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"In piedi! Si chiama "domenica", non "il giorno della nulla facenza"!" urlò mia madre, entrando in camera per svegliarmi con la sua delicatezza.

Non avevo per niente voglia di alzarmi quella mattina, nonostante fossero le undici e mezzo. Rotolai per tutto il letto, scivolando con i piedi nelle pantofole. Scesi le scale trascinando i piedi: avevo perso la voglia di vivere, ormai.

Mentre scaldavo il tè, aprii i messaggi WhatsApp. Lessi un  numero nuovo, un certo Matteo. Ci riflettei un po', non sembrava poi così nuovo quel nome...Ah, già, era un amico di Andrea. Usciva da poco con noi ma si era fatto subito ben volere da tutti. Un po' timido, certo, ma non si tirava certo indietro quando arrivava il momento di dare una mano.

Prima di allora, però, non mi aveva mai scritto. Non so nemmeno perché o come avesse il mio numero, però in quel momento ero troppo stanca per farmi domande, e di sicuro non mi metterò ad indagare ora.

"Ciao Grace, come stai?". Wow, una fantasia...sconcertante, devo dire. Se ci ripenso un po' su, credo di ricordare il fatto che mi avesse messo gli occhi addosso. Ma allora ero una Barbie da avere assolutamente, per la maggior parte dei ragazzi, per tanto il fatto che mi avesse notata non mi faceva né caldo né freddo.

Passai la mattinata fra compiti e messaggi con lui, e così anche la settimana successiva. Nel frattempo avevo raccolto informazioni su di lui. Niente cose da stalker eh, sia chiaro...solo lo stresso indispensabile per non trovarmi in braghe di tela, come si suol dire.

* * *

Un lunedì mattina mi alzai e mi vestii per fare una visita. Una delle tante di quel periodo.

Io pesavo dieci chili in meno di quel che avrei dovuto pesare. Gli attacchi di panico diventarono la mia compagnia più fidata, direttamente a braccetto con la solitudine.

Andò abbastanza bene, la visita, ma per me "bene" era qualcosa che non si adattava bene alla mia situazione. Odiavo me stessa per non riuscire ad uscire da quella situazione e, soprattutto, odiavo il mio corpo. Non ero mai abbastanza. Avevo solo voglia di sparire, ma resistetti sempre. Infondo, ero sempre la Grace combattiva. O almeno credevo...non mi riconoscevo più.

Scrissi a Matteo, avevo bisogno di sentirlo.  Sono tre settimane che ci scriviamo, ed è diventata l'unica persone con la quale abbia una parvenza di rapporto. Purtroppo non potevamo mai vederci, aveva sempre qualcosa da fare.

Provai comunque a scrivergli per sentire se avesse voluto uscire. Lui, come da copione, mi disse che ne sarebbe stato molto felice...la settimana successiva.

Forse avrei dovuto aspettare ancora un po', ma non riuscivo a stare da sola. Avevo bisogno di risposte sull'amore. Non avevo più speranza di farmi degli amici, così puntavo tutto sull'amore. Il problema era che avevo iniziato a prenderla troppo seriamente.

"Sai, mi piaci ed è da un po' che te lo voglio dire" scrissi, e inviai. Ad essere sincera, forse lui fu quello meno viscido di tutti i ragazzi che avevo incontrato prima...eppure avrei comunque potuto risparmiarmi quel messaggio.

"Anche tu Grace, avrei voluto chiedertelo qualora fossimo usciti, ma te chiedo ora: vuoi essere l'altra metà del mio cuoricino?". Fu molto probabilmente la proposta più sincera e dolce che avessi mai ricevuto. Chiaramente risposi con un "sì".

Passammo delle settimane indimenticabili: tre mesi. Era dolce e sensibile, anche se devo ammettere che era terribilmente distratto. Arrivò l'estate piena, fine Giugno. Cominciò a far caldo e la sera uscivamo a fare dei giri assieme, in bici, fino al parco. Andammo anche al mare insieme, svariate volte, e lui cercò perfino di insegnarmi a giocare a calcio, ovviamente senza successo.

Sembrava tutto perfetto. Troppo perfetto. Purtroppo dovette partire per le vacanze, a inizio Luglio. Mi disse che sarebbe stato via tutto il mese, a girare la costa con suo zio.

Quando me lo disse ricordo che affondai nella tristezza. Avevo paura, di molte cose. Fra queste c'erano la possibilità che conoscesse un'altra e la certezza che sarei dovuta rimanere da sola, più un'altra dozzina, circa. Devo ammettere che c'è una colpa, una delle tante, che mi accollo ripensando a quel periodo, e cioè quello di aver sempre concentrato ogni mia energia ai miei fidanzati, piuttosto che a me stessa.

* * *


Matteo partì e io, invece di chiudermi in casa, continuai i miei giri al parco la sera e in spiaggia alla mattina, quando potevo.

Una sera ricordo che mi sedetti su una panchina, da sola, tranne che per le zanzare: gelato a sinistra - Choc'n Ball -. Cazzeggiando con il cellulare, mi ritrovai a sfogliare le stories di Instagram. Passai da quelle di una mia amica, più una pazza che altro, che aveva ripreso con il cellulare la serata che stava passando. Quel pomeriggio, evidentemente, era stata al mare, ed era con un ragazzo.

Avete mai visto qualcuno per la prima volta, anche solo attraverso uno schermo, e siete comunque riusciti a sentire tutto l'insettario nello stomaco?

Alto, abbronzato, sorriso a dir poco abbagliane, occhi color nocciola. In una storia c'era il suo nome utente: Mattia. Così si chiamava. Notai una somiglianza assurda con...Alessio. Ecco chi mi ricordava! Girai le stories e ce ne trovai una in cui stava ridendo. Aveva proprio un sorriso pazzesco. E fu proprio quel sorriso a farmi capire che cosa significasse davvero "primo amore".

E questa sono ioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora