91. LAURA, UNA PESSIMA AMICA

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MARTA
«Ha mai sentito dirmi che non ho intenzione di crescere quel bambino? - dice Daniel a tono elevato e alquanto aggressivo. Lo sapevo che si sarebbe innervosito. - A parte il fatto che quello è anche mio figlio, non solo di Marta, punto primo. E punto secondo penso di avervi sempre dimostrato il mio amore per vostra figlia. Non credo che sia molto corretto ciò che sta affermando in questo momento.»
«Daniel ti prego, abbassa la voce» mi chiede mia madre, imbarazzata.
«No, un cazzo! - sbatto i pugni sul tavolo. - Non ha il diritto di trattarmi in questo modo. Capisco che sia preoccupata per il futuro di Marta, e lo capisco. Ma nonostante tutto non credo di meritarmi tale trattamento» il suo sguardo è avvelenato ed io non so cosa dire.
«Hai ragione, mia moglie ha esagerato, ti chiedo scusa da parte sua. Cerchiamo di rimanere calmi» dice Filippo, prendendo le mie parti.
«Io ho esagerato? È lui che ha messo incinta mia figlia! È ancora minorenne, ma volete capirlo? Facile parlare per te - urla mia madre, additando Daniel - che sei all'ultimo anno di liceo. Facile parlare dato che non dovrai subirti la gravidanza per nove lunghi mesi. Facile parlare dato che vivi in un'altra casa e non dovrai subirti i pianti e le poppate in piena notte. Facile parlare dato che...»
«Adesso basta mamma!» urlo, esausta.
Una lacrima inizia a scivolarmi sul viso.
«Marta, tu sei la mia bambina» risponde a voce rauca, sentendosi attaccata.
«E la sarò per sempre, mamma. Ma adesso la situazione è questa, abbiamo deciso di fare questa dannata cena con Daniel e la sua famiglia per supportarci tutti, non per attaccare lui e mettermi altro stress addosso» dico tutto d'un fiato, per poi alzarmi ed uscire dalla sala, mentre tutti gli ospiti del locale ci fissano.

DANIEL
«Marta!» urlo, per poi seguirla fuori dal ristorante.
Una volta fuori la cerco nel buio, fino a quando la vedo di spalle, seduta su degli scalini poco lontano dal parcheggio delle auto. Mi avvinino a lei senza dirle nulla. L'unica cosa che faccio è prenderle la mano.
«Ti chiedo scusa per mia madre. È solamente spaventata, ma non credo pensi davvero le cose che ha detto» dice a bassa voce, tra le lacrime.
«Ti chiedo scusa anche io per come le ho risposto. È solo che la gente ogni volta mi giudica ancor prima di conoscermi o addirittura, come adesso, senza che io abbia sbagliato.»
Non voglio farla sentire in colpa, ma quella donna sarà difficile da domare.
«Adesso però torniamo dentro - le dico accarezzandole il viso per asciugarle le lacrime. - Risolveremo tutto, te lo prometto.»
Marta mi fissa con quegli occhioni grigi per poi sussurrarmi che mi ama. In quel momento sbuca suo padre da dietro le nostre spalle.
«Ehi tesoro, stai bene?» chiede rivolgendosi alla figlia.
Marta annuisce senza rispondere. Chissà cosa sta pensando Filippo in questo momento. Magari la sua calma è solo apparente, magari dentro vorrebbe uccidermi anche lui, chi lo sa. L'unica cosa di cui sono certo è che io mi prenderò cura della mia famiglia, come mio padre non ha fatto.

***

Suona la sveglia ed io, nonostante l'alba non sia ancora arrivata, sono euforico per la partenza. Ieri sono stato tutta la sera con Marta per farla tranquillizzare riguardo le due oche, citandola. Penso di esserci riuscito, ma vedremo come andranno questi giorni. Per il weekend sarò già tornato e mi dedicherò solo ed esclusivamente a lei.
La valigia per fortuna l'ho già preparata ieri pomeriggio così, dopo essermi lavato è vestito, scendo in cucina a fare colazione.
«Buongiorno!» dico a mia madre e a Rob con un sorriso.
«Buondì - rispondono entrambi. - Sei pronto?» prosegue Rob.
«Assolutamente si, non vedo l'ora di arrivare» ammetto con un sorriso a quarantaquattro denti.
«Mi raccomando, stai attento. Scrivimi sempre e chiama quando puoi, okay?» mi prega mamma tutta agitata. Le sorrido per poi darle un bacio sulla fronte.
«Su, ora dovente andare. Ti accompagna solo Rob perché io devo portare Nora a scuola, spero non sia un problema» chiede mia madre.
«Stai tranquilla mamma» le dico, leggendo la sua ansia per il distacco che subirà per lunghi cinque giorni (ovviamente sono ironico).
Infilo il giubbotto e il cappello, afferro la valigia e, dopo aver salutato, esco assieme a Rob. In poco più di mezz'ora siamo al parcheggio dell'aeroporto. Alcuni ragazzi sono già arrivati, accompagnati dalle loro famiglie. Della mia classe non c'è ancora nessuno ad eccezione di Mirco. Ringrazio Rob per il passaggio e scendo dall'auto per andare da lui.
«Buongiorno, come stai?» mi chiede.
«Eccitato. Non vedo letteralmente l'ora di arrivare! Sono un sacco di anni che desideravo di andare a Londra, ed eccomi finalmente ci andrò - dico felice. - Tu invece come stai?»
«Io tutto bene, ma ammetto di avere sonno. Marta invece come sta? È tranquilla per la tua partenza?»
«In realtà non molto, ma le ho parlato per cercare di farla stare il più tranquilla possibile, così che di conseguenza lei possa far stare sereno me, ne ho proprio bisogno.»
Leggo compassione nei suoi occhi, e se la cosa normalmente mi avrebbe fatto infastidire, questa volta invece mi rende felice, felice per l'amico vero che ho al mio fianco. Mirco è sempre stato sincero e onesto con me, anche per gli argomenti più intimi che lo toccavano, quale l'omosessualità, e questo significa molto per me. Significa che si fida ciecamente di me, che si sente al sicuro con me e che farebbe di tutto per me. Adesso però non è più solo un fratello per me, ma un ottimo amico anche per Marta, e la cosa non potrebbe rendermi più felice.

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