Capitolo 3

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Handiny era sul letto immobile da ore. Guardava impaziente l'orologio sul comodino dell'ospedale. Ticchettava rumorosamente, era l'unico rumore udibile in quel silenzio assordante. Contava i secondi nell'attesa che arrivasse come tutti i giorni. Già lo vedeva aprire la porta contornato da un fascio di luce dietro di lui, come un angelo all'entrata del paradiso. Lo vedeva sorridere portando finalmente la luce in quella tetra stanza. Lo vedeva sedersi sul bordo del letto e fare una battuta per tirarle su il morale. Finalmente erano le 9 del mattino, ma lui non c'era. Guardava la porta, ma questa non si apriva. Si lasciò cadere sul letto e sbuffò. Magari era malato, non aveva messo la sveglia, c'era traffico oppure aveva avuto un incidente. Si stava illudendo, era come gli altri. Guardava il soffitto, la grande macchia di umidità che ogni giorno si ingrandiva. Si alzò pigramente dal materasso e si sedette guardando i suoi piedi scalzi. Andò nell'armadio e si mise un paio di comodi calzettoni rossi che gli aveva regalato Rose per natale, si vestì e prese la sua fotocamera per poi uscire dalla sua stanza. Chiuse la porta delicatamente, e quando Rose le chiese dove stava andando non rispose, o almeno non diede una grande risposta. ''Vado a fare una passeggiata'' sussurrò impercettibilmente mentre usciva dall'ospedale sotto gli sguardi stupiti degli infermieri (come se un ricoverato potesse uscire liberamente...). Era inverno ma non c'era neve. Le strade erano ancora sommerse dalle foglie autunnali. Handiny camminava guardando le pietre del vialetto ricoperte di foglie colorate che scricchiolavano al suo passaggio. C'era questo posticino segreto che solo Handiny conosceva poiché quella era come una casa per lei. Attenta a non farsi vedere dai bambini che giocavano con la palla, scostò i rami di una vecchia quercia cresciuta negli anni. In effetti non andava lì da molto tempo ormai. Era sempre rimasta chiusa nella sua stanza. L'altalena era ancora lì, in mezzo al prato. Il lieve venticello la smuoveva facendola cigolare, i pali di metallo erano leggermente arrugginiti e l'edera si era arrampicata intorno ad essi ricoprendo quasi tutta l'altalena, la vernice era sciupata ma sul seggiolino era ancora scritto il suo nome. Quella era la sua altalena e nessuno poteva andarci, nessuno la conosceva. Si sedette delicatamente e iniziò a dondolare avanti e indietro. Guardava l'altro seggiolino accanto al suo. Quel posto era...sacro. Da bambina aveva deciso che lì a sedersi sarebbe stata la persona più importante della sua vita, solo con essa avrebbe condiviso il suo nascondiglio. Però non era ancora arrivato nessuno, nessuno si era mai seduto accanto a lei, nessuno l'aveva spinta per farla andare sempre più in alto. Appoggiò la testa dolorante contro la catena che essendo fredda dava sollievo alla costante emicrania. Si strinse nel giubbotto e pianse. Piangeva perché era sola, non aveva nessuno. Le lacrime scendevano velocemente una dopo l'altra sulle guance tonde di Handiny. Tratteneva il respiro ma non sapeva il perché, forse per non farsi sentire, forse in fondo in fondo voleva soffocarsi. Si asciugò il viso con il dorso della mano e raccolse le ciocche bionde dietro l'orecchio. Riprese a dondolare lentamente singhiozzando.

P.O.V Louis
Guardo il pancione del meccanico sbucare da sotto la mia macchina. Proprio oggi doveva smettere di funzionarmi la macchina? Dovrei essere all'ospedale mentre sono in questa stupida autofficina che puzza di olio di motore. Mi passo una mano tra i capelli nervosamente.

-E pensare che due giorni fa neanche volevi andarci in quel posto-

Harry è seduto sugli scalini dell'entrata e mi guarda stupito.

-Ho cambiato idea, va bene?-

-E io so anche perché l'hai cambiata così velocemente-

Testa riccioluta mi sorride beffardo.

-Taci Haz-

***
Entro nell'ospedale e mi dirigo subito verso la sua stanza senza salutare i ragazzi. Apro la porta ma non c'è nessuno,la stanza è completamente vuota. Esco nel panico e vado da Rose. Cerco di nascondere il mio nervosismo ma non mi riesce molto bene.

-Dov'è Handiny?-

-Buongiorno dolcezza, dove eri tu? È uscita un'oretta fa ma non è rientrata, deve essere da qualche parte nel giardino-

-Come,è uscita?-

-Stento a crederci anche io Louis-
 
Esco dall'ospedale ma vedo solo bambini che giocano a palla. Non c'è traccia di Handiny. Ad un certo punto sento una voce non molto definita. Cerco di ascoltare ma non la sento più. Decido di avvicinarmi ai bambini e chiedere a loro.

 -Ehi bambini-

-Ciao-

Bloccano la palla e mi prestano attenzione.

 -Avete per caso visto una ragazza poco più bassa di me, con lunghi capelli biondi, magrolina-

-Parli di Handiny?-

Uno dei bambini corruga la fronte come se fossi stupido.

-Si, lei, la conoscete?-


-Certo, viene tutti i giorni a leggerci un libro in sala Gioco-

-Davvero? -

-Si, le piace molto leggere-

Strano, non è da lei. Di solito è così asociale e riservata.

 -Sapete dove è? -

 -Si, è entrata fra quegli alberi, se continui per qualche metro arrivi ad uno spiazzo con una vecchia altalena arrugginita-

Mi giro verso il punto indicato e vedo che le foglie di due alberi sono state spostate. Ringrazio i bambini e vado verso gli alberi, sposto i rami e vedo una stradina tracciata da dei passi. È sull'altalena che dondola, lo sguardo rivolto verso il basso. Mi avvicino e mi inginocchio accanto a lei, le poggio una mano sulla spalla e lei si gira spaventata. I suoi occhi sono rossi e gonfi e le sue guance sono rigate dalle lacrime.

 -Louis-

-Che è successo? -

-Vai via-

-Come, perché? Ieri eri così solare...cosa ti ha fatto cambiare idea? -

-Non puoi arrivare all'improvviso e pensare davvero di cambiarmi la vita-

Si alza improvvisamente e mi spinge debolmente cercando di passare ma la fermo prendendole un braccio e la stringo a me per non farla muovere. Si dimena e mi tira pugni nel petto ma aumento soltanto la stretta.

 -È quattro anni che sono in questo posto di merda. Tutti i giorni mi fanno esami dolorosi ed estenuanti, mi imbottiscono di pillole che non conosco, mi usano come una diavolo di cavia da laboratorio però non c'è un giorno in cui entrano nella mia stanza sorridendo e dicendomi che finalmente hanno trovato la cura, che non dovrò più soffrire e che potrò finalmente farmi una vita. Louis, quel giorno non arriverà mai, morirò in questo inferno e tu non puoi farci niente, non sei un fottuto mago. Forse potrai mettermi un sorriso ogni tanto o spesso, ma non avrò mai la felicità, non riuscirò mai neanche a sfiorarla. Dove eri quando mi sono sentita male la prima volta? E quando i miei sono morti? Dove eri? -

-Handiny non puoi darmi la colpa della tua malattia-

Le urlo lasciandola.

 -Non ti sto dando la colpa, non ne sei la causa ma non ne sarai neanche la cura. Non voglio farti sprecare il tuo tempo. Non lo so, potresti affezionarti-

-E se succedesse? Cosa c'è di male? -

-C'è che quando me ne andrò soffrirai, non voglio che qualcuno ci rimetta-

-Handiny, non puoi evitare una cosa che è già accaduta-

-Louis, devi scordarmi-

La sua voce trema. Non riesco a replicare, scappa via da me, lasciandomi lì da solo a cercare di capire perché non l'abbia fermata.

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