trentadue (ヌぐ移)

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Il tempo sembrava sempre sfuggire tra le dita di Jungkook, eppure ora, di fronte alla figura di Jimin, ogni secondo che passava sembrava più pesante. Aveva sempre avuto una visione cinica del tempo: qualcosa che sfiorava solo la superficie della sua vita, senza mai davvero toccarla. Ma oggi, con quel minuto che sembrava voler scivolare via senza permettergli di fare nulla, Jungkook si trovava a fare i conti con la realtà, con il bisogno di rimediare a qualcosa che aveva innescato senza rendersi conto del danno.

Il suo cuore non era mai stato così inquieto, nonostante tutto quello che aveva vissuto. Il dolore e l'incertezza che Jimin gli aveva portato nei giorni precedenti, l'aria gelida che sembrava avvolgerlo mentre aspettava, tutto lo stava spingendo in una direzione che non sapeva se fosse quella giusta. Avrebbe voluto non aver mai detto certe cose, non aver mai osato farlo, ma ora, guardando il biondo di fronte a lui, sapeva che non poteva tornare indietro.

Quando Jimin entrò nella stanza, canticchiando una delle loro canzoni, Jungkook notò subito quel piccolo sorriso che, seppur timido, lo colpì come un fulmine. Ma qualcosa c'era di diverso, un'energia nell'aria che non era più la stessa. Le cuffie rosse che Jimin aveva appena tolto, la sua postura che sembrava più tesa del solito, lo facevano sembrare distante, eppure così vicino. Il respiro di Jungkook si fece più profondo, mentre si rendeva conto che quel momento era cruciale, forse più di ogni altro.

"Jimin..." mormorò, cercando di sembrare sicuro, anche se il suo cuore gli batteva più forte di quanto volesse ammettere.

"Jungkook..." rispose Jimin, con una leggera esitazione nella voce, come se non fosse ancora del tutto pronto ad affrontare ciò che stava per accadere. Si sedette lontano da lui, un gesto che non sfuggì a Jungkook, ma non si lasciò intimidire.

"Dove sono tutti gli altri?" chiese Jimin, scrutando la stanza.

"Ehm... ritarderanno, in verità," rispose Jungkook, sentendo un certo peso nel doverlo dire. Il biondo sembrò accettare la risposta, senza proferire parola, e si concentrò sul suo telefono. Jungkook si prese un momento per raccogliere i pensieri e, senza pensarci troppo, si avvicinò a lui, cercando di non sembrare troppo nervoso.

"Vorrei parlarti, biondino," disse, non riuscendo a nascondere il suo disagio nel dire quelle parole. Jimin alzò gli occhi su di lui, ma non sembrava sorpreso. Il suo viso era un libro aperto di emozioni contrastanti, e Jungkook si chiese se potesse davvero capire cosa stava per dirgli.

"Dobbiamo parlare, teoricamente," rispose Jimin con una voce che, seppur calma, nascondeva un'inquietudine che non passò inosservata. Si alzò di scatto, come se fosse pronto ad affrontare tutto, ma anche a fuggire. Jungkook non si mosse. Doveva parlare, doveva dire qualcosa. Non voleva lasciar scappare quella possibilità.

"Mi scuso per il mio atteggiamento di qualche giorno fa," iniziò Jungkook, cercando di mantenere la calma. "Volevo davvero capire cosa provassi per me, e ho pensato che baciarti fosse il modo migliore per farlo. Mi dispiace, Minnie, se ho ferito i tuoi sentimenti."

Jimin lo guardò intensamente, ma non rispose subito. I suoi occhi sembravano scrutarlo, come se stesse cercando qualcosa di più profondo nella sua confessione. Poi, finalmente, le sue parole arrivarono, cariche di un'emozione che Jungkook non si aspettava.

"Hai capito quindi?" chiese Jimin, il suo tono che tradiva una confusione appena accennata, ma anche una curiosità che non riusciva a nascondere. "Hai capito se ti piaccio?"

Jungkook annuì, un sorriso impercettibile che si disegnò sulle sue labbra, un sorriso che cercava di trasmettere tutta la sincerità che sentiva dentro. Non era perfetto, ma era quello che poteva dare in quel momento.

"Si, Jimin," disse con voce più bassa. "Non volevo che andasse così, ma sì, mi piaci. Ho un certo interesse nei tuoi confronti."

Il biondo lo guardò con uno sguardo che, seppur incerto, lo trapassò, e Jungkook sentì un fremito lungo la schiena. Era come se ogni parola avesse il potere di cambiare tutto. La distanza che li separava si ridusse di colpo, mentre Jimin, con uno scatto improvviso, si trovò a sbattere contro il muro.

"Jimin, aspetta," mormorò Jungkook, avvicinandosi con determinazione. Il biondo lo fissò con un'espressione che mischiava sorpresa e timore, ma non sembrò volersi spostare.

"Non ti dispiace, vero?" chiese Jungkook, il suo tono ora più basso, più avvolgente, mentre le sue braccia bloccavano delicatamente la fuga di Jimin. La tensione tra di loro era palpabile, come se ogni movimento potesse scatenare un cambiamento irreversibile.

Jimin guardò Jungkook negli occhi, ma la sua voce tradiva ancora un'incertezza che non riusciva a nascondere. "N-nemmeno ci conosciamo davvero."

"Potremmo sempre provarci, ti va?" chiese Jungkook, con un sorriso più calmo, più rilassato, ma con quel velo di provocazione che aveva imparato a riconoscere nel proprio cuore. Non voleva sembrare presuntuoso, ma sapeva che ora o mai più.

Jimin lo guardò ancora un attimo, come se stesse cercando di decidere se fidarsi o meno, e poi, con un respiro profondo, annuì. Le sue parole furono semplici, ma decisive: "Proviamoci... allora."

E in quel momento, il tempo sembrò fermarsi. Jungkook si avvicinò lentamente, sentendo il battito del suo cuore che accelerava, mentre il biondo gli sorrideva timidamente, pronto a vedere dove quel "proviamoci" li avrebbe portati.

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