Capitolo 3

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La runa che Atali aveva scelto di farsi tatuare come talismano era stata Hagalaz. Studiando sin da piccola l'arte antica di quei simboli disegnati e raccontati da sua madre, Atali aveva saputo dall'inizio che quella sarebbe stata la sua runa. Aveva deciso che sarebbe anche stato il suo primo tatuaggio, fatto a sedici anni in mezzo alle spalle, su una delle vertebre più in rilievo.

La sinfonia del poema runico parla di Hagalaz -letteralmente "chicco di grandine"- come il "grano più bianco" al tempo del raccolto, sciolto in benefica acqua dalle correnti aeree destinata a dissetare i campi aridi. E' una chiara allusione ad una trasmutazione alchemica: la grandine, che nonostante sia estremamente pericolosa per il raccolto, può trasformarsi da elemento negativo a positivo, sciogliendosi in acqua benefica. La grandine è il simbolo dell'inizio della vita, della materia prima.

Hagalaz dunque rappresenta la ciclicità e la periodicità generativa, come la luna con i propri cicli.

Graficamente la runa in questione ricorda la forma di un cristallo di ghiaccio. Come runa di tempesta ha valenze pericolose, sintetizzabili nella furia degli elementi, il che può essere visto come un risveglio degli istinti primordiali in ciascun essere umano. Hagalaz però è anche runa di ordine e disciplina; è la scintilla di vita che nasce dalla materia inerte, è il ciclo continuo della rinascita ed il sacrificio di sé nelle sue molteplici forme.

Atali non aveva interpetato in maniera letteraria i bei significati antichi del suo simbolo indelebile, l'aveva presa più come una metafora. Eppure era stata la runa stessa a scegliere Atali, sapendo già del suo fato, di come si sarebbe sacrificata per creare un ciclo di rinascita, e della sua estrema potenza oscura all'insaputa di chiunque.

Ebbe un veloce ricordo della sua runa quando si grattò a fatica la schiena, rucordandosi di avere Hagalaz tatuata in quella parte del copro. Il prurito era stato una conseguenza dell'ansia. Era rimasta in piedi difronte a sua madre, immersa nel peggiore dei pianti. Nessuna delle due aveva ancora acceso la luce in cucina, e probabilmente avrebbero continuato a rimanere nel buio, nascoste come prede indifese nel bosco notturno.

«Che idiozia ti stai inventando? Non sono una bambina, non puoi abbindolarmi con una storia di fantasia. Adesso, dimmi davvero cosa sta succedendo. Aveva ragione Amaltea, sei perseguitata da un molestatore?» le disse Atali, innervosita.

Frida mostrò i denti con espressione disturbata. Il piercing in argento nel frenulo labiale superiore la rese misteriosamente bella nonostante le lacrime ed il pallore. Era stata Màirìn a farglielo, pregandola di farle da cavia per far pratica con quel nuovo mestiere.

Atali si concentrò sullo smiley tanto invidiato, a cui Frida non le aveva dato il proprio consenso per farlo.

«E' la verità, e so perfettamente che non riuscirai a credermi finché non avrai delle prove.»

«Mamma smettila, mi stai davvero infastidendo.»

Frida emise un debole lamento frustrato, allontanandosi da Atali come a voler provare a calmarsi. Il fatto, legittimo, che la figlia non le credesse le rendeva tutto maggiormente frustrante.

Oltre al dover raccontare la verità ad Atali si trovava persino costretta a convincerla.

Frida si asciugò le lacrime dalle occhiaie con le dita ben curate, le unghie blu spiccarono per un breve momento vicino ai suoi occhi.

«Perché credi che i Vendicatori siano nostri amici? Non hai mai sospettato della frottola che ti abbiamo sempre raccontato? Sul serio Atali, sei ingenua, se non tramite Loki come potrei io essere collegata a Thor o a tutti gli altri?»

Atali trasalì. Si sentì offesa e vulnerabile: Frida sembrava essere sincere al cento per cento. Il tono nervoso di sua madre stava chiarendo dei punti che le erano sempre stati sospetti e inspiegabili, anche se lei e sua sorella si erano fidate ciecamente della versione esplicata.

Atali e Ardesia - Le rune di Loki ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora