10. I want you to be happier

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Osamu

Dopo aver sentito il proprio fratello sfogarsi, mentre piangeva copiosamente e sorrideva allo stesso tempo, mentre sentiva una stretta al petto, Osamu non poteva starsene lì impalato, a guardare Atsumu che sprofondava ad ogni passo che faceva verso un'apparente felicità, che lo stava solo accecando. Non poteva permettere che un'anima così splendida – seppur macchiata dal suo egocentrismo e menefreghismo – smettesse di brillare e di illuminare la vita delle altre persone, e in questo caso quella di Sakusa. Osamu non riusciva ancora a spiegarsi come tutto fosse accaduto, come suo fratello – così geloso delle sue cose – fosse riuscito a lasciarlo andare per la sua strada, sapendo benissimo che quella non sarebbe stata la soluzione a tutti i suoi problemi. E non riusciva nemmeno a crederci che Atsumu, nonché quel ragazzino curioso e costantemente alla ricerca della vera felicità e del vero amore, avesse rinunciato a tutto quello che aveva finalmente trovato dopo tanti anni trascorsi a vagare e vagabondare per il paese, nella speranza di trovare quei due occhi neri che tanto lo stavano aspettando e che, per molto tempo, lo avevano chiamato da lontano.

Ed era anche colpa sua, Osamu lo sapeva benissimo e se ne pentiva, dopo tutti quegli anni. Riusciva anche a leggerlo nello sguardo ferito di Atsumu e nelle parole taglienti che il biondo aveva usato quando si era confidato, cercando di mascherare inutilmente come quella sua stupida decisione lo avesse portato sulla strada dell'odio, dell'infelicità, dell'autodistruzione. E Osamu non poteva permetterlo, non poteva permettere che Atsumu si riducesse in quello stato per colpa sua. Non di nuovo. Se in passato lo aveva fatto, era sicuramente perché era invidioso di Atsumu e del fatto che lui potesse uscire da quelle quattro mura cadenti della loro casa perché doveva cercare questo soulmate, di cui Osamu ha sempre dubitato l'esistenza. E quando lo aveva visto con i suoi occhi grigi, sentì una morsa al cuore e i nodi che si formavano in gola e nello stomaco, sentendosi colpevole di aver quasi ucciso il fratello, che tutte le volte tornava a casa ferito e piangendo, mentre l'odio che Atsumu provava per Osamu aumentava a dismisura.

Anche quel giorno – quando lui e suna incontrarono Kiyoomi – Osamu aveva fatto l'ennesimo passo falso nel riguadagnarsi la fiducia del gemello, consigliando ad Atsumu di tornare a casa, perché tanto non poteva scappare al suo triste destino già scritto. E una volta tornato a casa, si era dato dello stupido, guardandosi allo specchio, perché alla fine stupido lo era sempre stato. E adesso era seduto per terra, in mezzo ad uno dei tanti giardini di quel piccolo villaggio di kitsune, mentre cercava una soluzione a quel problema che, oltre di Atsumu, era anche suo. Voleva e doveva trovare un modo per liberare Atsumu dalle grinfie di quella kitsune. — 'Samu. — una voce alle sue spalle interruppe i suoi pensieri frenetici, permettendogli di prendere attimi di respiro. E Osamu ringraziò mentalmente quella voce.

Al suo fianco si sedette un ragazzo dagli inconfondibili occhi verdi, quel ragazzo che amava da quando erano piccoli cuccioli di volpe. Osamu passò una mano nei capelli castani di Rintarō, che appoggiò la testa sulla sua spalla, nascondendo il viso nel collo dell'altro ragazzo e cingendogli il petto con le braccia. Restarono in quella posizione per una decina di minuti, mentre Osamu era sprofondato di nuovo nelle sue colpe e nei suoi rimorsi. — che ci fai qua? — parlò di nuovo il castano, spostando la testa e guardando dal basso Osamu, che sembrava essersi perso nel vuoto. Rintarō conosceva Osamu meglio di sé stesso e aveva imparato ad associare ogni espressione del suo viso ad uno stato d'animo: aveva capito così che il suo futuro marito era preoccupato e voleva chiedergli cosa gli stesse passando per quella testa che si ritrovava, ma non lo fece, per non intromettersi nel suo problema. — Rin, tu ci credi all'amore tra un umano e una kitsune? — Osamu chiese all'improvviso, il che obbligò Rintarō ad alzarsi e fissarlo negli occhi, cercando di capire da dove provenisse quella domanda fuori luogo. Che lo stesse lasciando per un umano? No, questo era impossibile. O almeno sperava fosse così.

𝐌𝐘 𝐋𝐈𝐓𝐓𝐋𝐄 𝐅𝐎𝐗 ; 𝘴𝘢𝘬𝘶𝘢𝘵𝘴𝘶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora