𝐇𝐨𝐩𝐞 𝐖𝐨𝐫𝐥𝐝

.•6•.

-Era una creatura buffissima, pallida come te e con degli occhi neri profondissimi- mimo degli strani gesti con le mani.
-Hobi sei fuori di testa- sghignazza Yoongi, divertito dal mio racconto.
Qualche volta gli parlo dell'Hope World, e lui mi stupisce sempre: quando rimane a bocca aperta e quando mi sgrida per esserci andato giù troppo pesante.
-Non chiamarmi così, mi fa sembrare un bambino- borbotto infastidito. È un soprannome senza senso che lui continua a rifilarmi senza il mio consenso.
-Ha parlato l'uomo maturo che comunica con le sfere luccicanti e gli esserini dai capelli viola- mi scimmiotta scompigliandomi i capelli.
-Piantala, sono presentabile?- chiedo sistemandomi la camicia dentro ai pantaloni.
-Stai benissimo, non preoccuparti- sorride -vai altrimenti fai tardi-
Non mi è concesso il tempo di replicare. Di fronte alla mia riluttanza mi fa salire di prepotenza sull'autobus che mi condurrà nella periferia a nord della città.
Sono riuscito a procurarmi un colloquio di lavoro, o meglio un reclutamento, in una piccola azienda alle prime armi. Non ho idea di cosa produca o che settore interessi, non ho sentito la necessità di informarmi. Ho semplicemente bisogno di soldi, poco importa in che modo mi arrivino nelle tasche. Sto sudando freddo. Sono in ansia.
Ho paura di sentire di nuovo in bocca il sapore della sconfitta e dell'umiliazione, non voglio raccogliere l'ennesima delusione, ho una collezione abbastanza vasta.
Non sono richieste abilità particolari, quindi almeno in questo sono la persona giusta: terribilmente e irrimediabilmente nella norma. Noioso.
Mano a mano che i palazzi mi sfrecciano attorno, mi rendo conto di essere di nuovo paranoico. C'è una buona probabilità che mi assumano, è un'impresa neonata, sono solo all'inizio, non ci sono molti candidati e io non ho niente in meno rispetto a loro. Mi ripeto mentalmente queste parole mentre varco a passo svelto la porta scorrevole dell'ufficio di colui che immagino essere il capo.