78. VECCHI RICORDI

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MARTA
L'idea di dormire in tenda mi attira, ma devo ammettere di provare ribrezzo all'idea che possa entrare un insetto in quella in cui dormirò io. Odio gli insetti, li ho sempre odiati, motivo per il quale non ho mai fatto campeggio con Gaia quando mi invitava ad andare con la sua famiglia. Fin da quando ha imparato a camminare, ogni anno nel periodo di luglio partivano per una ventina di giorni per una vacanza in campeggio. Ogni anno facevano sempre qualcosa di diverso, ma le due vacanze più belle per Gaia sono state quella in cui hanno noleggiato un camper e hanno girato la Sicilia a tappe e quella dello scorso anno in cui sono partiti in auto e si sono fermati a dormire di volta in volta vicino a dei campus di Scout per ammirare il cielo stellato prima di andare a dormire in tenda. Io penso che, se dovesse ricapitare, parteciperei solamente alla prima, però devo ammettere che mi piacerebbe non essere così schifignosa per poter fare anche io queste esperienze.

Dopo essermi infilata il jeans nero, un maglione di lana bianco e il piumino nero, mi dirigo fuori dal rifugio per raggiungere Daniel e la sua famiglia. Hanno già montato una tenda, e rimango incantata. Mi sento una bambina in questo momento, e sono già emozionata all'idea di mangiare carne alla brace.
«Ehi Marta! Finalmente, vieni un po' ad aiutarci» scherza Daniel prendendomi in giro.
«Lasciala in pace, noi uomini dobbiamo fare i lavori più pesanti» ribatte Roberto ironicamente.
Mi avvicino a Daniel e, dopo avermi dato un bacio sulle labbra, inizia a spiegarmi come si monta una tenda. Pensavo fosse più complicato di così, ma in fin dei conti non e poi così difficile. In circa dieci minuti abbiamo finito. Sono bellissime!
«Non vedo l'ora di dormire nel sacco a pelo stanotte!» afferma Nora saltellando e battendo le mani.
«Tu dormirai con me» mi sussurra Daniel all'orecchio per poi guardarmi maliziosamente. Io scoppio in una risata e mi allontano per farmi desiderare.
«Iniziamo ad accendere la brace? So che è ancora presto ma il custode ci ha avvertiti che molte famiglie oggi faranno campeggio come noi, quindi direi di occuparla già per non ridurci alle dieci di stasera» ammette Ginevra, con l'acquolina in bocca.
«Sono d'accordo - le risponde Roberto. - Daniel, ti va di aiutarmi?»
Daniel annuisce e si dirige con lui verso i barbecue.
Mi metto a sedere su un tronco vicino alle nostre tende assieme a Nora e Ginevra e iniziamo a chiacchierare mentre ammiriamo le altre famiglie montare le tende proprio come abbiamo fatto noi poco fa. Rimango incantata a vedere un ragazzino con una gamba finta con quanta energia aiuta il padre a piantare i ferri a terra. Avrà circa quattordici anni, e nonostante questo suo handicap ha il viso solare. Io invece, quando mi sono ritrovata con le stampelle per qualche mese, mi sono subito abbattuta perché non avevo la libertà che ho sempre avuto. In questo momento mi sento pietosa, e tornassi indietro cercherei fin da subito di reagire al problema con il sorriso, proprio come questo ragazzino.
Sono sempre stata melodrammatica su questioni che riguardano la fisicità, anche da piccola. Ricordo quel giorno di primavera quando mio padre mi portò al parco per farmi imparare ad andare in bicicletta senza le rotelle. Avevo solo quattro anni, ed erano già più di due anni che avevo imparato ad andare sul triciclo. Mio padre pensò che era l'ora che imparassi ad usare due ruote. Così, per il mio compleanno, mi comprò la bicicletta di Barbie. Era rosa, proprio come piaceva a me, ed ero così eccitata di doverla usare che non stavo più nella pelle. Solo che piovve per tutta la settimana e dovetti aspettare il weekend per poterla provare. Quando finalmente arrivò la domenica, andammo al parco poco distante da casa nostra e non ci volle molto a farmi imparare. Presi subito confidenza con la nuova bicicletta, forse troppo, tanto che ad un certo punto iniziai ad andare più veloce del previsto. La bicicletta si stava dirigendo verso una panchina, mi spaventai talmente tanto che anziché frenare ci andai addosso e caddi. Fortunatamente non sbattei la testa, ma mi sbucciai le ginocchia. Uscì del sangue, ovviamente, ed io iniziai a piangere come se mi avessero amputato una gamba! Mi rifiutai di toccare la bicicletta per oltre un mese, fino a quando i genitori di Alessia non le comprarono una bicicletta anche a lei per il compleanno. Ne era innamorata, ed io volevo imitarla. Solo grazie a questo ripresi a pedalare.
Alessia è una ragazza fantastica. Ovviamente voglio bene anche ad Aurora e a Gaia, ma Alessia ha un qualcosa in più di loro. Non so come spiegarmi, ma è in grado di capirmi anche senza che io parli, riesce a mantenere in ogni circostanza i nervi saldi e ragiona sempre prima di agire. Io, invece, sono molto impulsiva, e senza di lei avrei combinato molti più guai di quanti non ne abbia già fatti.

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