Capitolo 12

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La presenza alle sue spalle divenne presto troppo vicina. Frida sapeva di essersi persa in quell'enorme e vuoto palazzo prima ancora di provare ad orientarsi meglio. Aveva camminato a passo svelto tra i corridoi del piano terra, e poi era salita su una breve rampa di scale, insomma, non aveva la minima idea di come trovare le camere in cui di certo Axel e le sue figlie la stavano aspettando.

Le venne spontaneo muoversi con foga, come se stesse cercando di allontanarsi da qualcuno, perché sentiva dei passi andarle dietro ed una presenza minacciosa starle col fiato sul collo.

Frida non riuscì ad essere lucida, e si fece suggestionare dall'ansia; non aveva la minima idea di chi, in quel luogo di matti, potesse inseguirla. In passato era scappata da diverse situazioni in cui mostri e streghe la volevano braccare perciò fu diffidente da quella camminata singola e pesante.

Presto iniziò persino a correre, guardandosi alle spalle di sfuggita alla ricerca dell'ombra che ormai gli era alle calcagna. Ebbe l'istinto di gridare e chiedere aiuto ma pensò che in quel dannato posto avrbbe potuto peggiorare le cose. In effetti non fu astuta e prudente, tutti quegli anni passati a condurre una vita tranquilla sulla terra le avevano fatto dimenticare l'istinto di sopravvivenza della battaglia.

Sbadata, andò a sbattere con il corpo contro una porta in legno scuro. Per fortuna ammortizzò il colpo con le braccia pronte a proteggerle il viso, ma quell'ostacolo fermò la sua corsa. Frida respirò nervosamente e con fatica, tenendo gli occhi abbassati concentrata su se stessa. Avrebbe dovuto essere agile e pronta a difendersi, e le tornarono alla mente i vecchi insegnamenti di Nebula durante l'allenamento per preparare lei ed Axel ai viaggi nel tempo.

I riflessi arrugginiti di Frida la esposero al rischio; due forti mani le presero le spalle da dietro quasi immobilizzandola. Frida, spaventata, si voltò di colpo sollevando le mani. Con un gesto delle braccia deciso sferrò un attacco al viso dell'uomo alto, che però fu molto più veloce di lei.

Frida sorrise e trasse un sospiro di sollievo.

«Scusa, mi hai spaventata.» disse a voce bassa alzando gli occhi azzurri verso il volto di Axel.

Lui le mostrò dolcezza con un bel sorriso sgargiante, che creò la fossetta alla guancia.

«Hai già accompagnato le ragazze nella loro camera?» gli domandò Frida con la loro solita confidenza. Axel allentò la presa sulle sue spalle, senza però allontanare il tatto dalle braccia tatuate di Frida.

In verità quello non era affatto Axel; Frida, da stupida, si era distratta troppo; avrebbe dovuto riconoscere al primo sguardo l'inconfondibile bagliore di malizia che apparteneva a Loki.

Quello che le stava respirando vicino alla bocca e alla punta del naso non era affatto suo marito. Effettivamente chiunque sarebbe stato ingannato da quella magia perfetta che Loki stava usato per prendere le sembianze del midgardiano.

L'aveva usata parecchie volte nell'arco della sua vita, quando si era trasformato in un serpente ad esempio, oppure quando si era preso gioco di Steve Rogers sulla terra o di qualunque altro personaggio che lui trovava ridicolo.

Stava usando la sua potente magia come mezzo per arrivare a Frida, in un modo o nell'altro. Già, era spietato, meschino e forse anche codardo. Ma la sua ossessione era riavere quella donna tra le braccia, e sentire il suo amore. Se non fosse stato annebbiato dalla presenza oscura dentro di se di certo non sarebbe mai ricorso ad un inganno simile, specialmente usato contro di Frida. Era il suo demone a guidarlo in quelle scelte e azioni discutibili e sbagliate.

L'unica bugia che aveva detto a Frida era stata la prima e l'unica, quella della runa per tenerla con se. Adesso, dopo una vita, stava usando una bugia molto più astuta e infallibile per arrivare allo stesso obbiettivo.

Atali e Ardesia - Le rune di Loki ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora