6. No harm will be done

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-JIMIN-

Anche quella notte non aveva concluso niente.

Aveva avuto grandi aspettative, prima che Hoseok li cacciasse dal suo accampamento con la stessa foga di qualcuno che ha il demonio alle calcagna. Se avesse avuto tempo e voglia avrebbe stilato una lista delle cose che quell'imprevisto aveva mandato all'aria, tra le quali contava un conto in sospeso con il fabbricante di strumenti - un ladro di prima categoria - ed un piacevole fine serata trascorso in compagnia. Non sapeva con chi esattamente, ma era sicuro che avrebbe trovato qualcuno disponibile.

Ma Hoseok aveva rovinato tutto ed il suo umore ormai non combaciava più con gli obbiettivi che si era prefissato per quella serata. Non era successo nulla di eclatante, se tralasciava la fuga frettolosa per tornare a palazzo e la conseguente scarica di paura; nemmeno le parole di Jungkook erano riuscite a smuovere la curiosità che lo avevano animato per tutto il tragitto per arrivare nel bel mezzo del bosco. Era rimasto sorpreso dal tono che aveva usato il suo amico prima di lasciarlo, soprattutto perché Jimin non aveva visto nulla tra le fiamme che non fossero state scintille roventi e lingue di fuoco che gli avevano accecato e fatto diventare lucidi gli occhi. Sapeva quanto Jungkook fosse scettico riguardo tutto ciò che riguardava la magia, era uno dei motivi principali per cui aveva insistito affinché lo accompagnasse dallo stregone, e vederlo con un'espressione così afflitta dall'incertezza gli aveva fatto nascere in petto un forte senso di soddisfazione verso sé stesso; questo prima che la delusione lo travolgesse come uno di quei carri pieni di merci del Re che entravano a palazzo senza curarsi di chi si trovava davanti al loro cammino.

Forse Jungkook non era nel torto, non completamente almeno. Aveva posto tutto il suo interesse di quegli ultimi mesi in quell'incontro con lo stregone, con la speranza che almeno la magia avesse potuto illuminare la foschia che era la sua vita in quel momento, a farlo uscire dal quel circolo di doveri, vizi, intrighi e denaro che l'essere bardo comportava. Anche se, di denaro, non ne vedeva molto.

Era sicuro che, se non fosse stata per la peculiare amicizia tra lui ed il principe Jungkook, sarebbe morto di fame prima di quanto i suoi defunti e non compianti genitori avessero potuto sperare. Da quando si erano accorti di quanto entrambi fossero soli, non c'era stato un solo giorno in cui la presenza di uno non avesse alleviato i dispiaceri dell'altro senza mai sfociare in sentimentalismi o relazioni fuori luogo. Avevano avuto bisogno di un amico e di quello loro erano contenti. Le maldicenze e malelingue che si vociferavano a palazzo riguardo la loro amicizia li toccavano meno di quanto fosse sufficiente a preoccuparli e, finché il sovrano gradiva le sue composizioni e chiedeva di lui, Jimin non aveva nessuna intenzione di lasciare il palazzo e il poco profitto che riusciva a ricavarne. 

La sera prima si era addormentato dopo essersi svestito frettolosamente di mantello e stivali, mettendosi sotto le lenzuola ruvide con ancora indosso i pantaloni e la camicia, il sonno tormentato dalle conseguenze di quella loro scappatella notturna. Sognò mostri rincorrerli per il bosco, mani che gli afferravano i capelli facendogli lo scalpo, e urla che lo fecero svegliare di soprassalto alle prime luci dell'alba. Quando si rese conto di essersi svegliato e di non riuscire più a prendere sonno, si mise a sedere con una mezza imprecazione mentre si passava una mano tra i capelli. Si appoggiò con le spalle al muro per qualche istante, per elaborare il fatto che sì, si trovava nel suo letto, e che no, nessun mostro demoniaco era sorto dagli inferi per strappargli di testa i suoi amati capelli. L'anima, piuttosto.

Si sciacquò velocemente il viso prima di posizionarsi davanti allo specchio, guardandosi con fare critico e sistemandosi capelli con un pettine che gli aveva dato Jungkook. Se solo ci fosse stato un modo per farli diventare rosa avrebbe accettato qualsiasi compromesso senza nemmeno saperne il prezzo; si era immaginato così tante volte che ormai era sicuro che sarebbe stato bene con quel colore, ma non conosceva alcun metodo che gli colorasse i capelli in maniera anche solamente effettiva. Gli piaceva essere biondo, ma non c'era nulla di troppo particolare in quel colore, almeno non particolare come quello di Kim Namjoon: quel ragazzo aveva appena ventisei anni ed aveva i capelli più grigi della maggior parte degli anziani che Jimin vedeva in paese il giorno di mercato. Non doveva essere uno scherzo essere la guardia personale di Jungkook.

Dark Wings - TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora