diacesette (汚ぃぶ)

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La mattina sembrava una continuazione della sera precedente, senza distinzione, come se il tempo stesso si fosse fermato in una sorta di eterno presente. Jungkook lo sentiva chiaramente, un'assenza di confini tra ciò che c'era prima e ciò che veniva, in quel giorno che si stagliava sopra ogni altro. Le giornate di scuola, quando non si avevano impegni seri o orari da rispettare, erano per lui un flusso continuo, ininterrotto, come un sorbetto persiano che si scioglie senza mai fermarsi. La luce calda e i suoni lontani, tutto si mescolava in una condizione di perenne dolcezza, ma con un retrogusto acido che lo faceva sentire sempre un po' fuori posto, come se fosse sempre in bilico tra l'accettazione e il rifiuto.

In quel momento, però, non pensava a nulla di tutto ciò. Era immerso nel caos della risata che lo circondava, la risata di Jimin, che trovava sempre un motivo per ridere anche alle battute più assurde, quelle che gli altri avrebbero ignorato. Eppure, quella risata, così pura, lo stava attirando sempre di più. Non c'era niente di forzato, di costruito. Jimin rideva come se il mondo fosse un posto ancora bello e innocente, mentre Jungkook sentiva la pressione delle aspettative, della perfezione da mantenere, che lo stava lentamente logorando.

La sua mano si fermò per un momento sull'aria, mentre pensava a cosa fosse accaduto negli ultimi giorni, quei piccoli attimi che lo avevano sorpreso. Il biondino, sempre più vicino, sempre più presente, gli stava entrando nella testa senza nemmeno rendersene conto. Ma c'era qualcosa di più che lo turbava, qualcosa che aveva a che fare con quel legame non detto tra loro, un'intesa che non era mai stata esplicitata, ma che entrambi sentivano.

Il gruppo, come sempre, si riuniva attorno a lui, mentre il fumo di sigaretta di Jin si mescolava con le risate e le chiacchiere. L'atmosfera era quella di sempre: rilassata, distesa, ma con quel sottofondo di tensione che era sempre presente nei momenti in cui il gruppo si trovava a fare qualcosa di semplice come mangiare insieme.

Jimin, da parte sua, sembrava aver trovato il suo posto tra di loro. Ma c'era sempre quella sensazione di fragilità, come se non appartenesse veramente a quel mondo di ragazzi che sembravano così perfetti, così distanti da lui. La sigaretta che Jin gli porgeva, il gesto di Yoongi che gli sorrideva con uno dei suoi soliti sorrisi enigmatici, tutto sembrava sfiorarlo senza davvero toccarlo. Il suo sorriso imbarazzato, quel suo rifiuto nel rispondere a Yoongi, tutto ciò creava una piccola distanza che però non faceva altro che rendere Jungkook ancora più nervoso.

Quando Yoongi lo incalzò, chiedendo se volesse provare, Jimin sembrò per un momento in bilico, indeciso, ma poi si tirò indietro. "Non ho mai fumato in vita mia," rispose, ma c'era qualcosa di fragile in quella risposta. Un segno che forse voleva adattarsi, che forse quella spinta verso la trasgressione, quella spinta che lui sentiva provenire da tutti, lo stava mettendo a dura prova.

Fu Jungkook a intervenire, con la sua mano che afferrò quella di Jin, fermando il movimento. Il gesto era tanto deciso quanto brusco. "No," disse con fermezza, fissando il suo amico negli occhi. "Non glielo far fare."

Un silenzio imbarazzante cadde sul gruppo. Le voci si spensero per un attimo, e tutti guardarono la scena, lo sguardo di Jungkook che non si distoglieva da Jimin. L'atmosfera era tesa, ma c'era anche qualcosa di incomprensibile nell'aria, come se quella semplice interazione fosse in realtà qualcosa di più.

Yoongi, sempre provocatorio, sollevò un sopracciglio. "Ricorda, Kookie, non decidi tu per Minnie."

Jungkook rispose con una calma glaciale, ma le sue parole tradivano una certa inquietudine. "Non mi interessa, ho detto no."

E lì, nello spazio tra le parole, tra lo sguardo di Jungkook e quello di Jimin, c'era un qualcosa di non detto, una carica emotiva che li legava in quel momento. Non servivano più parole, né battute né sigarette. Solo quegli occhi che si incontravano, provocatori ma anche vulnerabili, che raccontavano più di qualsiasi frase. Jimin abbassò lo sguardo, ma Jungkook poté vedere quanto fosse agitato, quanto tutto quel silenzio tra loro stesse facendo crescere una tensione che nemmeno lui riusciva a controllare.

"Ho detto di no," ripeté Jungkook, stavolta più a se stesso che agli altri, come se avesse bisogno di sentirlo per credere nelle sue stesse parole.

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