Capitolo 3

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Ancora mi chiedo se tornare sia stata la cosa più giusta da fare. 

Ma non ce la facevo più. Mi sentivo soffocare senza di lui. Avevo bisogno di rivederlo. Mi mancava come l'aria. Anche solo vederlo da lontano, ho pensato che sarebbe stato abbastanza dato che non penso voglia ancora rivolgermi la parola. E anche volendo non possiamo. Io non posso. 

Lasciarlo è stata la cosa più difficile che io abbia mai dovuto fare in tutta la mia vita. 

Lo amo. L'ho sempre amato e sempre lo amerò. 

E fa male. Fa tanto male doverlo vedere in queste condizioni. Vorrei solo poter correre da lui e abbracciarlo. Stringerlo a me e dirgli che andrà tutto bene. 

Non ho mai pianto in vita mia, almeno fino a quando non l'ho incontrato. E' stata la cosa migliore che potesse capitarmi. I due anni trascorsi insieme sono stati i migliori della mia vita. Con lui ho imparato cosa vuol dire davvero amare e lasciarsi andare alle proprie emozioni. 

Con lui ho conosciuto l'amore, tanto amore, ma così tanto amore porta con se anche tanta sofferenza quando ci si lascia specialmente quando si è costretti a lasciarsi. 

Il giorno in cui l'ho lasciato, per me è stato il peggiore. Non ricordo un solo minuto di quella giornata in cui io non abbia pianto. E così è stato anche per tutto questo anno. 

Vederlo da lontano e non poter stare vicino a lui, parlargli, baciarlo, sfiorarlo.. fa male. Mi fa male il cuore. 

Non mi aspettavo però di trovare questo. Il Justin che avevo lasciato un anno fa, non era così. I suoi occhi non erano così. Ora sono vuoti. Inespressivi. Privi di qualsiasi colore o sentimento. 

Io li ricordo com'erano i suoi occhi. Erano i più belli che io avessi mai visto. Così vivaci e colorati. Ti facevano provare emozioni che non pensavi saresti mai in grado di provare. 

Così come lo era lui. Sempre sorridente. Felice. E la sua risata.. non parliamo della sua risata. Contagiosa. Allegra. Rumorosa, che avresti potuto sentirla anche a chilometri di distanza, ma comunque saresti stato in grado di riconoscerla, perchè unica. 

Almeno fino a quando... Ryan.

Ora sono qui, con lo sguardo fisso su di lui. Il suo volto è pieno di lividi. Sembra che qualcuno lo abbia pestato. 

Che cosa ti è successo Justin? 

Vorrei correre da lui ed un primo istinto l'ho avuto e mio padre se n'è accorto, infatti mi ha preso per un braccio. 

"Isaac." 

Non ho il coraggio di dire niente. Non posso. 

Mi sento imprigionato. In gabbia. Lui è la mia gabbia. Mio padre. 

"Che cosa gli ho fatto?" sono sconvolto. Pensavo di averlo solo pensato, invece, anche se era quasi un sussurro, mio padre lo ha sentito. 

"Isaac. Fattela passare. Per favore." 

Mi volto e non resisto. 

"Va a quel paese"

Mi giro e vado via lasciandolo lì. 

Entro nella scuola e subito Kate mi viene incontro 

"Ehi tesoro tutto bene?" 

"Lasciami in pace Kate, non è giornata"

Vedo il suo sguardo sconcertato e offeso per la mia risposta. Lo ammetto. Sono stato sgarbato, ma sto esplodendo. La sua mancanza man mano mi sta distruggendo sempre di più. 

Non ho proprio la testa per seguire le lezioni oggi, infatti non faccio altro che pensare a lui, il mio punto fisso. La mia ancora. Il mio cuore. Justin. 

Ripenso a stamattina. Ripenso al primo giorno di scuola quando ho visto il suo volto dopo così tanto tempo ed era quasi irriconoscibile. Ripenso alla frase che ha detto alla signorina Diaz 

"Io non ho un futuro. Non più." 

Cosa voleva dire? Ha rinunciato a tutti i suoi sogni? Ha rinunciato e basta? 

Oh Justin! Come vorrei poterti parlare! Ho così tante cose da dirti. Da chiederti. 

Ma la più importante che vorrei dirti è che ti amo e non ho mai smesso. 

Una piccola lacrima scende dal mio occhio, che mi affretto subito a togliere prima che qualcuno possa rendersene conto. 

Sto soffocando. 

Mi manca l'aria. 

Ho bisogno di uscire. 

"Posso andare al bagno?" alzo la mano e chiedo il permesso per uscire. Non so quanto ancora io possa resistere. 

Le mani stanno iniziando a tremare, così come le gambe. Inizio a vedere tutto appannato e il respiro si fa sempre più pesante e irregolare. 

Non di nuovo. Non qui. 

Non voglio farmi vedere da nessuno con un attacco di panico, così inizio a pensare in quale posto io possa nascondermi e che mi faccia prendere aria. 

Inizio a salire le scale e spalanco la porta del tetto. A passi veloci mi affretto ad arrivare alla ringhiera. 

Inizio a fare grandi respiri. Chiudo gli occhi cercando di tranquillizzarmi. So qual'è l'unico modo in cui io possa farlo. 

Così mi metto a pensare a Justin. Ai nostri ricordi più belli. A quelli più felici. Alla sua risata. Ai suoi occhi. Alla sua voce. 

Piano piano riesco a calmarmi e apro gli occhi. 

La vista da qui è bellissima. 

"Quando hai finito e te ne vai, chiudi la porta, così non rischio di essere scoperto" 

Mi spavento.. non pensavo ci fosse qualcuno qui a quest'ora. Però...

Conosco questa voce. Ho appena pensato a lei per calmarmi. 

Mi giro e trovo seduto appoggiato al muro lui. 

Vedere quei lividi è come ricevere un pugno nello stomaco. 

La tentazione di correre da lui è forte. Ma non posso. 

Non riesco nemmeno a pronunciare come si deve il suo nome, infatti lo dico sussurrando, sperando che lui non riesca a sentirlo. Sperando che lui non riesca a sentire il battito impazzito del mio cuore. O forse ci spero, così magari potrebbe arrivargli quello che non posso dirgli a voce. 

Ma non sarebbe giusto nei suoi confronti. Non più. Non dopo quello che gli ho fatto. Non dopo quello che è successo. 

"J-Justin.." 

"Ok.. se non hai intenzione di andartene tu, me ne vado io." 

Lo vedo alzarsi con difficoltà, il viso è sofferente. Una sua mano è sulle costole di destra. 

Chi gli ha fatto questo? Perchè? 

Lo vedo raccogliere lo zaino da terra e andare via. 

Guardo le sue spalle che piano piano spariscono dietro la porta. 

Lontano da me. 

E io non ce la faccio. Crollo. Come sempre ormai. 

Crollo non solo emotivamente ma anche fisicamente. 

Mi accascio a terra e un pianto incontrollato inizia a scuotermi ovunque distruggendo un altro piccolo pezzo di anima e di cuore che ormai appartengono solo a lui. 

Rimango su quel tetto non so per quanto a piangere disperato, almeno fino a quando Kate non mi trova e corre da me

"Oh Isaac!! Shh.. non ti preoccupare! Andrà tutto bene!" 

Cerca di consolarmi massaggiandomi la schiena e stringendomi in un abbraccio. Ormai è questo quello che accade da un anno a questa parte. 

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