1 - Filippo

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Filippo.

"Ciao. Non so se va bene iniziare un diario con un ciao."

Filippo era nella sua cella e non sapeva come svolgere il compito. A lezione, era stato chiesto a tutti di tenere un diario per una settimana. Non lo avrebbe letto nessun altro, ma dovevano tutti esprimere a parole le loro emozioni sui fatti sconvolgenti che avevano coinvolto la morte di Ciro.
Filippo era sul suo letto, con le gambe piegate e il quadernino posato sulle ginocchia. La penna torturata fra i denti. Le lunghe dita che si muovevano a mimare un arpeggio. Poi ci riprovò.

"Gentile interlocutore immaginario (o forse no), io sto male. Non ho mai detto niente di diverso nei miei colloqui con la direttrice.
Certo, non sono mai sceso nei particolari, ma ci vuole molta fantasia? Sono un ragazzo di Milano, della Milano bella e immacolata, era ovvio che la mia pena (che ora capisco essere giusta) dovesse essere appesantita dai compagni di galera.
Questo è un centro minorile, quindi è chiaro che ci sono molti figli di chi è in carceri più grandi e di massima sicurezza. Cosa faranno mai queste persone?
Faranno quello che faceva Ciro. No? Non lo sapete cosa faceva Ciro? Ha provato ad usarmi per portare della droga a Milano, usando i miei genitori in visita come corrieri. No, non gliel'ho permesso, ma come avrei potuto dirgli di no? La mia vita eta migliorata grazie all'amicizia che gli avevo donato. Non è corretto dire amicizia. No. Ho accettato di avere un legame con lui perché mi proteggesse.
Sì, perché Pino ha abusato di me. Ha voluto che usassi le mie mani per dargli piacere. Le mie mani che erano nate solo per suonare i tasti di un pianoforte, avevano toccato una pelle indesiderata e aliena. Per questo ero scappato. Per questo non riuscivo a restare qui e mi sono rintanato nel magazzino, poi l'ho visto. Un pianoforte. Le mie dita hanno iniziato a fremere e non ho potuto lasciarle tacere. Mi mancava sentire le vibrazioni del piano sotto i polpastrelli, il cuore che prendeva a battere a ritmo, per aiutarmi a tenere il tempo.
Quel giorno avevo suonato una melodia triste e malinconica, ma che altro avrei potuto suonare? La musica è arte e l'arte trasporta l'intangibilità delle emozioni nel mondo reale e dove possono essere percepite dai cinque sensi.
Così ho suonato.
Non mi importava che mi avreste ritrovato, perché con un pianoforte non avrei più avuto bisogno di scappare. La fuga dalla realtà è il dono più grande che la musica possa dare. Vi ho seguiti senza fare storie quando ho finito di suonare, perché a dispetto di tutto una parte di me stava iniziando a guarire.
Pino non ha mai smesso di farmi del male, ma quando l'ho visto appeso nella sua cella, non ho potuto non salvarlo. Avevo già Greg sulla coscienza, non avrei permesso al mio aguzzino di morire. Non volevo certo altro sangue ad imbrattare il mio cuore.
Ma Ciro... Ciro era di un'altra pasta.
Tutti temono Ciro, anche ora che non c'è più. Lo sogno ogni notte, il sangue che gli esce dal fianco, gli occhi spalancati di orrore, mentre realizza che dei due che voleva morti non ne  ha ucciso nessuno, anzi sono loro che gli hanno dato la morte.
Noi vorremmo essere salvati, ma nessuno ci salva. Neanche chi ha delle famiglie rispettabili alle spalle. Neanche chi ha buone intenzioni. Un frutto sano marcisce accanto ad altri frutti marci. Un frutto marcisce anche se viene lasciato per terra in balìa degli elementi.
A scuola mi avevano raccontato che il carcere è una forma rieducativa, ma non è vero. È solo una favola, per far credere alle persone libere che va tutto bene.
Non va bene niente, invece. Niente. Qui dentro soffoco, mi senso morire. Non perché mi manca la libertà, perché so di non meritarla e neanche la cerco più. Non va bene che per guerre di onore io debba rischiare la vita o peggio. Ho le mani sporche di sangue e la libertà che mi è stata strappata è la punizione, ma gli abusi, le minacce e le botte non dovevano fare parte del pacchetto.
In questo posto mi è stato concesso di suonare, nonostante non meriti questo onore, ma è la sola cosa che mi tiene in vita.
Vita, quella a cui Carmine è appeso per un filo. Non importa che abbia cercato di fare la cosa giusta. Non importa, perché per diventare migliore ha tradito quell'onore e quel sangue che qui dentro ho visto esibire come una medaglia sul petto. Ho scoperto che l'onore è più importante della giustizia, a cui si sostituisce spesso e volentieri.
È con queste certezze che so che nessuno può aiutarmi.
Nad, la mia dolce e irruenta Nad. Lei mi porta luce come il pianoforte e solo davanti alla tastiera la vedo e la tocco. Lei non mi può salvare, voi non potete salvarmi. Nessuno può. Merito di marcire qui dentro, ma non infierite su di me. Lasciatemi marcire in pace, con le note di Debussy in sottofondo."

Filippo non sapeva se andava bene, non sapeva se aveva commesso degli errori, ma gli occhi umidi non gli lasciavano controllare lo scritto, ma non gli importava. Non sapeva se sarebbe stato letto o addirittura ignorato. Non gli importava di niente, voleva solo che Carmine aprisse gli occhi e che vedesse la sua bambina. La direttrice lo aveva convocato nel suo ufficio ed era stata gentile, era strano, ma si era mostrata empatica e aveva mosso l'animo di Filippo, dicendogli che la piccola era nata e che avrebbe fatto di tutto per proteggerla e che lui poteva aiutarla in questa impresa. Aveva detto a Filippo che doveva riflettere e decidere di parlare con le idee chiare sia con lei che col magistrato.
Si stese e guardò la rete del letto di Carmine, perché quello era il suo letto, sempre e comunque il letto del suo migliore amico. Non avrebbe mai immaginato di trovare un amico vero in quel posto. C'era stato un tempo in cui credeva che l'amicizia fosse altro, ma lì dentro aveva scoperto che un amico ti cerca anche se è arrabbiato con te, un amico ti aiuta anche se sei nei guai più brutti. Se era vivo lo doveva a Carmine, perché lui aveva voluto farla finita, ma il suo amico gli aveva detto cose vere che lo avevano fatto desistere. Aveva scoperto che se c'è un amico vero accanto, i dolori sono meno pesanti e che il valore di una mano tesa è più alto di un conto in banca.
Carmine, non mi lasciare.
Pensò, soffocando un singhiozzo nel cuscino.

***

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