6 - Abducted

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Quando Joanna si svegliò si accorse di essere legata ad una sedia.
Si trovava al centro di una stanza in cemento.
La poca luce presente proveniva da una lampadina che pendeva dal soffitto, appesa sopra la sua testa.
Non c'erano finestre.
Solo una presa d'aria troppo stretta perché lei ci potesse passare .
Dritto davanti a lei si trovava una porta d'acciaio.
La stanza era completamente spoglia se non per un tavolo e una libreria di legno ammuffito ai lati della porta.
Delle calde lacrime Iniziarono a scorrerle dagli occhi.
Urlo' .
Chiedeva... implorava aiuto.
Ma nessuno avrebbe potuto sentirla.
Si agitava sulla sedia, cercando di sciogliere i nodi che le tenevano legate le mani.
Continuò ad urlare finché non rimase senza voce.
Le corde le avevano lasciato dei segni rosso vivo sui polsi, in alcuni punti usciva anche del sangue.
Piego' la testa in avanti.
Pianse per un tempo che sembro' infinito , fino a quando, finalmente, si addormentò.

Michael stava camminando verso casa.
Quella sera sarebbe dovuto andare ad una festa a qualche isolato da casa sua.
Ma fortunatamente, per lui, appena raggiunse la casa ci fù un blackout in tutta la zona e la festa fu annullata.
Lui odiava quelle feste, non poteva nemmeno sbronzarsi.
Faceva fatica a tenere sotto controllo i suoi poteri da lucido, figuriamoci da ubriaco.
Anche nel suo quartiere era saltata la luce.
Meglio così.
In un paio di minuti raggiunse casa sua.

Quando entrò chiamò i suoi genitori.
"Mamma, papà, sono tornato. Hanno annullato la festa a causa del blackout" annunciò entrando in cucina trovandosi davanti ai suoi genitori intenti ad accendere delle candele.
"Oh Michael, meno male che sei tornato così presto... Ti abbiamo organizzato un appuntamento."
Disse Isabel entusiasta dopo aver acceso la prima candela
"Che cosa?!" Chiese Michael con voce acuta
"Non fare quella faccia, ti piacerà, vedrai." Disse dando dei colpetti sulla guancia del figlio
"Con chi mi avete organizzato questo appuntamento?" Domando il ragazzo confuso.
"Doveva essere una sorpresa " esclamò la donna mordendomi il labbro guardando Thomas, per poi riportare l'attenzione sul figlio
"ma te lo diro' lo stesso... con la figlia degli Evans" mormorò
Era confuso, cosa avevano in mente?
"Ma voi avevate detto che lei era pericolosa. Che dovevo starle alla larga. E ora fate questo!" Disse il ragazzo quasi urlando confuso dal comportamento dei genitori
"Tesoro calmati, noi sappiamo quanto ci tieni e volevamo solo darti una mano." Rispose Thomas sorridendo falsamente
Michael sapeva che si riferiva al volerle rubare l'anima , cosa che lui non avrebbe mai fatto .
Bè almeno avrebbe passato un pò di tempo con lei.
Esitò un momento poi sospirò
"Okay, ci sto. Dove dobbiamo incontrarci? " disse calmandosi
"Questo non possiamo dirtelo"mormorò suo padre spegnendo le candele

Michael venne mandato a cambiarsi dalla madre.
Salì in macchina poco dopo, si sedette sul sedile posteriore.
Thomas mise in moto la macchina.
Fece retro marcia e partì verso una meta sconosciuta a Michael.

Dopo aver attraversato mezza città svoltarono in una stradina sterrata che si inoltrava in un bosco.
"Ma cosa diavolo..." sussurrò il ragazzo con un tono così basso che i genitori non lo sentirono.
L'ansia si impossessò di lui.
Quando la macchina si fermò Michael fù il primo a scendere.
Non riusciva a stare fermo, aveva paura che avessero fatto del male a Joanna.
Si guardò intorno e si portò le mani in testa .
L'unico edificio nel raggio di chilometri era una catapecchia di legno a qualche metro da lui.
La rabbia iniziò a montargli dentro.
"Cosa le avete fatto?" Quasi urlò contro i suoi genitori avvicinandosi rapidamente
"lei è lì dentro ? Che cazzo vi è passato per la testa?" Continuò ad urlare a pieni polmoni .
"Volevamo aiutare tutto qui. Non serve che ti scaldi così tanto" Rispose Isabel scioccata dalla reazione del figlio.
"Io non ho bisogno del vostro aiuto" disse con disprezzo il ragazzo
"Adesso basta! Ormai il danno è fatto " esclamò Thomas entrando a far parte della conversazione
"e tu signorino sta sera farai la guardia a quella ragazza che ti piaccia o no!" Disse puntandogli un dito contro
"forza andiamo Isabel" continuò
Salirono in macchina e ripartirono lasciandolo lì da solo.
Michael entro' nella baracca.
Si guardò nello specchio nella parete opposta all'entrata per poi scuotere la testa
"non posso farmi riconoscere" Disse a se stesso, poi aprì le braccia e alzò la testa.
Una nuvola nera lo circondò completamente.
Quando la nuvola svanì Michael era irriconoscibile.
Ora era biondo, con gli occhi azzurri, ma di un azzurro più intenso rispetto ai suoi.
Il suo pearcing si era spostato dal sopracciglio al labbro.
E non indossava più una giacca di pelle ma una camicia rossa a quadretti che personalmente non avrebbe mai indossato .
Si scostò al centro della casetta dove si trovava una botola.
Tirò i due anelli di metallo inchiodati alle assi di legno.
La aprì.
Sotto la botola si nascondeva una rampa di scale in pietra che portavano alla porta di acciaio, dietro la quale si trovava Joanna.
Scese in fretta gli scalini ,sospiro' profondamente ed aprì la porta.
la ragazza vedendo una figura davanti a se alzò di colpo la testa

Quando Michael la vide il suo cuore fece un tuffo.
Lei era lì legata ad una sedia, gli occhi gonfi dal pianto e i polsi segnati dalla corda e dal sangue.
"Devi perdonarli, hanno la delicatezza di un elegante in cristalleria" disse lui giocherellando con il piercing al labbro
La ragazza non rispose si limitò a fulminarlo con gli occhi.
"Vedo che hai molto senso dell'umorismo andremo sicuramente d'accordo" esclamò il biondo carico di sarcasmo.
Joanna non rispose e il ragazzo continuò il suo, ormai, monologo.
"Questa situazione non piace nemmeno a me, e se continui a fare così peggiorerai le cose. Fidati, non vorresti vedermi arrabbiato." Sì avvicino' lentamente a lei, e giro' intorno alla sedia.
Poi Si bloccò di colpo quando vide le ferite sui polsi.
"Sarà meglio slegarti e disinfettarti quelle ferite, ah e per informazione quella porta è chiusa a chiave" disse
Inginocchiandosi liberandola dalla morsa delle corde.
Joanna non si mosse, scosto' le corde dal suo grembo facendole cadere a terra.
"Brava ragazza" Micheal prese il kit da pronto soccorso nella libreria.
Nella libreria si trovavano anche alcuni vecchi barattoli scaduti.
Quello probabilmente un tempo era un rifugio atomico.
Tirò fuori del cotone e il disinfettante.
Inumidì uno dei batuffoli per poi voltarsi verso la ragazza.
Joanna era ancora seduta sulla sedia con la testa verso il basso ad osservare un punto indefinito .
Michael le si avvicinò, fece per afferrarle il braccio ma lei scattò in piedi facendo cadere la sedia.
Arretrò fino a toccare il muro con la schiena.
"Avanti, non fare la stupida dammi il braccio" fece per afferrarla quando
La ragazza gli lanciò lo sguardo più carico di odio che poteva e gli sputò in faccia.
Michael andò su tutte le furie le si scagliò contro, la afferrò per il collo e la sbatte contro il muro.
Con la mano libera si pulì la saliva dalla guancia.
Rise maliziosamente
"fallo un altra volta e ti uccido"
La lasciò andare riprendendo il senso della ragione .
Sì allontanò da lei, presa la sedia, la trascino e si sedette davanti alla porta incrociando le braccia davanti al petto.
"Lasciami andare lurido stronzo" gli urlò contro Joanna esasperata
"Fammici pensare.... no!" Disse il ragazzo ridendo portandosi una mano sotto il mento
"Io non ti conosco nemmeno! Che cosa vuoi da me?" Le lacrime iniziarono a solcare il volto.
"Ah giusto che sbadato. Piacere Luke" menti' il ragazzo blaterando il primo nome che gli venne in mente per poi porgerle la mano, lei non la prese, rimase a distanza di sicurezza da lui.
"Vaffanculo" urlo' guardandolo con disprezzo
"Mi aspettavo un nome più carino per una ragazza così bella" disse guardandola attentamente e un sorriso si increspò all'angolo della sua bocca.
"Ah ah ah Sei davvero simpatico" esclamò la ragazza alzando gli occhi al cielo.
"Già me lo dicono tutti" si lucidò le unghie sulla maglietta e la guardò con fare superiore
"Coglione" mormorò lei

Erano le 11.00 di domenica mattina.
Joanna quella sera era rientrata tardi dalla festa e i suoi genitori la lasciarono dormire.
O almeno così credevano.
"Jace vai a chiamare tua sorella" urlò la madre dalla cucina.
Jace si alzò svogliato dal divano. "Joanna" urlò.
"Se dovevi urlare avrei potuto farlo anche io" lo sgridò la madre.
Sbuffò.
Sali le scale.
Entrò nella camera della sorella ma lei non c'era.

Un ora più tardi la madre era in lacrime sul divano mentre un poliziotto la riempiva di domande a cui la donna non riusciva a dare una risposta.
Avevano chiesto a Julie e a George, ma neanche loro avevano notizie di Joanna.
Nessuno sapeva che fine avesse fatto.
Quando la polizia se ne andò la famiglia Clifford, ad eccezione di Michael, fece visita agli Evans
"Mi dispiace così tanto, se avete bisogno di qualsiasi cosa chiedete pure" disse Isabel dolcemente abbracciando la madre di Joanna
"Isabel sei così gentile, ma l'unica cosa che voglio è che mia figlia torni a casa sana e salve" disse tra un singhiozzo e un altro.
Jace noto' che il rosso non era presente e tutto ciò a suo parere era molto strano.
"La troveranno, lei tornerà a casa e sarà tutto come prima" mormorò Thomas
Jace se ne andò in cucina, irritato dalla scena.
Odiava starsene con le mani in mano.
Odiava i Clifford, non si fidava, e la mancanza di Michael non faceva che aumentare i suoi dubbi.
Quando finalmente se ne andarono decise di esporre i suoi dubbi ai suoi genitori
"Io non mi fido di loro" mormorò sbattendo le mani sul tavolo di legno
"Jace lo sappiamo, ma non abbiamo prove, l'unica cosa che possiamo fare è aspettare" disse suo padre mettendogli una mano sulla spalla .
il ragazzo urlo dalla disperazione.
Non poteva sopportarlo era certo che la scomparsa di sua sorella fosse opera dei Clifford e avrebbe obbligato Michael a parlare, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita .

Darkness||Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora