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I don't know why I would go
In front of you and hide my soul
'Cause you're the only one who knows it
Yeah, you're the only one who knows it
And I will hide behind my pride
Don't know why I think I could lie
'Cause there's a screen on my chest
Yeah, there's a screen on my chest
I'm standing in front of you
I'm standing in front of you
I'm trying to be so cool


Il tempo sembrava scorrere a rallentatore. Il breve viaggio in aereo pareva essere durato ore eppure Liverpool era dietro l'angolo. Dormicchiai ascoltando le chiacchiere di Kristy e Joanna, le due si stavano confrontando sulle loro rispettive esperienze scolastiche. A quanto pare la bionda era una vera e propria scatenata al college tra ragazzi e festini alcolici. Per Joanna, invece, il periodo della scuola era stato molto più tranquillo. Avrei voluto partecipare alla discussione, ma ero troppo stanca e triste per narrare le mie peripezie scolastiche. Ripescai comunque tutti quei ricordi, sorridendo pensando a tutte le cose folli, divertenti e probabilmente anche illegali che avevo fatto o alle marine con le mie amiche al nostro bar preferito. Al contrario, accanto a quelli belli, c'erano molti ricordi dolorosi di bullismo e solitudine, tutto ciò che mi aveva portata a non avere più un briciolo di autostima e di conseguenza alla depressione, all'ansia e agli altri problemi. Alle medie avevo passato l'inferno e ne ero uscita completamente distrutta, poi per fortuna alle superiori la situazione era andata gradualmente migliorando. Nonostante questo i demoni non avevano retrocesso di un centimetro, col tempo però avevo imparato a conoscerli e a tenergli testa il più delle volte. Rimisi a posto quei pensieri appena l'aereo cominciò l'atterraggio. Mettere piede in Inghilterra per la prima volta mi fece un effetto strano, ero una via di mezzo tra l'esaltato e il malinconico. Mi ero già accordata con Mike per recarmi a Londra in uno dei giorni liberi in modo da sbrigare i documenti per il mio futuro trasferimento. Avevamo discusso per almeno 10 minuti perché voleva a tutti i costi che mi portassi dietro qualcuno per la mia incolumità, io non volevo scomodare qualcuno per i miei affari e sapevo cavarmela da sola. Alla fine si arrese, in cambio mi sarei fatta almeno accompagnare fino alla stazione del treno. Conoscendo Mike non era finita lì, avrebbe di sicuro trovato il modo per affibbiarmi qualcuno. Comunque ci avrei pensato a tempo debito, prima dovevo concentrarmi sul lavoro. Ci recammo all'arena abbastanza presto siccome c'erano un sacco di cose da sistemare, l'evento era sold out. Io e Kristy andammo a prendere della pizza per pranzo, poi dovemmo recuperare tutti gli snack vari che ai ragazzi piaceva trovare in camerino. Tyler e Josh erano un po' viziati riguardo queste cose, difatti la lista era bella lunga. Lo show cominciò mezz'ora più tardi a causa della lentezza della security nel fare i controlli agli spettatori. Lasciai il backstage poco prima dell'inizio dopo aver battuto il cinque e il pungo ai ragazzi, come facevo sempre. Tra me e Josh c'era ancora un baratro di imbarazzo e dubbio, ma essendo in un momento di lavoro lasciavamo da parte le nostre divergenze. Non mi stancavo mai di vederli esibire, era qualcosa di unico. Nonostante avessi sempre solo occhi per Josh anche Tyler aveva il suo perché, soprattutto quando suonava il basso, però non l'avrei mai ammesso. Era strano pensare che avesse una moglie, forse perché lo consideravo un mio coetaneo sebbene la differenza d'età, così come Kristy. Per quel poco che ci avevo parlato durante le videochiamate del ragazzo, Jenna mi sembrava una bella persona, intelligente, gentile e pure molto bella. Tyler mi aveva promesso che prima o poi me l'avrebbe fatta conoscere. Il concerto finì più tardi del previsto, di conseguenza il ritorno in hotel tardò di quasi un'ora. Era praticamente mezzanotte e l'indomani mi attendeva una lunga giornata, ma volevo parlare con Josh. Non riuscivo più a sopportare la situazione, volevo risolverla indipendentemente dall'esito che avrebbe avuto. Gli scrissi subito dopo essermi cambiata e aver preparato la borsa per la mia gita a Londra.
Io: "Possiamo parlare?"
Josh: "Ok dammi un minuto"
Io: "Ti aspetto sul divanetto"
Uscii dalla mia camera e mi precipitai su piccolo divano posto vicino alle scale che collegavano i piani. Ero nervosa, tanto che persi un battito quando vidi Josh avvicinarsi. Si mise accanto a me con un'espressione rassegnata, supposi che nemmeno lui volesse affrontare il discorso. Inoltre aveva l'aria stanca e mi dispiaceva trattenerlo.
«Quindi...» cominciò lui aspettando che io dicessi qualcosa.
«Perché mi hai baciato?» sbottai subito.
«Non lo so, volevo farlo e basta.» rispose alzando le spalle, senza guardarmi troppo in faccia.
«Credevo fosse tutto a posto tra noi.»
«Lo era, ma poi tu hai continuato a evitarmi e non so che mi è preso.»
«Ancora con 'sta cosa che ti starei evitando, lo so che è solo una scusa! Perché non lo ammetti?» alzai il tono di voce contrariata.
«Dovrei ammettere cosa?» domandò aggressivo.
«Che ti ha dato fastidio che un altro ci provava con me e io ci stavo!»
«Cosa!? Non è affatto vero! Sei liberissima di fare quello che vuoi.» sentenziò con aria indifferente. Per qualche motivo quelle parole mi ferirono.
«Ah davvero? Quindi vuoi dire che la cosa non ti ha minimamente infastidito e tutta quella scenata era solo perché, a tuo dire, ti stavo evitando?» dissi enfatizzando le ultime parole, facendogli capire perfettamente che non avrei mai creduto a quella scusa.
Esitò qualche attimo. «Sì!» esclamò poi esasperato. Al mio sguardo impassibile si arrese e ritrattò: «Cioè ok, un po' mi ha dato fastidio, va bene! Ma che dovrei dire? Mi hai baciato all'improvviso e poi sei subito andata dietro a un altro!»
«Non sono andata subito dietro ad un altro, come prima cosa, e quel tipo non era niente. E comunque che avrei dovuto fare scusa? Aspettare per qualcosa che potrebbe accadere come no e che è già destinato a finire ancora prima di essere cominciato?» chiesi sentendo le lacrime che premevano dietro ai miei occhi. Lui aprì la bocca come per dire qualcosa, ma la richiuse subito abbassando lo sguardo. «Fanculo. Lascia stare.» conclusi per poi andarmene.
«Fanculo tu!» ribatté alle mie spalle.
Non mi voltai, proseguendo a passo spedito. Aspettai di essere sotto al lenzuolo per piangere silenziosamente. Non piangevo tanto per la litigata, bensì per aver ammesso che qualunque cosa ci fosse o ci potesse essere tra me e lui era destinata a finire comunque. L'avevo pensato spesso, però dirlo ad alta voce lo rendeva dannatamente reale. Smisi di piangere nel giro di 10 minuti, quando mi dissi che in un certo senso era stato un bene. Finito il tour avrei dovuto continuare con la mia vita, senza Josh. Ci saremmo scritti qualche volta, certo, ma tutto qui. E prima lo accettavo, prima sarei stata meglio. La sveglia suonò molto prima di quanto mi aspettassi, come sempre del resto. Kristy mugugnò infastidita girandosi dall'altra parte, non la biasimai siccome erano le 8 e un quarto di un giorno libero. Io e Mike ci eravamo dati appuntamento alle 9 davanti all'entrata dell'hotel. Ero leggermente in ritardo quindi corsi giù per le scale come una forsennata, ma rallentai di colpo procedendo a passo normale quando intravidi Josh attraverso i vetri della porta. Perché era lì? Non mi avrebbe mica accompagnata a Londra? O forse voleva solo replicare la litigata della sera precedente? Qualunque fosse il motivo lo avrei scoperto dopo pochi passi. Sì voltò squadrandomi non appena spalancai la pesante porta, poi mi porse una tazza di carta. Lo osservai a mia volta con aria interrogativa.
«Cappuccino.» disse solo.
«Grazie.» risposi prendendo il bicchiere, evitando il suo sguardo come la morte.
Il disagio si poteva percepire da chilometri e il non sapere ancora perché fosse lì mi stava facendo impazzire. Avrei potuto semplicemente chiederglielo, ma decisi di affogare la tensione nel cappuccino. La prominente auto nera che Mike aveva usato in quei giorni arrivò di tutta fretta fermandosi davanti a noi. Il finestrino oscurato si abbassò rivelando il grande capo: «Pensavi davvero che ti avrei lasciata andare da sola?» esortò soddisfatto. Io e Josh salimmo sui sedili posteriori e, allacciate le cinture, l'uomo pigiò prepotentemente sull'acceleratore e partì. Se la cavava molto bene a guidare, aveva sempre i riflessi pronti. Sia io che Josh avevamo lo sguardo perso fuori dal finestrino, speravo che il viaggio verso la stazione finisse presto. «Come siete silenziosi.» Mike richiamò la nostra attenzione guardandoci attraverso lo specchietto retrovisore.
«Sono stanca, ho sonno.» accampai una scusa plausibile facendo un sorrisino.
Josh mi lanciò un'occhiata gelida. «Pure io.»
«Beh, tra poco dormirete in treno, siamo arrivati.» ci informò l'uomo.
Scendemmo tutti e tre dall'auto dopo aver parcheggiato ed entrammo nella stazione gremita di persone. Josh andò a fare i biglietti, mentre io e Mike scrutammo il pannello delle partenze.
«Come mai mi ha mandato Josh? Non temi che possano assalirlo o qualcosa del genere?» domandai curiosa.
«In realtà l'avevo chiesto a Ryan, ma Josh non ne ha voluto sapere, doveva venire lui con te.» spiegò «E sì, sono un po' preoccupato per la sua incolumità quindi...tenetevi d'occhio a vicenda, ok?»
«Oh, ok, certo.»
Il ragazzo tornò poco dopo con i biglietti, prima classe ovviamente, e Mike ci salutò augurandoci buona gita e chiedendoci di avvertirlo quando saremmo arrivati a destinazione. Il silenzio imbarazzante al binario durò solamente qualche minuto, saliti a bordo ci mettemmo uno di fronte all'altro e ognuno si mise le cuffie. Josh passò gran parte del viaggio a giocare col telefono, incrociando i miei occhi di tanto in tanto. Io ammiravo il paesaggio esterno canticchiando in playback alcune delle canzoni che stavo ascoltavo. Il cielo grigio mi faceva sentire meno sola. Non riuscivo a non essere triste per la litigata a seguito di aver saputo quanto lui avesse insistito per venire con me. Ci teneva così tanto che se n'era fregato del fatto che potessero riconoscerlo e assillarlo durante tutta la giornata. Giungemmo a Londra a mezzogiorno passato, prendemmo un panino al primo fast food che trovammo e ci avviammo verso gli uffici. Poco a poco riprendemmo a parlare, mantenendo sempre un certo distacco, e fu un sollievo riavere la sua voce a riempire il logorante silenzio. Avevo già progettato tutto il percorso, quindi fu abbastanza facile orientarsi. Ero letteralmente ammaliata da qualunque cosa, non potevo credere di essere finalmente nella città che avevo sognato per tutta la vita.
«Come ti senti ad essere qui, che stai andando a realizzare i tuoi progetti?» mi chiese mentre camminavamo per le vie seguendo Google Maps.
«E' strano, non mi sembra vero. A dire la verità mi sto cagando sotto.» ridacchiai «Non fraintendermi, lo voglio davvero è solo che...»
«Fa paura?»
«Sì..è stupido, vero?» sbuffai facendo una smorfia.
«No, è umano. Tutte le grandi cose fanno paura.» mi rassicurò sfoderando quel suo solito sorriso che mi era mancato tantissimo.
«Davvero?»
«Certo. Anch'io ho avuto paura quando la mia passione è diventata un lavoro, quando dovevo partire per il mio primo tour, e anche quando sono andato a vivere da solo.» mi mise un braccio sulle spalle «E' tutto ok, non stressarti.»
Sorrisi, sembrava tutto come al solito. «Uh, siamo arrivati credo!» esclamai indicando un palazzo.
Ero decisamente nervosa, per fortuna la presenza di Josh calmava il mio animo tempestoso. Si propose per entrare con me nell'ufficio, ma rifiutai subito perché sapevo che era una cosa che dovevo affrontare da sola. Rimase pazientemente ad aspettarmi nella sala d'attesa, nel frattempo io cercavo di sembrare tranquilla e professionale nel parlare e compilare carte. La cosa si rivelò più lunga di quanto mi aspettassi, ma appena misi piedi fuori dall'ufficio e vidi Josh venni investita da un senso di euforia.
«Fatto tutto?»
«Sì!» confermai abbracciandolo. Mi staccai quasi subito ricordandomi che eravamo ancora in fase di stallo, creando dell'imbarazzo per entrambi.
«Dai, andiamo a fare un giro adesso. Scommetto che non vedi l'ora!» sdrammatizzò.
In effetti aveva ragione, morivo dalla voglia di girare per la città. Piccadilly Circus, il Big Ben, shopping da Harrods e per finire un giro sul London Eye. Le nuvole grigie erano pian piano scomparse lasciando il posto a un sole splendente. Stavamo facendo la fila per salire sull'enorme ruota panoramica, io mi guardavo in giro e Josh accontentava un paio di fan che l'avevano riconosciuto. Durante la giornata lo avevano fermato meno di quanto pensassi, ma comunque non era facile passare inosservati. Solo quel giorno capii quanto poteva essere fastidioso e irritante essere delle star di fama mondiale. Ad ogni modo era stata una delle giornate più belle della mia vita, e non era ancora finita. La fila scorreva lenta e il sole di certo non aiutava, così Josh andò a prendermi un frullato in un bar in zona; scelse lui il gusto, ovvero lamponi con l'aggiunta di qualche foglia di menta. Tornò poco prima che fosse il nostro turno e pagò profumatamente il macchinista per riservarci la cabina intera.
«Non serviva che prendessi tutta la cabina.» ridacchiai salendo a bordo.
«Volevo che stessimo tranquilli almeno qui.»
«Oh porca troia!» esclamai non appena la ruota cominciò a muoversi, aggrappandomi a uno dei sostegni.
«Tutto ok?» rise.
«S-sì, circa.» lo rassicurai con un'espressione abbastanza turbata. Dopo qualche secondo mi stabilizzai e osservai il panorama farsi sempre più bello. Il sole aveva iniziato la sua ascesa verso il tramonto, illuminando la città con una meravigliosa luce ambrata.
«Ti piace il frullato?» domandò Josh.
«Sì, è buonissimo. Hai scelto bene.»
«E ti sei divertita oggi?»
«Certo, è stato meraviglioso. Ma che ti prende?» sorrisi perplessa a quelle domande.
Si sistemò meglio il cappellino e si avvicinò a me, sembrava nervoso. «Mi mancava passare del tempo con te.»
«Anche a me.» ammisi bevendo il mio frullato senza staccare lo sguardo dalla città, eravamo quasi in cima.
«Sai...» cominciò serio, mi voltai verso di lui «Sono sempre stato troppo codardo per ammettere i miei sentimenti, non dico agli altri ma a me stesso. L'ansia mi ha sempre divorato..e non ti ho mai detto quanto sono felice di averti nella mia vita.»
«Perché mi dici questo ora?» dissi confusa, col cuore a mille, scorgevo qualcosa di diverso nei suoi occhi.
«Se non ora, quando?» si avvicinò pericolosamente «Lo so che è ancora giorno, al posto di un mojito ai lamponi hai un frullato, la discoteca è stata sostituita da un chitarrista a Piccadilly e l'unica carne che abbiamo mangiato è stato il prosciutto nel panino a pranzo, e infine non sono un granché nel dire cose volgari. Ma almeno c'è la vista sulla città, che poi...»
«Josh...» lo interruppi con un filo di voce, mentre una miriade di emozioni stavano facendo a botte dentro di me.
«Il fatto è che...» lasciò la frase a metà sospirando. Poi mi mise una mano sulla nuca e mi baciò. Non fu un bacio come quello precedente, stavolta era più dolce e tranquillo. Dopo alcuni secondi si staccò, poggiando la fronte sulla mia. «Questo è. E lo so che non è proprio come te lo immaginavi.» sussurrò con un sorriso imbarazzato. Era ufficialmente la giornata più bella della mia vita.
Lo baciai di nuovo. «Non è come me lo immaginavo, è meglio.» gli feci notare.
Nel frattempo la ruota stava compiendo l'altra metà del giro, anche se il bel panorama londinese era passato in secondo piano. Era una sensazione strana. Mi sentivo come in piena sbronza, ma ero totalmente sobria. Era quella la felicità? Probabilmente sì. Joshua William Dun, un ragazzo dai capelli rosa con il braccio di mille colori, amante dei gatti e degli Oreo, fissato con gli alieni e batterista di una band emo ma non proprio composta da due persone, aveva dichiarato di provare qualcosa per me. L'avrei scritto a caratteri cubitali sul mio diario non appena fossi tornata all'hotel. Concluso il giro sul London Eye ci avviammo verso la stazione. Restammo pressoché in silenzio durante il tragitto, scambiandoci occhiate e sorrisi imbarazzati. In treno mi sedetti accanto a lui e mi addormentai su di lui con il suo braccio che mi circondava le spalle. Mi risvegliai una mezz'ora prima dell'arrivo, per un attimo credetti di aver sognato tutto. Fortunatamente era successo davvero e a confermarlo ci fu un timido bacio di Josh all'angolo della bocca, dopo essersi assicurato di non avere occhi indiscreti puntati addosso. Mi domandai come sarebbero andate le cose, se stavamo insieme, se l'avremmo tenuto segreto e altre cose del genere. Supposi che alla crew non avrebbe fatto alcuna differenza, ma che avremmo mantenuto il segreto al resto del mondo almeno per un po'. La clique era famosa per fare mille congetture ed alcuni avevano già il sospetto o ci shippavano comunque. Mike ci stava aspettando in auto fuori dalla stazione per riportarci all'hotel, ormai erano le 9 passate. Una volta lì, Josh mi accompagnò fino alla porta della mia camera e mi salutò con un bacio. Mi sembrava ancora così surreale, Kristy sarebbe impazzita alla notizia.
«Ehi finalmente, com'è andata?» mi chiese la bionda distesa sul letto in compagnia di Joanna.
«E' stato fantastico!» esclamai.
«Che avete fatto?» domandò invece la mora.
«Beh siamo subito andati nell'ufficio dove ho firmato un mucchio di fogli, poi abbiamo girato per la città, è bellissima!»
«Siete andati a Piccadilly? La adoro!» continuò Joanna.
«Sì, e anche a vedere il Big Ben e il London Eye.» raccontai brevemente.
«Uh figo! Ora vi lascio sole, ragazze. Notte!» ci salutò uscendo subito dopo.
Io cominciai a cambiarmi e struccarmi, mentre Kristy mi seguiva con sguardo furbo. «Cos'è quel sorrisino? Ce l'hai da quando sei entrata.»
«Umh, niente sono felice.» minimizzai aspettando il momento adatto per sganciare la bomba.
«Quindi tra te e Josh è di nuovo tutto ok?»
«Sì.»
«Eddai lo sia che voglio i dettagli!» si lamentò sempre più curiosa.
Sospirai divertita. «Beh allora, abbiamo cominciato a parlare gradualmente e poi le cose sembravano esattamente come sempre, poi siamo andati sul London Eye e Josh ha preso una cabina solo per noi.»
«Che gentiluomo, così romantico. E si è dichiarato poi?» rise lei.
«Beh, ha detto che raramente ammette di provare dei sentimenti, che è felice di avermi nella sua vita e ci siamo baciati.» spiegai cercando di mantenere un tono di finta noncuranza. Mi voltai a guardare i suoi occhi farsi sempre più grandi.
«Lui cosa? Veramente?» disse con un livello di decibel stranamente basso.
«Sì davvero!» urlai io saltellando.
«Finalmente! Oddio sono così felice!» mi seguì a ruota abbracciandomi.
Passammo la serata a parlare del grande evento, Kristy disse di non avermi mai vista così felice e aveva ragione. L'indomani, l'ultimo giorno a Liverpool, mi alzai dal letto più in forma che mai. Io e la bionda scendemmo relativamente presto per la colazione cominciando a chiacchierare con Maria, George, Ryan, Luke e Rudy, i più mattinieri. Gli altri ci raggiunsero a poco a poco nei seguenti 15 minuti. Josh mi riservò un sorriso che solo Kristy e, sicuramente, Tyler compresero. Tra me e lui era di nuovo tutto nella norma, difatti la leggiadria frizzante che contraddistingueva il nostro gruppo era a pari passo col sole splendente di quella mattina. Il programma della giornata consisteva nell'andare a una fiera latino-americana con tanto di esibizione musicale non lontano dal nostro hotel. Ci recammo sul luogo a piedi, verso l'ora di pranzo. Ci accolse un clima allegro e colorato che mi riportò alla mente i ricordi di Rio e Buenos Aires. Girovagammo tra gli stand per un po', poi ci sedemmo attendendo l'inizio dello show. Io e Josh non avevamo ancora avuto modo di stare da soli e mentirei se dicessi che non fremevo dalla voglia di avere di nuovo la sua bocca. Stavamo giocherellando con un depliant, io lo avevo piegato a forma di barca e lui la usava per infastidire Tyler seduto davanti a noi. Annoiata, poggiai delicatamente la testa sulla sua spalla incrociando i suoi occhi subito dopo. Speravo cogliesse al volo il desiderio celato dietro al mio sguardo.
