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Fra lacrime e notti insonni passò un mese, e iniziai la seconda media. Nessuno mi chiese cosa ci fosse che non andasse nei miei modi di fare, o nel fatto che fossi visibilmente sotto terra, eppure tutti sapevano ciò che era successo tra me e Alessio.

Solo una mia compagna di classe, Laura, con cui avevo da subito legato molto, mi si avvicinò chiedendomi perché avessi quel muso lungo.

"Non ho più nessuno e...mi manca molto Alessio" le dissi, premendomi la gola.

Da qualche mese avevo iniziato a sentire un blocco alla gola, seguito da una pressione al torace. Io lo chiamavo "nodo". Non avevo idea di che cosa fosse, ma fino a quando si riduceva ad episodi sporadici, mi andava bene.

"Beh se vuoi puoi uscire con me e Luca". Questa frase mi illuminò gli occhi evidentemente, perché notai il sorriso con cui mi guardava. Luca era il suo ragazzo: stavano insieme da qualche mese, eppure erano carinissimi insieme. E lui era sempre stato gentile con me.

* * *

Alle cinque meno venti del pomeriggio arrivò Laura che, puntuale come sempre, suonò il campanello.

"Arrivo!" urlai affacciandomi alla finestra della camera.

"Finalmente Grace, volevamo conoscerti tutti. Laura ci ha parlato molto di te" mi disse Luca, sorridendomi e tendendomi la mano per presentarsi. "Che stretta" pensai, ricambiano il sorriso. Dicono che si capisca molto di una persona da come ti stringe la mano.

Passammo il pomeriggio tutti insieme fra risate, qualche birra e qualche panino.

Purtroppo la mamma di Laura era molto rigida riguardo gli orari, e la chiamò presto per tornare a casa, non lasciandomi altra scelta che così rientrare a mia volta a casa.

Luca mi fermò, chiedendomi di lasciarli il numero: "Sai, nel caso ci fossero problemi con Laura". Sorrisi, ben consapevole che non era quello il suo intento, e gli detti il numero.

Tornai a casa e, mentre riappendevo la felpa, lessi un messaggio: "Hey, scimmietta". Era Luca. Non mi meravigliai né mi schifai delle sue attenzioni, ma la cosa mi mise comunque a disagio. Non tanto per il soprannome poiché, dopo una mia smorfia, mi aveva chiamata così per tutto il pomeriggio. Più per il fatto che era il ragazzo di Laura, una mia amica, che si fidava di me. E il suo ragazzo stava scrivendo a me. Ma che cazzo!

"Ciao" risposi secca.

"Sai, mi piacerebbe conoscerti meglio, sei ok come tipa". Andiamo, davvero? Sul serio?

"Va bene, nessun problema" mi uscì di getto, e non ci riflettei troppo. Infatti, come ogni volta in cui non rifletto prima di prendere una decisione, me ne pentii circa una frazione di secondo dopo.

Iniziammo a parlare del più e del meno e via via iniziai a raccontargli alcuni pezzetti di me, e lui fece lo stesso. Arrivati a mezzanotte, mi addormentai con il telefono acceso sulla faccia.

* * *

Passarono due mesi, e io e Luca continuammo a sentirci. Nel frattempo tra lui e Laura le cose peggiorarono, ma non per colpa mia. Conoscendola sempre meglio e frequentandola oltre le cinque o sei ore di scuola, mi resi conto sapeva essere davvero di una pesantezza unica, oltre che incredibilmente superficiale. Era evidente, non solo per me, che non sarebbero durati a lungo.

Infatti, nemmeno il tempo di dirlo che una settimana dopo mi arrivò un messaggio di Luca:"Devo parlarti, ho rotto con Laura". Cristo, sono sempre stata schifosamente brava ad indovinare le mosse della gente. Misi da parte per un secondo il mio ego smisurato, mi vestii ed uscii in fretta di casa, salutando mia madre e farfugliando qualcosa come "Luca" e "Laura" con un piccolo "Ti voglio bene".

Quando arrivai al parco non ebbi nemmeno il tempo di parcheggiare la bicicletta che Luca attaccò a parlarmi: "Non sai che nervoso quando mi ha detto che per lei non contavo niente. Avrei voluto solo sparire. Anzi no: avrei voluto che fosse lei a sparire". Lo guardo senza sapere bene che cosa rispondere. Lui evidentemente capisce, e mi dice di non farmi scrupoli ad esprimere ciò che penso. Ma io non dico niente.

"Beh ora è tardi" mi disse, dopo aver parlato per un'ora. Effettivamente erano le sette e mezzo...

Mi alzai, e feci per salutarlo ma...Ecco, successe ciò che non doveva succedere: mi baciò. Lo guardai spaesata, rossa in viso tipo una fragola. Si appoggiò con la fronte alla mia e l'unica cosa che mi disse, sorridendo, fu: "Non una parola". Io ricambiai il sorriso, e annuii con una faccia da pesce lesso.

Che volete che vi dica? Sì, avete poco da giudicare: io e Laura ci conoscevamo da qualche mese, poco più, e nessuno mi aveva mai detto che esistesse un manuale delle amiche, e che la regola numero uno era proprio quella di non avvicinarsi mai all'ex ragazzo della tua amica. Che poi, si era avvicinato lui a me, e non di poco. Ma questa è un'altra storia.

Ecco questi sono i momenti in cui pensi "beh il peggio è passato". E invece, SBAM! Altro giro, altra corsa di sfighe.

* * *

La mattina seguente quando arrivai a scuola vedendo Laura e Valeria feci appena in tempo ad incrociare i loro occhi che dovetti cambiare direzione. Il loro sguardo si fece scuro e Laura si voltò, dandomi le spalle. Eh già, le notizie in questo buco di merda in cui abito corrono con la stessa velocità di Usain Bolt.

Alla prima ora avevamo educazione fisica. Ho sempre detestato questa materia, e ogni volta, o quasi, avevo la scusa pronta per saltarla.

Quella mattina, però, i dolori non erano così finti. Sentii un forte dolore allo stomaco, più orientato sul fianco sinistro. Fa male, molto male. Era come se qualcuno stesse cercando di strapparmi l'intestino a mani nude. Contemporaneamente risentii quel nodo alla gola e, di nuovo, non sapevo cosa fosse.

Chiamai a casa, con il permesso del professore che, per una volta, concordava con me sul fatto che stessi male davvero.

Mia madre arrivò il prima possibili e, una volta a casa, le cose non fecero altro che peggiorare.

"Ora vomito" fu l'unica frase che riuscii a dire senza piangere. Era terribile, tutto terribile. Mi sembrava di impazzire e, cosa peggiore, non sapevo che mi stesse succedendo.

"No, amore rilassati per favore" continuava a ripete mia madre, ma non riuscivo nemmeno a sentire la sua voce. Ero piegata in due sul divano così, già che c'ero, decisi di buttarmici per vedere se passasse. Mi sentii meglio e, pian piano, mi addormentai. Tutti i muscoli si rilassarono di colpo e la tensione se ne andò.

Era il 20 di Marzo. Ricordo questa data come fosse il giorno in cui sono nata. Un po' per l'accaduto, un po' per la buona memoria. E anche, soprattutto, perché fu qui che iniziò tutto.

E questa sono ioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora