.•9•.

8 3 0
                                    

-Hoseokie lasciami, devo andare-
Sono letteralmente abbracciato alla gamba di mio padre.
-Per favore resta ancora un po'- lo prego. Non voglio restare da solo con lei.
-Non posso trascurare i miei compiti, lo sai, tornerò tra solo qualche settimana- mi rassicura, fallendo -non sei da solo, c'è la mamma con te-
Vorrei confessargli che è proprio questo il problema, ma le parole mi muoiono in gola. Lei mi ha intimato di non dire a nessuno di quello che mi fa, ho troppa paura per disobbedirle.
-Per favore- tento un'ultima volta.
Papà mi sorride, dandomi un bacio sulla fronte e uscendo di casa. Starà sicuramente pensando al meraviglioso figlio che ha, che gli vuole talmente tanto bene da voler stare sempre con lui. L'unica ragione è che quando siamo insieme la mamma non ha potere su di me, sono protetto indirettamente da qualcuno. Sento i suoi passi sulle scale, si sta già togliendo la cintura dei pantaloni. Sembra quasi che abbia aspettato con ansia che suo marito uscisse.
"Stronza" è una brutta parola che ho imparato a scuola, e le calza proprio a pennello. Inizio a tremare.

Mi sveglio di soprassalto, ho i brividi.
Un incubo, o meglio, un flashback.
Li detesto. Guardo l'orario sullo schermo del telefono, le 7:16.
Ci sono il messaggio di buonanotte di Yoongi, che non ha ricevuto risposta dato che mi sono addormentato, e un paio di notifiche da Youtube.
Sospiro. Le immagini dell'episodio di stanotte continuano a vibrarmi nella mente, indelebili come le cicatrici che porto sulla pelle.
Non ho più sonno, quando faccio questo tipo di sogni vorrei solo scomparire dalla faccia della Terra.
Mi sento così impotente. Lei mi ha reso debole.
Mando giù due pillole che ho appoggiato ieri sera sul comodino, sarebbero state destinate a oggi pomeriggio. L'unico difetto dell'anfetamina è che ci mette un po' a fare effetto. Sento caldo.

Questa volta sono caduto dal cielo, atterrando su un mare di post-it colorati sparsi per terra, che, in qualche modo, hanno attutito la caduta. Sta piovendo un liquido rossastro, che sgorga dagli enormi dirigibili che solcano il cielo.
Le gocce diventano torrenti non appena toccano il suolo, e si diramano per tutta la valle, trascinando con loro qualunque cosa gli capiti a tiro.
-Oggi sei parecchio scosso mh?-
Trattengo un urletto per lo spavento, non mi abituo ancora a vedermela comparire dal nulla.
-Mi hai fatto prendere un infarto-
Alex ride, aggiustandosi le ciocche rosa. Ci ripariamo dalla pioggia dentro una conchiglia gigantesca, che offre un morbido sostegno in velluto.
-Bel colore- mi complimento, riferendomi ai suoi capelli.
-Grazie, ma tu hai bisogno di parlare ora-
-Cosa intendi?- fingo di non capire. Come fa a sapere sempre esattamente quello che voglio, quando lo voglio e perché?
-Ti si legge negli occhi- mi fissa, come a volermi insegnare il metodo -parla, ti ascolto io-
Le sue parole mi scaldano il cuore.
Nessuno mi ha mai offerto così spontaneamente aiuto.
-Sono dipendente dalla droga- quando faccio per continuare, Alex scuote la testa e mi blocca.
-Non di questo-
Lo sguardo che ci scambiamo è di intensa empatia, sappiamo entrambi a cosa si riferisce. Parlo per qualche ora, della violenza di mia madre, dell'indifferenza di mio padre, degli incubi che me li ricordano di continuo, di tutti gli episodi di abusi che ricordo. Concludo con un pesante sospiro. Ho il volto invaso dalle lacrime. Lei non ha mai detto una parola.
-Hobi, sei fortissimo- mi accorgo di star stringendo la sua mano, ha la pelle soffice. Allento la presa.
Non riesco a trovare parole per ribattere a quel soprannome che detesto, mi va bene sentirmi piccolo e indifeso di fronte a lei, dopotutto mi sono completamente aperto a quella creatura pallida che ho chiamato Alex.

𝐇𝐨𝐩𝐞 𝐖𝐨𝐫𝐥𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora