69. DIMISSIONE OSPEDALIERA

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MARTA
«Daniel ti prego...» continua Edoardo.
«Ho detto vattene da qua! Adesso!» urla, facendo rimbombare la frase per tutto il corridoio.
Lo guardo sul volto e d'istinto mi viene da allontanarmi da lui. Ha uno sguardo spaventoso, non lo avevo mai visto così. I suoi occhi sono colmi di ira e diversi dal solito, la vena sul collo è gonfia e i pugni talmente stretti che le nocche son diventate bianche.
Edoardo lo guarda per qualche secondo e poi, dopo aver preso la giacca, se ne va impassibile, come se nulla fosse successo. Ginevra è scossa, continua a fissare il vuoto mentre si copre la bocca con le mani. Le lacrime non hanno smesso un secondo di bagnarle il viso. Improvvisamente dalla stanza entra l'infermiera di turno chiedendo cosa stesse succedendo, ma Ginevra esce dalla stanza senza risponderle, e la scontra violentemente con la spalla. La donna mi guarda perplessa per qualche istante prima di uscire per rincorrerla, lasciandomi da sola con Daniel in questa stanza in cui è appena terminato un terribile scontro. Non so cosa dire, e se devo essere sincera fino in fondo devo ammettere che ho anche paura a parlargli. So che non mi farebbe mai del male, però non lo avevo mai visto così aggressivo, nemmeno quando faceva a pugni con le persone. Così mi limito ad accarezzargli il braccio senza dirgli nulla, e per fortuna, capendo il mio timore, poggia la schiena alla testa del letto e, dopo aver sospirato, si scusa per aver urlato.
«Non ti preoccupare - rispondo. - So che non è una situazione facile per te, per questo non ti chiederò nulla. Ma sappi che se vuoi parlare, io sono qui.»
«Grazie. Adesso però scusami, vorrei restare solo se non ti spiace.»
Così, dopo aver annuito, afferro la mia vestaglia ed esco dalla stanza. Di certo non mi sarei mai immaginata il suo risveglio così.

***

Son passati solamente cinque giorni dall'inizio del nuovo anno, ma a me sembrano essere passati mesi. Avrei voluto tanto festeggiare serenamente assieme al mio ragazzo, ai miei amici e ad Alessia, che è venuta qui a Milano per me, e invece mi sono ritrovata in un incubo dal quale non so quanto tempo ci vorrà prima di uscirne.
Oggi finalmente mi dimettono, e dovrei essere felice per questo, ma in realtà non la sono perché Daniel invece rimarrà qui ancora per un po' e Alessia oggi pomeriggio ha il volo per tornare in Sicilia dato che domani ricomincerà la scuola, e chissà quando riuscirò a rivederla. Sono triste e stressata, e non sono per niente in vena di rimettere piede in quell'aula in questo terribile momento, ma devo. Ho già saltato moltissime lezioni nel primo quadrimestre a causa dell'incidente che ho avuto. Ora devo cercare di farmi forza e dimostrare a me stessa che posso farcela.
Son passati due giorni da quando Daniel e Ginevra hanno scoperto la cruda verità sul passato di Edoardo, e ancora ne sono scossi. Ginevra non parla, è sempre assorta nei suoi pensieri e il suo sguardo sembra morto, come fosse un vegetale. Daniel invece non vuole vedere nessuno, nemmeno me, anche se nega tutto. So che non vuole farmi soffrire respingendomi, ma percepisco benissimo il fastidio che prova nel vedermi, una volta varcata la porta della sua stanza. Mi sento inutile, non so davvero come aiutarlo, e allo stesso tempo non mi sento in dovere di dovermi mettere in mezzo a faccende che non mi riguardano. Così cerco solo di stargli vicino il più che posso. Per il resto faccio scegliere a loro, com'è giusto che sia.
In questi giorni ho passato molte ore a giocare con Nora, mentre Riccardo cercava di sostenere moralmente e psicologicamente la compagna. Devo ammettere che nonostante la terribile situazione, passare del tempo con lei mi ha distratta dai problemi. I bambini hanno il potere di farci sorridere, non so come sia possibile ma è così. Giocare con lei mi ha fatto tornare bambina, quando la vita era spensierata e priva di problemi. Da come parlo sembro un'anziana che rimugina sui vecchi ricordi, cosa strana avendo solo quasi diciotto anni, però questo periodo è stato davvero difficile. La partenza dalla mia terra, l'allontanamento dai miei cari, ritrovarmi in una città enorme, riambientarmi in una nuova classe in cui tutti si conoscevano già e fare nuove amicizie sono stati enormi ostacoli per me. Ho cercato di essere forte, per me e per i miei genitori, ma sto iniziando a perdere le forze.

Dopo aver finito di rimettere dentro allo zaino tutte le cose che mia madre mi porto il primo giorno, finisco di prepararmi indossando finalmente vestiti normali e non più quell'orribile vestaglia bianca e mi dirigo nella stanza di Daniel per salutarlo. A differenza delle altre volte, oggi mi guarda sorpreso. Probabilmente non si aspettava di vedermi vestita così, e conseguentemente non si aspettava che io venissi già dimessa, come me d'altronde.
«Quindi te ne vai» dice freddamente.
«Non ho più motivi per continuare a rimanere ricoverata, per fortuna sto bene e la testa non mi fa più male.»
«Bene, sono contento per te.»
Il suo sguardo è cattivo, quasi come gli desse fastidio che io stia bene. So che è scosso e ancora arrabbiato per la scoperta che ha fatto, ma questo suo atteggiamento adesso sta iniziando ad infastidirmi. Non è di certo colpa mia se suo padre ha fatto scelte azzardate, perché deve trattarmi così? In ogni caso capisco che per lui possa essere difficile, quindi cercherò di mantenere la calma.
«Ti verrò a trovare tutti i giorni, e ti farò compagnia» gli sorrido sperando di fargli cambiare umore.
Daniel mi fissa negli occhi e, come per magia, tornano i soliti occhi dolci e innamorati di sempre. Allunga le braccia come per chiedermi di avvicinarmi a lui, e così faccio. Lo abbraccio come fosse un bambino, lo stringo forte a me mentre poggia il viso sul mio petto. Nonostante abbia poche forze, la forza che mette nelle braccia per stringermi a lui è forte, quando ad un certo punto mi accorgo che sta tremando. Lo sento singhiozzare e non si scolla da me. Gli accarezzo dolcemente i capelli e la schiena mentre appoggio la mia guancia sulla sua testa. Rimaniamo così per qualche istante. Poi lo allontano dolcemente da me e, proprio come fa lui quando a piangere sono io, gli accarezzo il viso per asciugargli le lacrime.

Siamo arrivati all'aeroporto. È veramente enorme, non smetterò mai di stupirmi dell'imponenza di questa città. Palermo è sicuramente grande, ma mai come Milano.
Sono le 16:00 e tra poco Alessia si imbarcherà per il volo. Sapevamo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, ma avrei preferito trascorrere questi giorni con lei diversamente. Se le cose non fossero andate così, l'avrei portata in centro per mostrarle il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele II per farle fare i tre giri sulle palle del toro, anche se a quanto pare non portano vernante fortuna. Poi le avrei fatto visitare il Parco Sempione e le avrei raccontato del carnevale che ogni anno organizzano, come mi informò Daniel la prima volta che mi portò in quel bellissimo ed enorme spazio verde. L'avrei portata a fare shopping e le avrei fatto assaporare i cocktail di Michele allo Spritz per farle vivere per una sera cosa significa fare il famoso aperitivo alla milanese. Avrei voluto tanto fare queste cose con lei, ma il destino ce lo ha impedito.
Le lancette dell'orologio continuano a scorrere, ed io vorrei tanto fermare il tempo, o addirittura tornare indietro al giorno di Capodanno per poter evitare tutto ciò che è successo e godermela appieno. Ma non si può, la magia non esiste, quindi non ci resta che accettare la realtà.
«Mi mancherai tantissimo Marta» mi dice scoppiando a piangere, e si avvicina per abbracciarmi. Ricambio senza riuscire a ricambiare il sentimento a causa della tristezza per la sua partenza.
«Scusa se ti ho rovinato il Capodanno» dico.
«Non dire stupidaggini Marta! Certo, ti voglio bene e non avrei mai voluto vederti soffrire in quel modo. Però non farti alcun tipo di problemi per me, sono stata bene!»
I suoi occhi castani brillano ed io mi sento così fortunata di essere riuscita a portarla, anche se per poco, dentro la mia nuova vita.
«Tornerai, non è vero?» le chiedo sperando di sentirmi dire SI.
«Ovvio che tornerò!»
Mi abbraccia forte a sé e poi, dopo essersi messa lo zaino sulle spalle, si avvicina ai miei genitori.
«Grazie ancora per l'ospitalità. Mi ha fatto davvero piacere rivedervi e stare in vostra compagnia per un po'.»
«Grazie a te di aver fatto felice Marta. Sei come una figlia per noi, torna quando vuoi» risponde mio padre.
«Penso sarebbe più corretto dire quando puoi, dati gli impegni scolastici!» controbatte mia madre, scoppiando poi in una risata contagiosa.
«Adesso devo andare - ci sorride con le lacrime agli occhi. - Ti voglio bene Marta.»
«Ti voglio bene Alessia. A presto!»
Afferra il manico della valigia e, dopo averci fatto un ultimo saluto con la mano libera, si volta e si allontana. Non credevo che vederla partire avesse provocato così tanto dolore ... mi mancherà tantissimo.

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