ventiquattro (延鋭の)

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Jungkook era seduto nell'aula abusiva delle prove, la mente fuori posto, agganciata a pensieri caotici e a un'ansia crescente che sembrava non lasciarlo mai. Il tempo sembrava dilatarsi, il ticchettio dell'orologio diventava sempre più forte, accompagnato da quella sensazione di nausea che non riusciva a scrollarsi di dosso. Aspettava. Aspettava da più di venti minuti, ma quel messaggio di Jimin non arrivava.

Eppure, Jungkook aveva quella strana sensazione, come se qualcosa non andasse, come se il tempo, la sua mente, i suoi sensi fossero tutti concentrati su un'unica domanda che non riusciva a risolvere. "Perché non è arrivato?"

Ma quel sesto senso, quell'intuizione che lo attanagliava, non era visibile a nessuno se non alla sua pelle, ormai rigida e tesa per la preoccupazione crescente.

Non riusciva a capire cosa fosse, o meglio, chi fosse a provocargli quella sensazione di disagio che lo invadiva. Sentiva solo un'ansia ingestibile, come una morsa che gli stringeva il cuore, come se tutto stesse per crollare. Provò a distrarsi, a concentrarsi sulla chitarra, ma anche le note più semplici sembravano rallentate, quasi come se il suo corpo non rispondesse più ai comandi. La testa gli girava, cercando di scrollare via quei pensieri, ma senza successo.

"Non è possibile," mormorò tra sé, scuotendo la testa e portandosi una mano sulla tempia, cercando di placare il malessere che lo stava assorbendo. I suoi ciuffi scivolavano morbidi sulla fronte, ma il suo volto era corrucciato, segnato dalla frustrazione.

"Basta... vado a fumarmi una sigaretta," disse ad alta voce, come per distogliere la mente dal vortice di pensieri che lo stava consumando. Si alzò, ma non prima di sentire la voce di Jin, che lo richiamava.

"Chiama Jimin. Doveva essere qui da mezz'ora. Non tardare!"

Jungkook annuì distrattamente, non veramente ascoltando, mentre si infilava il pacchetto di sigarette nel giaccone di pelle. Uscì dall'aula, camminando nei corridoi vuoti. Le luci al neon illuminavano debolmente la via, ma il peso della solitudine e dell'attesa gravava su di lui. Accese la sigaretta, ignorando le regole e il fatto che fosse un luogo chiuso. Iniziò a chiamare il numero di Jimin, ma il suono dello squillo sembrava interminabile, rimbombando nella sua testa, aumentando la tensione che si stava facendo sempre più opprimente.

Sbuffò, gettando il mozzicone a terra senza pensarci e posando il telefono. Decise di fare una passeggiata, sperando di calmarsi, ma la sensazione, quella maledetta sensazione, non lo abbandonava. Ancora una volta, il suo sesto senso si riattivò, come se fosse guidato da un'energia invisibile che lo spingeva verso qualcosa o qualcuno.

Si aggirò nel corridoio, senza sapere esattamente cosa stesse cercando, ma sentiva che doveva farlo. La sua attenzione fu attratta da un gruppo di studenti che ridevano a voce alta. Non riusciva a capire cosa ci facessero ancora a scuola a quell'ora, considerando che erano ormai le cinque di un venerdì pomeriggio. Tra le risate, distinse la voce di Hoonseok, che ridacchiava istericamente, mentre altri tre ragazzi lo spalleggiavano.

Tutto d'un tratto, Jungkook capì. Il suo sesto senso aveva tardato, ma ora la verità gli era chiara. Si sentì come se qualcuno gli avesse dato uno schiaffo in faccia. Il suo cuore prese a battere più forte, e senza pensarci due volte, iniziò a correre nella direzione opposta. Doveva trovare Jimin, doveva essere sicuro che stesse bene.

Si diresse verso le aule ad est, passando di corsa da una stanza all'altra, senza fermarsi, cercando, scrutando ogni angolo, ogni corridoio. Dopo alcuni minuti, trovò il terzo bagno, l'unico posto dove il suo istinto gli diceva che Jimin fosse. Con una spalleggiata, spinse la porta e la trovò bloccata. All'interno, sentiva chiaramente i singhiozzi spezzati del biondo.

"Jimin!" urlò, battendo la mano contro la porta. Ma non rispose. All'interno, sentiva la voce tremante di Jimin che lo implorava.

"Kook... aiuto... ti prego."

Il cuore di Jungkook si spezzò al suono di quella voce, e la sua rabbia crebbe a dismisura. "Che è successo?" urlò, cercando di forzare la porta.

"Mi hanno chiuso... qui... Kook, apri! Veloce!"

Jungkook si fece strada a fatica. Le sicure della porta erano incastrate, ma lui non si fermò. Lanciò uno sguardo rapido, notando un pezzo di legno incastrato tra la fessura. "Porca miseria," sbottò, tentando di rimuoverlo senza riuscirci. L'impotenza gli corse nelle vene come un veleno. Non ce la faceva più.

"Jimin, vai verso la fine del bagno, cazzo!" gridò, il suo corpo ormai preda della frustrazione. "Non si apre!"

"Non si apre?" Jimin rispose con voce tremante.

"Ce l'hanno messo apposta... AISH, BASTARDI!" urlò, ormai fuori di sé. Non riusciva a pensare lucidamente. Con una forza inaudita, si scagliò contro la porta, spingendo con tutta la sua energia. Il suono di legno che cedeva sotto il suo impeto fu come un colpo al cuore.

Finalmente, con uno strattone, la porta cedette. Jungkook entrò nella cabina, ansimante, il cuore che batteva furioso, e trovò Jimin seduto a terra, il viso bagnato di lacrime. Il biondo, sollevato ma anche spaventato, si lanciò subito in un abbraccio che lo strinse forte.

"Grazie," mormorò Jimin, tremando tra le braccia del moro.

"Perché sei bagnato?" chiese Jungkook, tastando il viso del biondo, accorgendosi dei suoi vestiti fradici e dei ciuffi di capelli bagnati. Il suo cuore si strinse.

"Mi stavano... stavano soffocando sott'acqua... non sapevo che fare..." rispose Jimin, con un filo di voce. "Non riuscivo a... chiamarti..."

Jungkook lo guardò, incredulo. "Ma... ma come? Il cellulare, Jimin?"

"Me l'hanno preso," rispose il biondo, gli occhi pieni di paura. "Mi hanno preso in quattro, non sapevo cosa fare!"

"Porca buttana!!, cazzo!" Jungkook urlò, la sua rabbia crescente per ogni minuto che Jimin aveva passato da solo, in balia di quei bastardi. "Perché non hai urlato?!"

Jimin si tirò indietro, allontanandosi con un singhiozzo, ancora più distrutto. "La smetti di darmi la colpa?!" gridò, urlando. "Io non sapevo che fare! Non ce la facevo..."

Jungkook, ormai esausto dalla rabbia e dal dolore che provava per lui, lo guardò, cercando di calmarlo. "Sono morti, Jimin... sono morti. Non li farò più avvicinare a te, mai più."

La voce di Jungkook tremò di un'emozione che non riusciva a contenere. La paura che avesse potuto perderlo per sempre lo stava divorando dentro.

ꜱᴛᴀʀʙᴏʏꜱDove le storie prendono vita. Scoprilo ora