«Che c'è?»
«Sono un po' annoiata.» spiegai alzando le spalle.
Restò un attimo in silenzio pensieroso. «Ti va se torniamo all'hotel? E stiamo un po' soli?» propose sottovoce.
Un sorriso soddisfatto si dipinse sul mio volto, così, con la scusa che Josh aveva mal di testa, uscimmo dalla fiera. Procedevamo a passo spedito verso la meta ridacchiando e aumentando gradualmente la velocità, gli ultimi metri li percorremmo correndo praticamente. Mi baciò appena le porte dell'ascensore si chiusero, mettendo fine al contatto nel momento esatto in cui si aprirono. Tenendomi per mano, raggiungemmo la sua camera dove riprendemmo a pomiciare sul letto. Non ci volle molto prima che lui fosse disteso sopra di me con quell'atteggiamento famelico che tanto mi eccitava. Gli sfilai la maglietta appropriandomi di quel corpo perfetto che tanto avevo bramato. La mia canottiera e i gli short fecero ben presto la stessa fine, quindi era il momento dei pantaloni di Josh: mi misi sopra di lui e glieli slacciai, tirandoli giù violentemente fino a metà coscia. Gli afferrai il pacco, massaggiandolo leggermente, sentendolo crescere sotto al mio tocco. L'espressione arrapata, quasi supplichevole, con cui mi fissava mi metteva in imbarazzo. Mi sentivo spesso leggermente a disagio nel fare qualcosa di sessuale se non ero almeno un po' alticcia, il che era paradossale data la mia fama lussuriosa. Non era il momento, però, di fare la timida. Afferrai decisa l'elastico dei suoi boxer e glieli abbassai rivelando la sua erezione. Cominciai a masturbarlo lentamente mentre chinavo il viso senza distogliere lo sguardo dal suo, non capivo perché ai maschi piacesse tanto avere contatto visivo durante quel momento. Iniziai con qualche leccata maliziosa, per poi dedicarmi a un pompino vero e proprio. Volevo dargli un primo assaggio di quelle doti di cui tanto mi vantavo. Smisi dopo un paio di minuti procurandogli una sofferenza che gli si poteva leggere in faccia, sinonimo di un buon lavoro. Mi mise le mani tra i capelli tirandomi verso di lui fino a far combaciare le nostre labbra. Nel frattempo mi tolse il reggiseno, le sue mani passavano dalle mie tette alla mia schiena in continuazione. All'improvviso ribaltò la situazione e, di nuovo sopra, infilò una mano nelle mie mutande. Venni pervasa dal piacere non appena sentii il suo dito spingere dentro di me. Il mio ansimare si era fatto più forte, anche a causa dei baci che mi stava dando sul collo. Così come avevo fatto io, si bloccò tutto d'un tratto con aria soddisfatta per togliermi l'ultimo indumento rimasto. Tornò sopra di me infilandomi finalmente la sua erezione e riprendendo a baciarmi. Cominciò a muoversi tra le mie gambe procurandomi quel piacere che tanto avevo atteso. Erano mesi che non facevo sesso, e lo stavo facendo con Josh! Cambiammo posizione più volte, il tutto con quel tocco famelico che ci accomunava. Al termine della scopata restammo distesi a letto per riprendere fiato, godendoci quegli attimi di relax. Recuperato il mio telefono notai che si era fatto tardi e c'erano dei messaggi di Kristy arrivati poco prima, la quale chiedeva cosa stavo facendo e che tra poco lei e gli altri sarebbero tornati.
«Kriss dice che tra poco tornano, meglio se ci vestiamo.» informai Josh, alzandomi e raccogliendo i miei vestiti.
«Ok.» si alzò stiracchiandosi.
«Allora... beh, torno in camera mia adesso.»
Mi diede un lungo bacio prima che uscissi. «Ci vediamo a cena.»
Mi buttai a letto sentendo ancora l'odore di Josh sulla mia pelle. Era stato meraviglioso. Molto distante dal solito sesso fine a sé stesso. Io ero stata sua e lui era stato mio. Ero felice.

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