15. Naming the untold

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-JUNGKOOK-

Il mercato quella mattina sembrava la rappresentazione del suo umore cupo e spaventato.

 C'era molta gente per strada, ma erano in pochi a tenere lo sguardo alto e ad incrociare gli occhi con quelli degli altri passanti, camminando a testa bassa da una bancarella all'altra, parlando lo stretto necessario per portare a termine i propri acquisti e tornare a casa. Il cielo era coperto da dense nuvole grigie, l'aria fredda era attraversata dalle voci dei commercianti e dal clangore delle spade delle guardie reali che sbattevano contro le loro armature, mentre perlustravano le vie del villaggio con una caparbietà che aveva visto solamente nei soldati Kim Seokjin e Kim Namjoon.

Le case costeggiavano la strada animata da banchi e carretti, ergendosi solide a confine tra una proprietà ed un'altra, delineando le vie secondarie che portavano alle abitazioni dei popolani meno abbienti. Jungkook si fermò all'improvviso e chinò la testa, facendo scivolare il cappuccio per nascondere ulteriormente il volto al passaggio di due guardie e fingendo un estremo interesse verso un fermaglio per capelli al quale, in una situazione normale, non avrebbe degnato nemmeno uno sguardo; cercò di curvare il più possibile la schiena nel tentativo di non attirare l'attenzione su di sé, ignorando i dolori ai muscoli stanchi e stringendo forte le palpebre per cercare di dissipare il gonfiore sonnolento che gli segnava il viso.

Le prospettive per quella prima notte su un letto dopo giorni in cui aveva dormito sul terreno duro e umido della foresta erano state molto più rosee nella sua testa rispetto a quello che, effettivamente, si ritrovò a dover sopportare.

Nella sua mente si era aspettato l'accoglienza di un preoccupato Jimin, che lo avrebbe fatto riposare e, successivamente, condotto dallo stregone per lasciare a lui il compito di far tornare V da dove era venuto. Si era immaginato uno dei soliti piatti dell'amico, modesto ma che gli avrebbe riempito la pancia, e aveva sperato di poter parlare con il ragazzo di tutto quello che gli era successo, perché Jungkook a stento riusciva a chiudere gli occhi senza sentirsi strano - mentalmente, moralmente e fisicamente.

Aveva creduto di poter rivedere Jimin e di trovarlo in salute, magari sotto stretta sorveglianza di Namjoon e Seokjin, di potersi togliere quel peso che le sue spalle ormai faticavano a trascinare e che lo rendeva nervoso come se fosse seduto su un letto di chiodi.

Ma quella era stata una notte turbolenta.

Non aveva nulla a che fare con la foga e la paura della notte in cui era fuggito da palazzo, non era quella la sensazione che lo aveva reso inquieto ogni minuto che aveva passato nella casa di Jimin. Gli avvenimenti di quella sera lo avevano lasciato quasi tramortito dalla rapidità in cui si erano succeduti, ed il comportamento di V non aveva aiutato Jungkook a calmarsi e cercare di ragionare razionalmente. Non per molto, almeno.

Il demone non aveva più ripreso conoscenza, ma era rimasto in uno stato agitato e febbricitante che aveva portato la pelle del ragazzo a diventare ancora più pallida, lasciandogli come unici colori le labbra rosee e la fine rete scura delle vene che gli segnavano il viso, il collo ed il dorso delle mani affusolate. Non si era ripreso, ed era stato così male che Jungkook si chiese più volte come facesse ad essere ancora vivo. Non aveva smesso di agitarsi nemmeno un istante, mugolando ininterrottamente parole incomprensibili e flettendo ogni muscolo del corpo, stringendo le palpebre come se fosse stato in preda al più atroce dei dolori. 

"Avete un ottimo gusto, Signore."

Jungkook alzò distrattamente lo sguardo nascosto dal cappuccio, intravedendo il viso arrossato dal freddo della giovane donna dietro la bancarella, il sorriso lezioso mentre cercava di sbirciare al di sotto della stoffa scura per scorgergli il viso.

Dark Wings - TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora