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"Ciao piccola, mi manchi tanto. Tra una due settimane ti rivedo finalmente!"

Questo fu il primo messaggio di un mercoledì, mentre a stento riuscivo a tenere gli occhi sullo schermo eccessivamente luminoso. Era Matteo, poverino. 

Un po' mi dispiaceva tradirlo, ma fidatevi, ero allo scuro di ciò che si stava creando fra me e Mattia. All'inizio pensavo solo ad un bacio, o qualcosa di più. Invece andava avanti da quasi un mese! 

Era un po' che la mattina io e mia madre guidavamo per quaranta minuti nel tragitto "casa-spiaggia". Un giorno si andava alla diga, un'altro giorno si prendeva il sole, un giorno ancora mi presentava i suoi amici, il giorno dopo ancora andavamo a nuotare fino all'ultima boa...credo di non aver mai fatto tanto allenamento fisico come in quelle settimane. 

* * *

Gemitaiz, in una sua canzone, cantava: "Se hai vissuto cose belle sai pure quanto sono brevi".

Ebbene, anche per me e Mattia arrivò questa "fine": l'ultimo giorno prima che tornasse a ottanta chilometri da me. 

Scesi dalla macchina ancora con gli occhiali da sole e i capelli aggrovigliati in una coda fatta alla meno peggio. Ed eccolo lì, che veniva verso di me. Riusciva a vedermi lontano un chilometro. Molte volte non avevo nemmeno il tempo di scendere dalla macchina...credo avesse memorizzato tutto di me - macchina compresa -. 

Ragazzi, che sorriso! Notai il fatto che avesse i capelli più rossicci, quel giorno.

"Hai fatto la tinta?" chiesi, scompigliandoli. Lui si ritrasse e, fingendosi indispettito ma con un sorriso a filo sulle labbra, iniziò a pettinarli con le dita.

"No, non sono il tipo da tinte. Quando passo molto tempo al sole succede così" rispose scrollando le spalle. Sorrisi e annuii: bello com'era chi se ne importava del perché avesse i capelli rossi al sole e biondi all'ombra.

Mi stampò un bacio sulla fronte, per poi sollevarmi come si fa con le principesse e portarmi alla sdraio. Quando mi appoggiò al lettino, sentii le sue labbra sulle mie. Sapete quando vi chiedono quale sia la cosa più bella delle vostre giornate? La mia era lui.

Arrivammo in riva al mare, e fece per baciarmi di nuovo. Mi avvicinai a lui e mi spostai con le spalle che davano sul mare, calmo come una tavola. Ero lì lì per, e...BOM! In acqua. Hai capito lo stronzo. Feci finta di offendermi, poi mi alzai e, ridendo, iniziammo a correre lungo la riva fino ad arrivare non so dove. Quando ci fermammo vidi che la gente ci guardava come se fossimo Richard Gere e Giulia Roberts in "Pretty Woman". 

Cavoli se corre veloce...avevo perso due anni di vita per quella corsa. 

"Dai piccola, non prendertela. Anni e anni di calcio" mi disse perfettamente in piedi, mentre io stramazzavo a terra senza fiato. 

Quando tornammo indietro ci arrampicammo su un cavallo di legno, un gioco per bambini suppongo, ma secondo Mattia "non è mai troppo tardi per divertirsi". Da lassù si vedeva tutta la spiaggia. Mi alzai in punta di piedi, perché è troppo alta la testa per vedere qualcosa. Lui mi raggiunse e mi prese i fianchi, mentre a me correva un brivido lunghissimo giù per la schiena.

"Cosa fai sta sera?" mi chiese. Sussultai. E ora? Che fa, mi chiede di uscire? Io non uscivo a cena da secoli, dopo che il mio stomaco aveva deciso di darsi la mano con la mia ansia. 

"Penso di fermarmi qui a cena, al ristorante davanti alla spiaggia" risposi indicando il locale. Arrossii per la vicinanza a cui i nostri corpi si trovavano. 

"Beh, io ho l'appartamento qui vicino, ti va se ci vediamo dopo cena? Ti aspetto qui al cavallo". Annuii pacata e tranquilla, ma nella mia testa si intonava "Firework" di Katy Perry. 

Che abbia fatto centro sta volta? Non pensavo al futuro e non sapevo se sarebbe rimasto ancora con me una volta tornato a casa, essendo lontani. Eppure avevo la netta sensazione che saremo rimasti uniti a lungo.

* * *

"Sono le sette, ti vuoi muovere?" sbuffò mia madre mentre mi truccavo nel bagno della spiaggia. Mi sentivo bellissima per la prima volta dopo tento tempo. Avevo deciso di portarmi dietro le Converse, una gonna nera, e un top a scacchi. Raccolsi i capelli con una coda perché erano ancora tutti bagnati.

Ricordo quella sera come fosse ieri. Mangiai mangiato in cinque secondi e per poco non mi uccise uno scampo che mi andò di traverso. Non so quanti messaggi e quante chiamate reciproche ci vollero prima di trovarci. Quando lo vidi sentii il cuore fare le valigie e andarsene altrove. Era vestito come molti dei passanti - canotta e pantaloncini corti in tuta -, ma lo avrei riconosciuto anche lontano un miglio.

"Andiamo?" mi chiese, prendendomi per mano.

"Si" risposi sorridendo. Averlo accanto era l'unica cosa che contava, in quel momento, indipendentemente da dove stessimo andando.

Nemmeno il tempo di arrivare su quel maledettissimo cavallo che iniziammo a baciarci con la passione che si sarebbe vista nonostante il buio delle nove di sera.  Lui mi prense i fianchi e mi tirò a se. Io appoggiai le braccia attorno al collo e lasciai che mi prendesse in braccio. Lui mi sorrise e poi iniziò a parlami dei suoi amici e dei genitori, e del fatto che di tornare a casa più di tanta voglia non l'avesse; mi parlò della sua città, di come mai avessero scelto proprio questo posto per venire in vacanza. Andammo avanti per un'ora quasi a parlare di noi stessi all'altro. 

Le stelle erano meravigliose: si vedevano tutte, quella sera. 

Ad un certo punto lo vidi rimanere in silenzio, che mi guardava. Mi baciò, ma non un bacio normale. Uno più...intimo, come a dire che ero sua. Invece disse altro.

"Ti amo". Rimasi pietrificata. Poi, realizzai. 

"Anche io" risposi. 

A questo punto possiamo tutti intuire cosa stesse per succedere, quindi non scenderò nei dettagli. 

Quella sarebbe stata l'ultima di un estate, e la prima di una vita insieme. 

Porto ancora tutto con me, sia di lui, sia di quel che successe in quei giorni. Ogni sera un'emozione diversa ed ogni giorno me lo sono goduto fino all'ultimo istante. 

"E adesso?" mi chiederete voi. Beh, fu la stessa cosa che gli domandai io, in realtà.

"E adesso cosa facciamo?" chiedi mentre le lacrime mi rigavano il viso. Lui le asciugò con delicatezza e, poi, mi abbracciò forte, fortissimo. Sentii il suo cuore battere. Non riuscivo ad immaginarmi un giorno senza di lui. 

Ad un certo punto, LA frase che cambiò tutta la mia vita da quel giorno in poi. 

"Potrei prendere un certo treno che porta a Padova la domenica, no?". Urlai. Letteralmente, cacciai un urlo nel mezzo del parcheggio. Lui scoppiò a ridere, e io rimasi a guardarlo.

"Ti amo" riuscii a dirgli, tra mille singhiozzi.

"Anche io" mi rispose lui. Ad un certo punto s'incupì: stavano arrivando i suoi genitori e credo fosse ora di andare anche per me. Tra l'altro di lì a tra due giorni sarei partita per una vacanza. Salii in macchina, costringendomi a non voltarmi. 

Ovviamente cedetti e, quando mi voltai, ci salutammo allungando le mani come se potessimo toccarci. Restammo così fino a quando non girai l'angolo. Lui scomparve dalla mia vista, lasciando posto a qualche ciclista. 

Mi addormentai con la sua promessa nel cuore, esausta dalla giornata. L'ultimo pensiero che mi attraversò la mente fu un "chissà" sussurrato fra le labbra. 

E questa sono ioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora