Capitolo 1

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Aprii gli occhi e mi guardai intorno. La luce filtrava dalla finestra e si scontrava contro i piedi del letto, ricordandomi di dover andare al lavoro anche quella mattina e che ero probabilmente in ritardo.

Non avevo nulla addosso, ero coperta solo dal sottile lenzuolo bianco che si trovava sul letto.

Sbadigliai e cercai di dire qualcosa, ma tutto quello che uscì dalla mia bocca fu un suono impastato e indecifrabile.

Appoggiai la mia mano sul cuscino che si trovava a destra, sperando di toccare qualcosa, ma senza aprire gli occhi.

Sentii un mugolio e il mio dito toccare le narici di Steve, che mi prese la mano e mi lasciò un dolce bacio sul suo dorso.

«Potevo avvisare, non mi sarei soffiato il naso ieri sera» sorrise, accarezzandomi la guancia con un dito.
«Che schifoso...» ridacchiai, pulendomi la mano sul suo cuscino. «Che ore sono?»
«È tardi, dobbiamo andare... faremo colazione in ufficio» sospirò stanco, alzandosi e camminando per arrivare dalla mia parte del letto. «Sveglia scimmietta.»

Mi prese in braccio e mi portò in cucina, dove mi fece sedere su uno sgabello.

«Mi prepari il caffè?» chiese, dandomi un bacio sulla guancia.

Mi fece il solletico con la barba e sparì in bagno. Sentii lo scarico del water e l'acqua del lavandino scorrere, così mi alzai a malavoglia e mi avvicinai alla macchina del caffè per prepararne due tazze da bere lungo la strada.

Urlai a Steve di sbrigarsi e tornai in camera per prendere dei vestiti: Steve continuava a non uscire dal bagno, così entrai insieme a lui e ignorai la sua presenza.

«Hey!» urlò, coprendosi il corpo.
«Ti vedo nudo ogni giorno da quasi undici mesi, Steve, e non è mai stato un problema...» ironizzai, lavandomi il viso con dell'acqua fredda.

Mentre mi vestivo Steve si era recato in salotto, pronto per andare al lavoro, dove seduto sul divano leggeva comodamente il giornale.

Camminavamo l'uno accanto all'altro, ignorando i flash dei giornalisti e le persone che di tanto in tanto urlavano per strada.

«Ugh, i giornalisti... non possono farsi una vita loro e ignorare noi?» mi lamentai, accelerando il passo.
«Ammettilo, un po' ti piace....»
«Wow Steve, dopo così tanto tempo pensavo che mi conoscessi meglio...»

Gli diedi una piccola spinta e aprii la porta del palazzo di Tony, salutando la segretaria dietro il bancone e chiamando l'ascensore.

Le porte metalliche si chiusero intrappolando me e Steve, che ne approfittammo per scambiarci teneri baci.

«Siete in ritardo!» esclamò Tony quando le porte si aprirono, spalancando le braccia.
«Scusate, siamo andati a letto tardi» tagliai corto, sedendomi accanto a Wanda. «Abbiamo qualcosa di importante da fare o posso andare in palestra?»
«Sei libera di andare, ti chiamiamo se succede qualcosa, ok?»

Annuii e mi alzai per raggiungere la palestra, dove rimasi per quasi tre ore.

«Steve, Nat, avete una missione sotto copertura da Fury! Va a farti una doccia velocemente, abbiamo tempo.»

Dopo essermi preparata ed essermi vestita comodamente e anonimamente, io e Steve ci recammo in un bar lontano dal centro.

Dovevo sedurre un uomo e portarlo a confessare per impossessarmi di una chiavetta USB che portava sempre con se, mentre Steve era venuto solo per noia e voler essere d'aiuto in ogni situazione.

«Buona fortuna» disse, entrando nel bar e sedendosi in un angolo.

Io mi sedetti accanto al mio obiettivo, che stava bevendo un caffè, e ne ordinai uno per me.

«Hugo Boss fa dei bellissimi tux, vero?» sorrisi prima di ringraziare il barista per la mia tazza di caffè.

Mi girai verso il moro, che mi guardava incuriosito, e continuai a spiegare.

«Quello che indossa. È Hugo Boss o ho fatto solo una figuraccia?»
«Ha ragione, invece» si limitò a dire, sempre più interessato.
«Deve essere ricco per indossare cose simili per andare semplicemente a prendere un caffè.»
«Sono solo molto fortunato. Piacere, Tyler James. E per piacere, dammi del tu.»
«Veronica Jones.»

Mi strinse la mano e mise mano alla tasca della giacca, dove prese un portafogli nero.

Posò una banconota da dieci dollari sul bancone e la diede al barista, dicendogli di tenere il resto.

«È la prima volta che vieni in questo bar? Non ti ho mai vista prima» sorrise seducentemente.

Il piano stava andando a gonfie vele, riuscivo quasi a leggergli la mente e a capire che tutto quello che voleva era togliermi i vestiti di dosso.

«Sono solo di passaggio. Vivo in Kentucky, tornerò li tra qualche giorno.»

Continuammo a chiacchierare e a flirtare, quando notai la preziosa chiavetta sbucare dalla tasca della giacca, dove teneva il telefono.

«Vuoi che ti lasci il mio numero? Chissà, magari potrei chiamarti la prossima volta che sono in città» chiesi dopo diverse battute provocanti.

Fece per prendere il suo telefono, ma lo fermai e mi sporsi io verso la tasca scura.

Estrassi con sensualità il dispositivo e tentai di distrarlo per prendere la chiavetta, ma senza riuscirci. Fui costretta a continuare a stare al gioco, fino a quando lui prese la mia mano e la strinse con violenza.

«Io lavoro proprio qui sopra, e a quest'ora il mio ufficio è vuoto» sorrise con passione, senza lasciare andare la mia mano.

Un secondo dopo l'obiettivo si trovava a terra, svenuto, colpito da un pugno che aveva sferrato Steve, fermo di fronte a me.

«Hey!» urlò il barista. «Niente violenza in questo posto!»

Dovetti uscire di lì prima che i presenti cominciassero una rissa o che il proprietario chiamasse la polizia, così mi chinai velocemente sulla tasca e presi la chiavetta USB.

«Si può sapere cosa cazzo ti è preso, Steve?» esclamai arrabbiata, mentre tornavamo in ufficio.
«Ti ho protetta, Nat, chissà cosa sarebbe successo dopo!»
«Stava andando tutto secondo i piani prima che la tua iperprotettività colpisse!»
«Quello era 'andare secondo i piani'? Ti stava per rompere una mano, accidenti! Un secondo dopo avrei visto la mia ragazza baciare uno sconosciuto!»
«Non possiamo essere partner sul lavoro se continui a comportarti così, capisci?»
«Cosa avrei dovuto fare, guardare quel tizio baciarti e rimanere impassibile, uh?»
«Devi imparare a controllarti! Io mi so proteggere benissimo, e il lavoro è il lavoro! Non ho bisogno di un babysitter, non ho bisogno di te!»

Steve si fermò e mi guardò camminare via senza dire una parola, mentre tutto quello che volevo fare io era urlare o dare un pugno a qualcuno a causa della rabbia che mi ribolliva dentro.

///

«Non vi parlate da quando siete tornati, sicuri che vada tutto bene?» sussurrò Wanda, guardando Steve.
«Per la millesima volta, si! Va tutto bene» sibilai a denti stretti. «Me ne vado.»
«Vengo con te» disse immediatamente Steve, alzandosi.
«Non devi venire ovunque vado.»
«E se io volessi?»
«E se io non volessi? Mi stai sempre intorno, quando mi giro ci sei tu, quando decido di venire al lavoro ci sei tu, quando torno a casa ci sei sempre tu. Ho bisogno dei miei spazi, Steve, non puoi essere sempre con me! Mi stai soffocando, non lo vedi?!» ribattei dopo aver chiamato l'ascensore.

Ancora una volta Steve non disse nulla, ultimamente era tutto quello che riusciva a fare: rimase in silenzio e continuò a guardarmi fino a quando le porte si chiusero completamente, mentre tutto quello che cercavo di fare io era non incrociare i suoi occhi con la paura di scoppiare e cominciare ad urlare.

Mistakes || Natasha Romanoff  & Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora