per essere ridotti in polvere e rovinati per sempre. Ed era esattamente quello che era successo a me. Quelle gocce fredde che scendevano sul mio viso ne erano la prova.

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