ventisei (ゃ悦ー)

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Jungkook si morse il labbro inferiore mentre scorreva distrattamente i commenti sotto il post di Park Jimin, soffermandosi in particolare su uno che lo faceva rabbrividire. Una ragazza, che evidentemente non aveva altro da fare se non alimentare il fuoco della cattiveria, continuava a spargere veleno su Jimin, cercando di trascinare altri con lei in una guerra di parole che non aveva alcun senso. La sua ignoranza era palpabile, eppure Jungkook non riusciva a staccarsi da quella schermata, a non leggere ogni singola parola, come se potesse davvero cambiare qualcosa.

"Idiota..." sbuffò, rabbioso, ma in qualche modo impotente. Non riusciva a fermarsi. La frustrazione lo invadeva, ma non era nemmeno per quella ragazza o per i commenti da quattro soldi. Era per Jimin. Per come il biondino fosse sempre nel mirino di quelli che non avevano niente di meglio da fare che distruggere.

Poi il suo sguardo cadde di nuovo sul profilo di Jimin, su una foto che lo aveva colpito senza che lo volesse. Un selfie in cui il ragazzo sorrideva timidamente, con la testa inclinata da un lato, lo sguardo un po' incerto, ma affascinante. Un'immagine che rifletteva quella dolcezza ingenua che, in quel momento, sembrava tanto fragile. Eppure, nel testo che accompagnava la foto, le sue parole...

Jungkook sbuffò, quasi disgustato da come Jimin avesse, inconsapevolmente, attirato l'attenzione sbagliata. Un invito palese, ma innocente, che aveva il potere di attirare più di uno sguardo sbagliato. In un angolo della sua mente, un altro pensiero si insinuò: Sei stato ingenuo, Jimin. Il biondo non sapeva forse quante persone si fossero già scatenate sui suoi social, o peggio, quante avessero frainteso le sue parole, i suoi gesti. Ma ancora peggio, quante avrebbero approfittato della sua innocenza per ingannarlo.

Il suo cuore si stringeva al pensiero che Jimin, senza saperlo, stesse dando ad altri la possibilità di "provare" qualcosa che lui non aveva mai cercato davvero. Eppure, continuava a stare lì, ad osservare ogni parola, ogni gesto, come se la realtà fosse più crudele di quanto pensasse.

"Dannazione..." sussurrò, mordendosi di nuovo il labbro rosso mentre si sistemava tra le lenzuola. Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di impotenza. Fissò il suo cellulare, con il volto illuminato dalla luce dello schermo, mentre sentiva il bisogno di reagire, ma allo stesso tempo non sapeva nemmeno da dove cominciare.

Il suo sguardo si fermò su quella foto, sul sorriso di Jimin, così puro e semplice, che gli faceva dimenticare per un attimo tutte le preoccupazioni. Ma c'era qualcosa, un'inquietudine che non riusciva a dissipare. Il messaggio che Jimin aveva scritto insieme all'immagine... "Inviatemi un DM se volete parlare!" Quelle parole innocenti avevano l'effetto di una provocazione involontaria, e Jungkook si sentiva come se dovesse proteggere Jimin da tutto ciò. Da chiunque fosse intenzionato a farne un gioco.

Un piccolo ringhio uscì dalle sue labbra mentre rifletteva su quanto fosse facile per qualcuno fraintendere un gesto o una parola di Jimin. Ma forse, in fondo, lo sapeva. Lo sapeva da un po'. Quella rabbia che non riusciva a contenere non era solo per quello che era accaduto due giorni prima, ma per una sensazione di impotenza che lo consumava. Ogni piccolo gesto di Jimin sembrava attirare l'attenzione sbagliata, e Jungkook non riusciva a restare a guardare.

Era stato lui, Jungkook, a fermarsi ieri, a mettere freno alla sua rabbia, a calmarsi quando tutto dentro di lui urlava di fare qualcosa. E Jimin, con il suo profumo di vaniglia, con un sorriso che sapeva come placare ogni tempesta dentro di lui, l'aveva aiutato a trovare quella calma che gli serviva. Ma tutto sembrava andare in frantumi quando il biondino si trovava in difficoltà, quando gli altri, malintenzionati, sembravano prendersi gioco di lui.

La sua mente tornò al giorno prima, e al modo in cui aveva cercato di calmarsi, mentre sentiva la sua ira crescere. Aveva cercato di ignorare tutto, ma in fondo dentro di sé sapeva che quella rabbia c'era, che non avrebbe potuto ignorarla ancora per molto. Il problema non era solo Hoonseok, o i commenti stupidi su Internet. Era più grande. Era quella sensazione che non riusciva a rimuovere: mi preoccupo troppo di te, Jimin.

Si morse di nuovo il labbro, guardando quella foto come se fosse l'unico collegamento che aveva con il ragazzo che continuava a fare battere il suo cuore in modo irregolare.

"E se mi piacesse davvero?" pensò, ma la domanda non aveva risposta. O meglio, non la voleva. Se avesse detto ad alta voce ciò che sentiva, avrebbe dovuto affrontare troppe cose. Troppe emozioni, troppe incertezze.

Eppure, dentro di sé, non c'era mai stata una risposta più chiara. Quello che provava per Jimin, il suo desiderio di proteggerlo, il modo in cui il suo cuore si stringeva ogni volta che lo vedeva farsi del male, tutto ciò stava diventando più evidente. La domanda non aveva più importanza. Le sue azioni lo dicevano già.

"Lo proteggerò," sussurrò a se stesso, con una determinazione che non aveva mai avuto prima. E anche se non sapeva come, se non sapeva cosa sarebbe successo, non avrebbe più permesso a nessuno di fargli del male.

Perché, forse, quello che provava per Jimin non era solo protezione. E, forse, anche se non lo diceva, lo sapeva benissimo.

Portò impacciatamente una mano sulla zip dei suoi pantaloni, con la mano fasciata da bianche garze,ad entrare furtivamente nei suoi boxer.
Immaginò nuovamente il volto di jimin, quello della foto, impriggionando il suo labbro inferiore tra i denti stringendo la presa per tutta quella eccitazione mai provata.

Afferrò il suo sesso,e gemendo, placò quell incontrollabile voglia di farsi suo jimin.
Era evidentemente,jimin lo attraeva sessualmente, ma che fosse solo quello?.
Fini per masturbarsi e gemere davanti al suo cellulare, gemendo a bassa voce il nome del biondo immaginando che al posto della sua mano ci fosse la bocca in questione del protagonista dei suoi pensieri peccatori.

Sembrò andare in estasi, provando a raffigurare il capo decolorato di jimin affondare sul suo basso ventre stringendo tra le proprie labbra piene il membro eretto .
Avanzò con dei movimenti decisamente più veloci,stringendo la sua cappella sentendo la familiare sensazione di liberazione .
"Merda.."

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