Capitolo Tredici

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Apro gli occhi con una strana sensazione che mi assale lungo tutto il corpo. Mi metto seduta e un dolore lancinante alla testa mi fa stendere si nuovo.

-Finalmente ti sei svegliata- Dice una voce maschile alla mia destra. Mi volto e incontro gli occhi azzurri di Damon.

-Sono all'inferno?- Domando non capendo dove sono. 

Cerco ancora una volta di mettermi seduta ma senza successo.

-Piano. Sei ancora debole- Mi dice dolcemente aiutandomi a mettermi seduta e aggiustando il cuscino dietro la mia schiena. 

-E no, non sei all'inferno. Sei in ospedale, tanto per cambiare. Hai avuto un'incidente, sei caduta dal Riggle Bridge e sei finita in acqua- Dice come se niente fosse.

-E perchè ci sei TU qui e non la mia famiglia?- Domando sorpresa.

-Perchè ti ho trovata io- Dice come se la risposta fosse ovvia.

-Tu cosa ci facevi sul ponte?- Gli domando interrogativa.

-Stavo facendo una passeggiata....- Mente lui. Capisco quando mente perchè non è molto bravo a farlo.

-Davvero? Questa è la scusa migliore del tuo repertorio?- 

-Okay, avevo fame e sono uscito- Dice alla fine.

Fame. Quella che ho io in questo momento. Proprio in quell'istante il mio stomaco inizia a brontolare rumorosamente.

-Da quando non mangi?- Mi domanda avendo sentito il mio stomaco.

-Ieri mattina credo. Ho passato molto tempo svenuta e vegabonda per pensare a mangiare-

-Vado a prenderti qualcosa Miss Simpatia. Non muoverti da qui- Si raccomanda avvicinandosi alla porta della stanza.

-Dove vuoi che vada?- Gli domando alzando le braccia in modo da fargli capire in che posto mi trovo.

Damon esce dalla porta chiudendola a chiave.

Quando non riesco più a stare in quel letto che mi ha accolto abbastanza mi alzo un pò traballante ma subito ritorno normale.

Quando la stanza è nel silenzio assoluto mi accorgo che si sente un leggero ronzio che sembra interminabile.

Mi guardo attorno e noto che sul comodino alla mia sinistra c'è una piccola lampada accesa. Mi avvicino di più cercando di capire perchè produce quel fastidiosissimo rumore che entra nelle mie orecchie e tortura i miei timpani. 

Mi assale un momento di rabbia e come un fulmine stacco la lampadina e la frantumo in mille pezzi nella mia mano.

Alcune schegge di vetro cadono a terra altre si conficcano nella mia mano. 

La porta si apre all'improvviso e subito incontro lo sguardo preoccupato e sorpreso di Damon.

Mi raggiunge velocemente e prende la mia mano tra le sue.

-Ma che hai fatto?- Mi domanda spazzolando via le schegge dal mio palmo.

Neanche il tempo di togliere via i frammenti che hanno lacerato la carne che essa si rimargina da sola lasciando solo delle piccole chiazze rosa che, dopo poco, svaniscono.

-Temevo che sarebbe successo- Dice Damon sbiancando e tastando ancora il mio palmo.

-Cosa... io non capisco... O mio Dio sto morendo di fame- Dico e mi catapulto sul vassoio di cibo che Damon mi ha portato.

-Resta qui, io devo chiamare qualcuno. Non muoverti Elena. Guardami! Promettimi che non ti muoverai da questa stanza- Mi prende il volto tra le mani inchiodando i suoi occhi nei miei.

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