2008
Quel profumo era la certezza di essere al sicuro, quelle braccia che circondavano Daniel erano le braccia di chi avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, lo avrebbero protetto da ogni cosa spaventosa. Non c'era nulla di cui preoccuparsi. La mano che affondava nei sui capelli, il respiro simultaneo al suo, i baci leggeri, riuscivano in qualche modo a tranquillizzarlo, amava quel contatto. Poi però, in un istante, le braccia che lo avvolgevano sparivano e non c'era più niente. Solo panico, il vuoto, il buio, un buco nero che lo inghiottiva. Solo, abbandonato nella sua paura, solo con i mostri nella testa.
-Mamma!
Daniel sprofondò per un attimo che gli sembrò invece un eternità, al risveglio si ritrovò su un letto che non era il suo. Ci volle qualche minuto per realizzare dove fosse, aveva la tachicardia e l'ossigeno entrava nel suo corpo ma sembrava non riuscire a raggiungere i polmoni, il peso sul petto faceva male più di tutto, partiva da lì il dolore grave e piano si diffondeva nel resto del corpo, la testa era così pesante da sentire la necessità di tenerla tra le mani, aprì la bocca, per far entrare maggiore aria. Niente. I suoi polmoni sembravano non voler funzionare correttamente, così come il cuore che stava uscendo dal petto e la testa che gli stava scoppiando.
"Forse è questo che si prova in punto di morte... forse sto morendo..." pensò.Daniel non morì quella sera.
Sei anni, primo attacco di panico.
Ne seguirono altri nelle notti successive.
Il piccolo Daniel era terrorizzato al pensiero della morte, da quando la sua mamma era volata in cielo non faceva altro che pensarci, soprattutto di notte.Una sera lo notò, c'era una testa bionda che lo fissava nel buio, lo scrutava quasi come a voler chiedere il permesso per entrare nel suo mondo complesso.
-Enea. - Sussurrò Daniel
- Ti ho sentito, hai fatto ancora quel brutto sogno? - chiese Enea preoccupato
Daniel annuì, era sempre lo stesso incubo, quello che lo tormentava tutte le notti.
- Potrei restare qui con te se... - Enea non finì la frase
- Si ti prego.
A quella risposta il biondino si infilò sotto le coperte del suo amico, lo abbracciò e fece poggiare la testa di Daniel sul suo petto, accarezzava i suoi capelli e respirava il suo profumo mentre piano incominciava a regolarizzare il respiro.
Da quando la mamma di Daniel era morta, lui era rimasto dagli Angeli: Federica e Mattia Angeli, i genitori di Enea.
Sin da adolescenti erano stati i migliori amici di Lexie, la mamma di Daniel.
Lexie e Federica scoprirono di essere incinte entrambe nello stesso periodo, ad ogni occasione amavano raccontare l'aneddoto della reciproca rivelazione alla gravidanza. Fantasticavano sempre su come i loro figli sarebbero cresciuti insieme, come fratelli. Manco a farlo apposta ad entrambe si ruppero le acque lo stesso giorno.
Il pomeriggio del 15 settembre 2002 nacque Enea, il bimbo di Federica; poco dopo la mezzanotte del 16 settembre 2002 nacque Daniel il bimbo di Lexie.
Lexie e suo marito, Filippo Proietti, abitavano accanto agli Angeli, ogni occasione era buona per passare del tempo insieme, far giocare i bambini e conversare davanti a un caffè.
Dopo la disgrazia alla moglie, Filippo partì in Australia per lavoro, lasciando suo figlio di appena sei anni. Sarebbe tornato presto diceva.Enea era triste quando pensava a quello che era successo a zia Lexie, lo era anche nel vedere Daniel stare male, lo notava, se ne accorgeva che il suo amico non stava bene e sarebbe stato disposto a prendersi un pezzettino nel suo male per farlo stare meglio, anche più di un pezzettino, se fosse veramente potuto servire.
In fondo una grande empatia era sempre stata la principale caratteristica di Enea, anche a sei anni.Tuttavia si sentiva sempre impotente, incapace di poter fare realmente qualcosa che lo facesse stare meglio, Daniel mangiava poco, dormiva male, la maggior parte delle volte il suo sguardo era fisso nel vuoto, aveva perso la sua luce. Non voleva più andare a scuola e per un po' Federica aveva deciso di assecondarlo, anche se il bambino stesso sapeva di doverci tornare. Ogni giorno Enea faceva i compiti sia per sé che per Daniel, tra l'altro erano nella stessa classe, per non farlo rimanere troppo indietro.
Le maestre chiedevano del suo amico e non sapeva mai bene cosa rispondere.
Non aveva mai pensato alla morte prima che questo accadesse a zia Lexie, e ora questo pensiero gli metteva angoscia. Aveva paura di perdere le persone che amava. Sapeva che queste stesse cose le provava pure Daniel, per questo la notte non dormiva, per questo sentiva il suo cuore battere così forte quando dormivano abbracciati, ma entrambi riuscivano a tranquillizzarsi a vicenda.- Grazie. - la voce di Daniel escì in un breve sussurro
- Di cosa?
- Che ci sei sempre.
- Sempre. - Ribadì Enea
- Io... ho paura di perdere pure te. -
- Anche io... ma ora sto qua Dado, pensa a questo. -
Aveva ragione Enea, pensò Daniel, in quel momento la sua persona preferita era con lui e questa era l'unica cose che contava.
Tra le braccia di Enea non si sentiva più abbandonato, si sentiva apprezzato, voluto, amato.
Non era solo, le braccia di Enea non sarebbero sparite come quelle di sua mamma, almeno per adesso, Enea era lì e poteva fare sonni tranquilli.- Io sono qui.
Piano si abbandonò, lasciando che i muscoli del suo corpo si placassero e il dolore sopisse.
- ENEA! MA DOVE SI È CACCIATO MO?! -
Le urla vaghe che provenivano da lontano interruppero il sonno, anche se non erano ancora del tutto svegli.
- Ah tu qua stai? Mi hai fatto preoccupare non ti ho trovato in camera tua, dai alzati che devi andare a scuola, altrimenti farai tardi. - Federica entrò nella stanza
Enea emise un mugolio mentre si stropicciava gli occhi, Daniel intanto si staccò da lui per alzasi.
- Vado anche io a scuola oggi. - fu Daniel a parlare.
Questo fece scattare dal letto Enea.
- SI! Si si si!!! - Enea non vedeva l'ora che Daniel sarebbe tornato, il posto vuoto accanto a lui era troppo brutto, subito gli avvinghia le braccia al collo
- Così mi affoghi. - Daniel rise.
- Hai deciso di tornare!
- Tanto ci sei tu.
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Metà della mia anima
Fanfiction[...] - Come stai? - chiede Enea. Silenzio, un silenzio che ferisce perché contiene in sé la risposta. - In classe mia siamo arrivati a Virgilio. - Esordisce. - Il tuo nome lo leggo e lo sento pronunciare in continuazione... capisci che tortura è...