9. Hey brother, do you still believe in love, I wonder?

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Quando la voce metallica del capotreno annunciò ai passeggeri di essere in arrivo ad Osaka, Atsumu aprì lentamente gli occhi, guardandosi intorno stranito e ancora nel mondo dei sogni. Tutti gli altri passeggeri si stavano preparando per la fine del viaggio: c'era chi stava sistemando i propri appunti e libri nello zaino, chi si stava rimettendo la giacca per prepararsi ad una riunione di lavoro e chi aveva afferrato il proprio cellulare e stava chiamando chi di dovere per avvertirli di essere arrivati a destinazione. E Atsumu li stava osservando tutti, da capo a piedi, scorgendo nel volto di tutti loro un motivo diverso della loro felicità: chi era felice per l'università, chi per il lavoro, chi per la famiglia ritrovata. Anche Atsumu, in realtà, doveva essere felice, ma non ci riusciva. Al contrario, il biondo si sentiva come se fosse appena approdato in un paese sconosciuto, con l'ansia di perdersi per strada e con la timidezza di chiedere indicazioni per strada. Eppure lui lì c'era nato e cresciuto e questo motivo era sufficiente affinché Atsumu si sentisse a casa. Ma non era così.

Dopo aver aspettato che tutte le altre persone fossero scese, Atsumu si alzò controvoglia dal comodo sedile del treno e si avviò con passo lento verso una delle uscite del vagone, scendendo da esso saltando il gradino che c'era nel mezzo. E due occhi grandi e grigi, accompagnati da un'espressione perennemente seria e da un ciuffo di capelli dello stesso colore, lo stavano aspettando dall'altra parte della stazione, mentre le braccia erano spalancate, in attesa di un abbraccio. Atsumu non si aspettava che suo fratello lo venisse a prendere alla stazione e che, addirittura, lo accogliesse con un abbraccio, ma il biondo non si lamentò più di tanto e, appena la strada davanti a sé si liberò da tutte le persone, Atsumu corse nella direzione del fratello, immergendosi completamente in quelle braccia – così familiari – che lo strinsero forte. Ma quell'abbraccio – seppur pieno di quell'amore fraterno che mancava ad entrambi – non era come quelli di Kiyoomi.

— Oi, 'Tsumu — la voce di Osamu richiamò su di sé l'attenzione di Atsumu, costringendolo a sollevare la testa dalla sua spalla per guardarlo negli occhi. Osamu la vedeva tutta quell'infelicità che addosso ad Atsumu stonava, vedeva quelle maledette lacrime intrappolate da troppo tempo negli occhi castani del fratello e, grazie a qualche strana connessione tipica dei gemelli, sentiva anche tutto il dolore che Atsumu aveva in corpo e la guerra che si stava combattendo sia nel suo petto che nella sua testa. E ad Osamu dispiaceva, perché sapeva che quella situazione – in parte – era stata causata anche da lui, che aveva spinto Atsumu lontano dalla sua vita, lasciandolo a vagare da solo da città a città, da casa a casa, da uomo a uomo, senza offrirgli supporto. E se adesso Atsumu avesse trovato quel qualcosa, o quel qualcuno, che gli facesse dimenticare tutto lo schifo che quella kitsune aveva vissuto, allora Osamu avrebbe fatto tutto il possibile per rivedere suo fratello maggiore sorridere.

Osamu non riuscì a riprendere la parola, perché una lacrima silenziosa stava percorrendo la guancia destra di Atsumu, completando così quel quadro malinconico che il ragazzo dai capelli grigi aveva dipinto con maestria nella sua testa. — Ne vuoi parlare con me? — chiese Osamu azzardando, mentre con il pollice della mano sinistra aveva asciugato la lacrima sulla guancia di Atsumu, il quale – un po' titubante e sorpreso per la domanda del fratello – annuì in silenzio, lasciandosi guidare fuori dalla stazione. Ad Osaka faceva un po' più caldo di Tokyo, ma il vento era di gran lunga più forte e Atsumu fu costretto a tirarsi su il cappuccio della felpa nera e a stringersi in essa, cercando di impedire al freddo vento di penetrargli nelle ossa.

— Da dove devo partire? — chiese di rimando Atsumu, infilando le mani nelle tasche della felpa e spostando gli occhi dall'asfalto al volto del fratello. — Innanzitutto potresti dirmi "ciao 'Samu, mi sei mancato da morire" o qualcosa del genere — rispose Osamu ridendo, imitando la voce e i comportamenti di Atsumu, per provare a strappargli un sorriso, che – seppur meno luminoso del solito – spuntò sul viso del biondo, che poi tirò un leggero pugno sul braccio dell'altro ragazzo che finse di essersi fatto male, continuando ad imitare Atsumu.

𝐌𝐘 𝐋𝐈𝐓𝐓𝐋𝐄 𝐅𝐎𝐗 ; 𝘴𝘢𝘬𝘶𝘢𝘵𝘴𝘶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora