Himalaya: Parte due (ARDETH)

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È la mia prima notte in un luogo come questo e posso dire che la differenza con il deserto è spaventosamente abissale; abbiamo attraversato stradine strette tra le rocce fino a quando non ci siamo fermati in un capannone al calar del sole: è altrettanto pericoloso girare al buio in montagna.

Dorothy è in piedi, immobile sul posto con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo rivolto leggermente in alto: i capelli biondi ondeggiano lentamente lungo la schiena a causa del fievole tocco del vento gelido; stringendomi nelle spalle la raggiungo, esitando vari istanti prima di chiamarla per nome, con il risultato di ottenere solo un perpetuo silenzio.

"Tesoro" riprovo una seconda volta, afferrandola per le spalle e voltandola gentilmente verso di me, senza interrompe la presa; l'espressione sul suo volto mi colpisce come un getto di acqua congelata: il volto è completamente serio e spalancato, a tratti quasi inquietante, ho già ricevuto un primo colpo andato perfettamente a segno, ma cerco di continuare il discorso, benché una parte di me non riesca ad ignorare ciò che ho appena visto "Dimmi qualcosa, qualunque cosa senti il bisogno di dire. Non hai aperto bocca per quasi tutta la giornata. Per favore!" confesso alla fine, nelle ultime parole stringo appena le dita ora scese sulle braccia, attendendo una sua sperata risposta.

E questa volta la risposta arriva.

Dopo in paio di minuti immobile, lei si scosta dalla mia presa.

"Sin dalla prima volta che ti vidi, in quell'accampamento, più di quattordici anni fa, capii di amarti. E tu come mi hai risposto? Per la maggior parte del tempo? Nient'altro che con il silenzio!" non capisco bene se è più per le parole che la mia mente sta ancora analizzando, per il modo in cui mi sono state rivolte, oppure per il fatto che non c'entrano nulla con l'argomento; accenno un piccolo sorriso.

"Ehi, che ti succede?"

"Sono stanca! Sono stanca di essere trascinata ovunque in questa schifosa landa di ghiaccio"

Sospiro impercettibilmente, ingoiando a vuoto.

"Si, hai ragione, Tati, ma sai perché lo stiamo facendo..."

"No!" urla di colpo, spalancando le iridi, nello stesso momento una folata di vento attraversa l'area circostante, ma ciò che mi lascia di sasso sono le successive parole che butta fuori come una valanga "Sono stanca di vivere rinchiusa in questa gabbia! Qualsiasi cosa mi abbiate fatto, liberatemi!" indica se stessa con una voce nettamente non sua: cupa; assottiglio le palpebre e socchiudo la bocca, devo mettere da parte il male che mi hanno provocato le sue parole e concentrarmi piuttosto su quello che sta succedendo a mia moglie, o meglio, quella che ho creduto essere mia moglie, perché la persona che ho davanti non è decisamente lei.

Un fulmine a ciel sereno.

Di punto in bianco.

Non esattamente...

Il suo silenzio di oggi, il suo sguardo rimasto nascosto nel cappuccio e tra i capelli, i suoi movimenti privi di espressività, il suo auto isolamento, tutto ciò non era assolutamente normale e questa ne è la prova, nonostante ammetto mi abbia colto comunque alla sprovvista.

Il mio iniziale e sciocco sospetto si è rivelato inaspettatamente fondato con quelle parole; mi maledico per non averlo capito prima, come ho fatto a non capirlo? Come ho potuto essere così stupido?

Alle mie spalle odo dei passi.

"Ehi, ma che sta succedendo qui?" domanda Evelyn, con voce preoccupata, seguita da O'Connell "È tutto apposto? Abbiamo sentito gridare"

Con un cenno della mano le impedisco di continuare: la situazione potrebbe precipitare da un momento all'altro e potrebbe essere già troppo tardi.

"Voglio essere libera! Liberatemi da questo corpo!" grida di nuovo Tati, ormai del tutto fuori controllo "Voglio sapere chi siete e perché mi tenete prigioniera! Perché mi avete portato qui? Liberatemi o ve ne pentirete!"

"Ma che succede? Di che sta parlando?" insiste Evy; contemporaneamente sopraggiungono Jonathan, Alex e Linn; ribadisco ad entrambi di non dire una parola, è una cosa che devo gestire personalmente.

Per il momento.

"In quello che dice c'è qualcosa che non va e non si tratta di semplice rabbia, bensì qualcosa di oscuro. Innaturale" spiego senza muovere un muscolo "Non muovetevi" mi distrugge profondamente dover agire in questo modo con Tati, ma oltre allo shock capisco di non avere altra scelta quando noto la mutazione famigliare che ha subìto il suo viso: gli occhi sono neri come la pece ed ingranditi, mentre il colore dorato dei capelli viene mangiato da un fumo nero lasciandole una chioma scura.

L'ombra che le riflette sulla neve a causa delle lampade rivela l'aspetto di uno sciacallo alto minimo due metri, una figura che purtroppo conosco molto bene e che non avrei mai voluto ricomparisse.

L'ombra di Anubi.

Eye Of Shangri La "The Mummy" Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora