Rosso sangue

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Me ne stavo seduta sul divano, creando strani filamenti argentati con la bacchetta. Nella stanza accanto il bollitore fischiava, segno che il the era pronto. Sbuffando mi alzai, mossa soltanto dalla voglia di una tazza calda e fumante tra le mani. Nonostante fosse soltanto il primo novembre, le temperature erano glaciali. Le macchine procedevano ai 40 km all'ora, sperando di non scivolare sulle lastre di ghiaccio che ricoprivano la strada. Probabilmente il comune doveva ancora procurarsi il sale per le gelate. I negozi erano vuoti. Vendevano vestiti troppo leggeri per la situazione. In quei giorni ogni donna di casa saliva su una scala a pioli malferma, spolverava e trascinava le pesanti scatole contenenti gli abitanti invernali dal ripiano più alto dell'armadio al letto, lasciandole cadere con un tonfo sul materasso. I bambini, nonostante mancasse più di un mese e mezzo a natele, cominciavano già a sfogliare i cataloghi di giocattoli, azzeccando la loro prossima preda. Tutto sapeva di inverno, l'odore di legno e arancia nell'aria, il tempo nuvoloso, il silenzio lungo la strada. Per la prima volta nella mia vita abbandonai le amate pagine di un libro per concedermi del relax. Il film più indicato per il momento era "Orgoglio e pregiudizio", ma, da persona depressa che si rispetti, inserii nel lettore CD il "Grinch". Era proprio così che mi sentivo, un Grinch. Non avevo nessuno con cui festeggiarlo e, nonostante una piccola parte del mio cuore lo avrebbe sempre amato, quell'anno ODIAVO il Natale. Tutti così felici, allegri, spensierati... no, non faceva per me. Sembra così strano che sotto il periodo natalizio l'unica preoccupazione della gente siano i regali, eppure... Sbuffai nuovamente per poi spegnere il film, che aveva iniziato ad essere troppo triste pure per i miei standard, e indossai il cappotto. Schiacciai il nido di boccoli che avevo in testa sotto il berretto di lana rosso e calzai i miei adorati anfibi neri. Feci un respiro profondo prima di spegnere le luci di casa e aprire la porta, pronta per lasciare il calduccio del mio salotto per dirigermi alla biblioteca.

Arrivai a destinazione completamente congelata, facendo onore ai pochi temerari che, come me, avevano deciso di passare quel giorno di festa nel perfetto silenzio emesso dai libri. Abbandonai le mie cose sul tavolo più vicino e cominciai a camminare lentamente tra gli scaffali, strofinando il dito sul dorso dei tomi.
Avevo  ormai più di cinque libri tra le mani, quando attirò la mia attenzione un volume diverso dal solito. La copertina era nera lucida e le pagine troppo nuove per essere mai state sfogliate. Aggrottando le sopracciglia lo presi, capendo immediatamente di avere tra le mani un libro magico. L'energia che emanava quell'oggetto era tipica del mondo magico. Un po' riluttante al pensiero di quanto accaduto nella sezione proibita al primo anno lo aprii. Le pagine erano incollate e nel centro era stato ritagliato uno spazio, nel quale giaceva un cofanetto di velluto rosso. Le lettere della pagina cominciarono a sbiadire, tranne una parola: PRENDIMI. Normalmente non mi sarei mai azzardata a toccare un oggetto simile, ma, non avendo nulla da perdere, estrassi la scatoletta e riposi il libro. Posizionai il cofanetto sopra la mia pila di tomi e mi recai lentamente verso il tavolo che avevo scelto in precedenza. Appoggiai pesantemente i miei "acquisti" sul ripiano di legno e concentrai tutta la mia attenzione sulla scatolina. Presa da una strana impulsività la aprii. Al suo interno, elegantemente posizionata, si trovava una sottile catenina dorata con un ciondolo  altrettanto delicato seppur di notevoli dimensioni. La piastrina raffigurava un grifone su due zampe. L'occhio era stato sostituito da un rubino e l'intero oggettino era fatto d'oro. Con le mani tremanti lo estrassi dal giaciglio di velluto e lo girai. Un piccolo cervello astratto era inciso sul retro del medaglione. Lo guardai confusa. Un cervello? Quell'oggetto emanava una strana aura. Senza neanche pensarci, lo misi al collo. Subito dall'occhio del grifone si sprigionò una luce rossastra, la quale mi avvolse completamente sollevandomi a qualche centimetro da terra. Sgranai gli occhi e mi trattenni dall'urlare. Mi portai le mani al collo tentando invano di toglierla. Nonostante la collana non si fosse mossa di un millimetro, mi sentivo soffocare. Avevo la chiara sensazione che una corda si stesse lentamente stringendo attorno al mio collo. Mi portai le mani lì, non sentendo nulla. Poi, come tutto era iniziato, terminò. Tornai seduta sulla sedia, il medaglione smise di brillare e anche quella sensazione di soffocamento terminò. Provai subito a toglierla, ma ogni volta la toccavo prendevo la scossa. Raccolsi tutte le mie cose e tornai a casa.
Chiusi la porta con un tonfo, affannata e stremata per la corsa. Buttai a terrà tutti i libri e il cappotto. Non mi curai neanche di togliermi gli scarponi bagnati. Salii velocemente al piano superiore ed entrai in bagno. L'immagine riflessa allo specchio mi pietrificò. I miei ricci castani avevano assunto una sfumatura rossastra e i miei occhi non erano più color ambra. Distrussi lo specchio. Non volevo vedermi in quello stato. Mi accasciai al suolo e cominciai a piangere graffiandomi il petto in un disperato tentativo di togliere l'artefice di tutta quella situazione.
Le mie iridi erano rosso sangue.

𝗦𝗘𝗜 𝗕𝗘𝗟𝗟𝗜𝗦𝗦𝗜𝗠𝗔, 𝗚𝗥𝗔𝗡𝗚𝗘𝗥  𝗗𝗿𝗮𝗺𝗶𝗼𝗻𝗲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora