Capitolo 15

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STEVE

Natasha era appena scomparsa quando sentii dei rumori provenire da una stanza.

Mi avvicinai incuriosito e notai delle ragazze in fila indiana rivolte verso di me, ma ignare della mia presenza. Avevano davanti a loro uno specchio, e dall'altra parte c'ero io.

Non potevano avere più di quattordici anni e avevano la paura negli occhi. Un uomo si avvicinò ad una ragazzina con i capelli castani e le appoggiò un bastone sulla spalla. Lei deglutì e lo raggiunse al centro della stanza, dove venne legata ad una sedia.

Anche un'altra ragazzina venne scelta, e questa volta la giovane dai capelli mori si avvicinò ad uno scaffale su cui erano appoggiate diverse armi e ne scelse una: un coltello, piccolo e quasi innocente, ma sapevo che ogni cosa poteva essere trasformata in un l'arma per uccidere li dentro.

Lei si avvicinò alla compagna e la vidi mormorare qualcosa a testa bassa, poi cominciarono a combattere. La poveretta legata alla sedia si alzò e schivò i tentativi dell'altra di accoltellarla, poi si buttò sul pavimento e ruppe il manufatto di legno.

Con un calcio la castana tolse il coltellino dalla mano dell'avversaria, che con rabbia cominciò uno scontro corpo a corpo più furioso di prima.

Mentre erano entrambe sul pavimento, respirando velocemente e tirandosi calci e pugni, la mora si allungò verso il coltellino e con un movimento fulmineo lo affondò nella spalla della compagna, che si contrasse dal dolore.

Il maestro batté la mani per segnare la fine dello scontro e ordinò a due ragazzine della stessa classe di portare l'infortunata a farsi bendare. Si avvicinò poi alla vincitrice e le posò una mano sulla spalla sorridendole, un gesto che lei ricambiò.

Riuscivo finalmente a vedere perché a Natasha le parole di Ivan stavano così a cuore. Vivere in quel luogo era una lotta alla sopravvivenza, quindi essere la preferita del maestro significava aver speso nel modo migliore gli anni peggiori della sua esistenza. E significava che Natasha era la migliore ad uccidere.

Ivan mi passò accanto proprio in quel momento, così ne approfittai per fargli un paio domande sulle bambine e su Natasha.

«Salve, scusi se la disturbo, ma vorrei sapere qualcosa di più della bambina di cui ha parlato prima... la sua storia mi sembra interessante.»
«Oh, la mia piccola Natalia... ho sempre tempo per parlare di lei.»

Mi fece entrare in una stanza con delle foto appese di Natasha, sin da quando era piccola.

«Natalia è stata lasciata qui quando era piccola. Mi è sempre sembrata un'ottima recluta: intelligente, scaltra, bella... tutte qualità che cerchiamo nelle bambine. Nelle prime settimane ha semplicemente conquistato il mio cuore. Di solito non do una pistola ad una bambina così piccola, ma mi sono fidato di lei» sorrise con orgoglio, guardando le foto di Natasha.

In una di queste Ivan le stava dando la sua prima pistola, che in confronto al suo esile corpo sembrava enorme. Aveva già i meravigliosi capelli rossi che la contraddistinguevano e gli enormi occhi verdi di cui mi ero innamorato.

Sorrideva felice, forse ancora troppo piccola per capire verso quale orribile destino stava andando incontro.

«E Nat-alia, ha ucciso molte persone?» chiesi, osservando con lui tutte quelle foto.
«Tantissime. Ora ha solo diciannove anni ma è stata attivata prima delle altre. È l'agente di punta del KGB, pensiamo di usarla per finire S.H.I.E.L.D. È una nuova agenzia che ci ha già dato molti problemi, pensiamo di mandare Natalia negli Stati Uniti per darci un taglio. Ora mi scusi, sono in ritardo, mi saluti il responsabile» concluse lui, lasciandomi da solo nella stanza.

Esaminai delle altre foto: in una Natasha aveva la sua tuta addosso e sembrava orgogliosa e felice di andare finalmente fuori, nel mondo esterno. In un'altra si allenava con le altre bambine, nella danza, nella box, nel Kung-Fu.

Presi velocemente la foto di Natasha da piccola e la infilai nella tasca della giacca, poi tornai nel corridoio.

Sentii delle voci e mi avvicinai ad un'altra camera, dove vidi una ragazza dai capelli rossi lottare contro due uomini. Uno di loro avvolse il suo esile collo con le sue grosse braccia e strinse, così lei gli diede due pacche per liberarsi e riprendere fiato.

«La cerimonia è necessaria. Per te e farti trovare un posto nel mondo» disse una donna, insoddisfatta del suo lavoro.
«Non ho alcun posto nel mondo...» mormorò lei, alzando lo sguardo e guardando me.

La ragazza rossa era Natasha.

Riuscivo a vedere la tristezza nei suoi occhi, e con quelli anche la disperazione e la voglia di ribellarsi, motivo per cui lei scappò qualche anno dopo e divenne parte dei buoni.

Natasha riprovò a mettere KO quei due uomini, e ci riuscì nonostante la loro corporatura fosse il doppio rispetto alla sua.

Poi Natasha prese in mano una pistola e si avvicinò ad un ostaggio.

Mentre lei lo rendeva sempre più fragile, lo faceva sentire in colpa, lo distruggeva emotivamente utilizzando solo la sua voce, capii quanto in quelle parole c'era tutto il disprezzo che provava verso se stessa e verso quel posto.

Poi uno sparo e il corpo a terra.

Natasha venne fatta sdraiare su un lettino e venne portata via. La seguii con lo sguardo, attraverso un corridoio spaventoso e all'interno di una sala operatoria.

Vidi tutto. Le lacrime che le scorrevano sulle guance, i suoi occhi aperti e allarmati.

Volevo entrare e salvarla da quell'inferno, anche se consapevole che non avrebbe cambiato il suo futuro.

E in quel momento, mentre i miei occhi non stavano guardando un'assassina ma una ragazza a cui era stata strappata l'infanzia, me ne resi conto. Per quando avessi provato a nascondere i miei sentimenti e ad allontanarmi da Natasha, il mio cuore era sempre appartenuto a lei.

La amavo, e sentimenti forti come quelli non scomparivano così velocemente.

Anni prima ero caduto nel ghiaccio proprio dopo aver pensato di aver incontrato l'amore della mia vita, ma dopo aver incontrato quella donna così speciale avevo capito si avere sbagliato. Era lei l'amore della mia vita, l'unica persona che contava e con cui avrei voluto spendere il resto della mia vita.

Presi il taccuino e disegnai per far passare il tempo: disegnai Natasha, Bucky, Sam, Wanda, persino un uomo sulla cinquantina che era appena passato chiedendo della figlia.

E la mia mente viaggiava, immaginava e sognava. E in ogni pensiero che mi passava per la testa c'era lei: Natasha.

Mistakes || Natasha Romanoff  & Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora