13. It's like we never happened, was it just a lie?

632 60 38
                                    

Kiyoomi

Era una mattina presto di metà dicembre quando Kiyoomi si trovava a camminare per le strade di Tokyo, avvolto dal gelido freddo che preannunciava l'arrivo dell'inverno, mentre suo cugino Komori non faceva altro che parlargli del festival che ci sarebbe stato il giorno prima del solstizio d'inverno. Con la sua solita mascherina bianca sul volto e con un'espressione più infastidita che assonnata – nonostante negli ultimi due mesi e mezzo le ore di sonno tranquillo di Kiyoomi si erano dimezzate –, Kiyoomi non stava capendo niente di quello che stava blaterando Komori, infastidendolo a sua volta.

— Kiyoomi, potresti ascoltarmi ogni tanto — asserì il castano, tranciando il discorso sul festival e guadando il cugino, che aveva chiuso gli occhi e aveva sospirato. Se solo Komori potesse essere in grado di capire anche solo una goccia di quel mare di pensieri che stavano divorando il cervello di Kiyoomi, allora sicuramente il castano non direbbe quelle frasi che, più che incoraggiare il corvino ad ascoltarlo, lo infastidivano più di quanto non lo fosse prima.

— Sono le sei e mezza di mattina, secondo te una persona normale ha voglia di conversare? — sbrattò Kiyoomi, accigliandosi e guardando il cugino che, rispondendogli, forse fece l'errore più grande di tutta la sua volta. — Due mesi e mezzo fa non eri così, Kiyoomi — e a quelle parole gli occhi scuri di Sakusa divennero ancora più scuri e cupi, uccidendo – se possibile – Komori con il solo potere del suo sguardo. Komori si allontanò di poco dal cugino, indietreggiando appena, abbassando poi la testa dopo essersi reso conto di quello che aveva detto. Kiyoomi lo aveva ignorato di nuovo, puntando il suo sguardo sulla strada che stava percorrendo e che avrebbero continuato a percorrere con l'aria tesa che si era creata.

E Komori aveva visto il cambiamento graduale del cugino dopo che Atsumu se n'era andato da Tokyo e dalla sua vita: tutte le mattine, il corvino faticava a svegliarsi e ad alzarsi, mangiava a malapena, camminava lentamente e svogliatamente verso la scuola che – in quel momento – sembrava essere la sua unica distrazione. A scuola, Kiyoomi aveva difficoltà a stare attento in classe, ritrovandosi poi con mille materie di cui non ci aveva capito niente, a pranzo mangiava soltanto perché Komori gli stava con il fiato sul collo. Per non parlare del club di pallavolo, in cui Kiyoomi sembrava più assente e invisibile di un fantasma, senza menzionare il fatto che aveva provato ad abbandonarlo più di una volta – fermato solo dall'insistente presenza di Komori – e che quell'idea gli stava ancora ruzzolando nella testa. Socialmente, invece, Kiyoomi aveva ripreso ad ignorare tutti quelli che lo circondassero e sembrava anche che si irritasse e arrabbiasse molto più facilmente di prima, la misofobia si faceva sentire sempre più forte e – forse – il corvino stava sviluppando una qualche altra tipo di fobia, come la filofobia.

Ma Komori non sapeva quello che, in realtà, stava passando Kiyoomi e anzi vedeva solo le conseguenze che si riversavano sul lato esteriore. Ma Sakusa, dentro di sé, aveva il cuore frantumato in mille pezzi che sembravano non volersi riunire e che anche Kiyoomi non aveva voglia di raccogliere e di ricomporre, spesso colpito da un forte dolore, che lo obbligava a stendersi sul letto e a cercare di farlo passare in ogni modo, mentre le lacrime uscivano dai suoi occhi contro la sua volontà. Le sue mani, di solito chiare, negli ultimi giorni si erano colorate di viola e di rosso, a causa dei lividi e dei graffi che si erano formati non appena Kiyoomi aveva tirato dei pugni allo specchio del suo bagno, frantumandolo e procurandosi una serie di tagli, che i suoi guanti bianchi copriva. E la testa gli pesava, gli faceva male e Kiyoomi voleva solo sbatterla contro il muro, sperando che in quel modo riuscisse a togliersi dalla testa Atsumu. E forse il tempo lo stava aiutando, in un certo senso, e con il suo scorrere lento anche i ricordi che Kiyoomi aveva di Atsumu, lentamente, stavano diventando sempre più lontani e annebbiati.

— Di cosa stavi parlando prima? — Kiyoomi riprese la conversazione, non sopportando il silenzio che amplificava solo i suoi pensieri. Komori sobbalzò dalla sorpresa e sorrise lievemente, tirando fuori un volantino fin troppo colorato per gli occhi stanchi di Sakusa. — Il 20 dicembre, a Tokyo, c'è il festival più importante di tutto il paese e anche l'ultimo festival che si tiene prima della fine dell'anno — riprese a spiegare Komori, passando il foglietto a Kiyoomi, che lo afferrò titubante, osservandolo attentamente e leggendo ciò che c'era scritto sopra. Il castano spostò lo sguardo su Kiyoomi e smise per un attimo di parlare, notando che il cugino era concentrato a leggere tutte le informazioni dell'evento. — E volevo andarci, ovviamente portandoti con me — disse tranquillamente Komori, anche se già era a conoscenza della risposta negativa del corvino.

Kiyoomi spalancò gli occhi e restituì il volantino al cugino, ignorando per un attimo l'ultima frase che aveva pronunciato. — No, non ci vengo. Troppe persone — disse Kiyoomi, rimettendo le mani nelle tasche del suo giubbotto, mentre con la coda dell'occhio riusciva a vedere l'espressione contrariata di Komori. — E invece tu ci vieni. Sono due mesi e mezzo che non esci di casa, se non per venire da me e studiare. Perché non vai avanti? Stai costruendo di nuovo quelle mura che ti impediscono di vivere per bene — disse a tono Komori, guardando Kiyoomi con sguardo dispiaciuto. Kiyoomi abbassò lo sguardo, segno che non voleva continuare quella conversazione. — Kiyoomi, io non so e non posso capire quello che stai passando adesso, ma è passato tutto questo tempo e tu sei sempre qua, da solo. Hai bisogno di andare avanti, fallo per te stesso e per nessun altro — finì di parlare Komori, fermandosi davanti alla vetrina di una pasticceria per osservare i dolci che vendevano.

Kiyoomi sapeva che Komori aveva ragione, che in quei due mesi e mezzo Atsumu non si era fatto vedere né sentire in qualche modo, che non gli aveva mandato nessun segnale per rassicurarlo che stesse bene e che stesse ancora pensando a lui. E una domanda gli venne spontanea: tutto quello che era successo, era successo per davvero? O era tutto finto? O era tutto una bugia? E allora tutta la storia dei soulmate e tutte quelle emozioni che avevano condiviso non erano vere? E Kiyoomi si rispose da solo: si rese conto che niente di tutto quello era vero, perché adesso tutte le attenzioni della kitsune si erano concentrate in un'altra persona che forse era destinata a stare con Atsumu più di Kiyoomi.

Nelle sue mani, adesso senza guanti ed esposte allo sguardo curioso di Komori, Kiyoomi stava stringendo una tazza di cioccolata calda, stringendola per i lati cercando di rubarne tutto il calore per sconfiggere il freddo che aveva addosso. — E smettila di usare la scusa delle troppe persone, lo sappiamo entrambi perché non vuoi venire — parlò di nuovo Komori, sedendosi di fronte a Kiyoomi con una tazza fumante e un pezzo di torta. — Anzi, quel tuo vero motivo dovrebbe spingerti a venire, per dimostrargli che tu lo hai superato, come lui ha superato te — il castano continuò a parlare, prendendo un grande pezzo della torta e mangiandola allegramente.

— Va bene, verrò con te — asserì Kiyoomi, più per convincere sé stesso anziché il cugino, che esultò sul suo posto, facendo imbarazzare Kiyoomi. — Dovremmo vestirci tradizionalmente? O andiamo vestiti in modo normale? — chiese felice Komori, iniziando già a fantasticare sul festival. Ma lo sguardo freddo di Kiyoomi aveva già risposto alla sua domanda, alla quale se ne susseguirono un'altra decina, alle quali Kiyoomi rispondeva con le occhiatacce e non a parole. — Questa è l'ultima volta che faccio qualcosa per te — blaterò il corvino, mentre Komori aveva smesso di ascoltarlo da un bel pezzo, ancora concentrato nei suoi festeggiamenti e nei suoi progetti per il festival, nonostante mancassero cinque giorni abbondanti. Forse il festival era l'unica occasione che Kiyoomi aveva per superare e, magari, per dimenticare Atsumu, ma in lui c'era qualcosa che continuava a ripetergli che non lo avrebbe mai dimenticato e che, addirittura, lo avrebbe rivisto.

𝐬𝐜𝐮𝐬𝐚𝐭𝐞𝐦𝐢 𝐬𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐢
𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐭𝐢, 𝐦𝐚 𝐯𝐢
𝐩𝐫𝐨𝐦𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨
𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐬𝐚𝐫𝐚̀ (𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨) 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐥𝐮𝐧𝐠𝐨! ♡

𝐌𝐘 𝐋𝐈𝐓𝐓𝐋𝐄 𝐅𝐎𝐗 ; 𝘴𝘢𝘬𝘶𝘢𝘵𝘴𝘶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora