Capitolo 13

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Pov. Talia

Quando le guardie vengono a prendermi sento una nota di paura che mi trapassa. Non so cosa mi faranno, non capisco immediatamente perché proprio a me. Poi tutto si fa chiaro: Luke.
Dovrei essere arrabbiata con lui, sono certa che se lui sa che mi hanno presa sta pensando che lo odio, che penso sia tutta colpa sua, che non vorrò più vederlo in vita mia. Eppure non è così. Una parte di me vorrebbe serbare rancore nei suoi confronti, ma la verità è che sono solo preoccupata per lui. Se si è messo nei guai vuol dire che è successo qualcosa, spero non sia ferito, spero non stia male...

Mi portano giù per una lunga scalinata. Non tocco nemmeno a terra con i piedi visto che le due guardie mi tengono sollevata per le braccia. Non capisco se hanno paura che possa scappare o che possa sporcare il pavimento camminando.

Arriviamo fino ad una cella buia. All'interno vi è ogni tipo di strumento di tortura: fruste, coltelli, spade, mazze chiodate. Ma la cosa più inquietante è l'uomo che mi aspetta laggiù. Leandro è pronto a divertirsi con me. Non voglio nemmeno immaginare cosa mi farà.

<<Ma tu guarda. La mia adorata sorellina>> ghigna. Lo guardo confusa

<<Sorellina? Ma ti se bevuto il cervello?>> dico a denti stretti. Lui non perde né la calma né il ghigno.

<<Be', sono un figlio di Zeus anche io, quindi credo sia logico che tu sia mia sorella, e sei anche la "sorellona" della mia futura sposa. Ciò ti rende ancora di più mia sorella>> dice tranquillo, lo guardo furente

<<Annabeth non è la tua futura sposa. Non lo sarà mai. Quindi levatelo dalla testa e lasciami.>> dico dimenandomi, forse sto solo peggiorando la situazione, ma quale altra occasione avrò per dirgli tutto in faccia?

<<È qui che ti sbagli.>> mi guarda improvvisamente serio <<Perché sarai proprio tu ad aiutarmi.>> faccio un verso di scherno

<<Non ti aiuterei nemmeno morta.>> sputo acida, lui sogghigna

<<Ma tu guarda un po', quella è proprio la tua unica alternativa>> ghigna <<O mi aiuti o muori qui, stanotte, dopo lunghe ore di tortura.>>

<<Anche se ti dicessi di sì stanotte cosa ti fa credere che manterrò la promessa?>>

<<Molto semplice. Giurerai sullo Stige. E se proverai a disubbidire ne pagheranno le conseguenze anche il tuo caro fidanzato, il tuo adorato fratellino e i tuoi amici del campo.>> sussulto. Non può fare una cosa del genere. Ma non posso tradire Annabeth. Come dovrei convincerla a sposare quel mostro? Perché dovrei farlo? Non posso cedere alle sue minacce, ma non trovo soluzioni che facciano soffrire meno gente... tranne una.

<<Bene.>> dico solo, Leandro sogghigna, convinto di quello che sto per dire <<Cominciate pure a torturarmi.>> dico solo. Il sorriso sparisce dalla faccia di quel mostro, io sorrido soddisfatta.

<<Pessima scelta.>> dice, io invece sono particolarmente convinta di ciò che sto per fare, non ho intenzione di cedere e lasciargli fare del male a tutti. Piuttosto torno nei campi elisi con Zoe.
Leandro ha un'espressione sadica e malvagia. Per tutta la notte non fa altro che ferirmi, senza ferite troppo profonde per uccidermi né troppo lievi per non farmi sentire nulla. Ogni tot di torture mi chiede se ho cambiato idea, ma ogni volta che scuoto la testa lui va più pesante e mi colpisce con più forza. Io sono tutta sudata, piango, cerco di dimenarmi ma non urlo. Non voglio dare questa soddisfazione a quell'essere. Mi permetto solo qualche gemito o lamento. Mi mordo il labbro e la guancia per resistere, ma non cedo. Passano intere ore così. Sento il sangue che cola per le braccia e le gambe. Ho ferite lungo tutto il corpo, tagli più o meno profondi, lividi evidenti e qualche parte gonfia, il viso è pieno di tagli. Ho sbattuto la testa diverse volte e una scia di sangue scede anche da lì, rigandomi il viso come una lacrima. Solo nelle mattinate, quando vedo che il sole sta sorgendo al punto da illuminare quel tanto che basta per permettermi di guardarmi attorno e vedere di più di quello che lasciavano intravedere le fioche luci delle candele, non resisto e, dopo un colpo eccessivamente doloroso, mi lascio sfuggire un urlo che avrebbe fatto rabbrividire chiunque. Vedo Leandro ghignare, forse anche lui è stanco dopo tutta la notte passata a farmi male. Quindi decide che per oggi è abbastanza. Ma non mi libera. Non mi lascia tornare dalle ragazze. Evidentemente la mia tortura non è ancora finita. Mi lega le braccia dietro la schiena e anche le gambe, così da rendermi impossibile ogni movimento, poi esce silenziosamente dalla stanza, mentre nella mia mente solo un pensiero si fa largo: Luke. La mia testa è piena di lui. Chissà cosa sta pensando, cosa sta sognando, se è riuscito a dormire, se mi ha sentita, se arriverà a salvarmi. Un'ultima frase si fa largo nella mia testa: Luke, ti prego, non abbandonarmi. Poi il buio totale.

Percabeth- troveremo la nostra paceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora