Capitolo 12 - Finché c'è vita, c'è sfiga

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Sono in ritardo per il lavoro di coppia con Kaden, in mia discolpa questa volta è stato mio fratello a farmi fare tardi, quel ragazzo quando ci si mette sa essere davvero un sassolino nello zoccolo, si, sto prendendo come esempio gli zoccoli di un cavallo. Voleva essere aiutato con delle cose riguardanti la matematica, evidentemente aveva rimosso dal cervello che io sono la gemella negata quanto lui in quella materia, la gemella brava in matematica, anche se non si direbbe, è Cara, perciò ho dovuto ripetergli all'infinito che non potevo aiutarlo se la prima a far schifo in quella materia ero io, il cretino ovviamente pensava che non volessi aiutarlo, io, che aiuto anche una foglia a cadere dall'albero per poi posarla delicatamente sul terreno! Si è convinto però dopo un paio di ceffoni dietro al collo e una sfuriata degna di me, si, a volte esagero.

«Lo so ragazzone, sono in ritardo e mi dispiace, non assassinarmi.» dico alla montagna mora che si trova seduta difronte a me, stavolta non ci siamo dati appuntamento al Mayko, ma ad una tavola calda, idea mia, avevo voglia di cioccolata calda e al suo locale ci sono solo alcolici e acqua, che posso farci?

Lui alza lo sguardo su di me, ovvimente è impeccabile come sempre, indossa un maglione nero, un jeans scuro, i capelli spettinati che gli donano, è una bella visione, non mi posso lamentare.

«Assassinarti? Dimentichi che io ho progetti ben diversi dal finire in carcere per aver uccisono una ritardataria e chiacchierona.»

Beh, non ha dato di matto, già è qualcosa.

«Solo che odio i ritardi, perciò cerca di tenerlo bene a mente per la prossima volta.»

Ecco, lo sapevo, troppo bello per essere vero.

«Vallo a dire a quel cretino del mio gemello!» borbotto sedendomi sulla sedia accanto alla sua, mi porto lo zaino sulle gambe per prendere il necessario dall'interno.

«Non ti chiederò cos'è successo perché: prima cosa, non m'interessa, seconda cosa, non sono affari miei, terza ed ultima cosa, incominceresti a parlare senza sosta e addio progetto, lavoro o quel che diamine è.» chissà perché non ne avevo dubbi, perciò ciò che dice non mi scalfisce nemmeno un po'.

«Wow, sono davvero sbalordita, è la prima volta che parli così tanto in presenza mia, ora, sei comunque sgarbato, però è un buon inizio.» gli dico con un sorrisetto divertito, lui mi guarda come se fossi stralunata.

«Ti hanno mai detto che sembri svitata?»

Non sai quante volte, ragazzone.

«Meglio svitata che scorbutica, iniziamo?» gli rispondo e lui annuisce.

«Iniziamo.»

«Si, però prima devo ordinare una cioccolata calda.» lo informo facendogli alzare gli occhi al cielo infastidito.

Quindi è quel che faccio, chiamo il cameriere e ordino la mia cioccolata calda.

Nel frattempo confrontiamo i nostri appunti, lui scrive non so esattamente cosa ed io rileggo lo schema che mi ha passato prima.

«La cioccolata calda per lei.» il cameriere riappare con il mio tesoro nelle sue mani e dopo averlo ringraziato qualcosa tipo trecento volte, va via.

Porto la cioccolata alla bocca troppo velocemente tant'è che mi scotto un po' il labbro superiore.

«Accidenti come brucia!» borbotto facendomi aria sulla bocca con la mano.

«Si chiama cioccolata calda per qualcosa.» mi dice il ragazzone, il tutto senza neanche guardarmi, troppo impegnato a scrivere.

«Bravo, sottolinea pure l'ovvio.» gli rispondo posando il bicchiere caldo sul tavolo.

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