"Ma c'è anche tuo padre a casa?". Ecco Alessio e le sue domande. Vi starete chiedendo cosa ci faccio con lui e come mai eravamo nella mia macchina. Beh, torniamo un po' indietro...
All'invito di Marco avevo risposto "sì", e avevamo optato per un sabato sera. Il pomeriggio uscimmo a bighellonare lungo l'argine: io con il telefono, Andrea che fumava un pacchetto di sigarette ogni cinque minuti - metaforicamente -, Marco e Alessio in skateboard e Luca con la sua ragazza che si sbaciucchiavano ogni due per tre.
"Come ci arriviamo sta sera al sushi?" chiese Alessio a Marco: è vero, stavo guardando il telefono, ma stavo anche ascoltando la loro conversazione.
"Ah non guardare me, i miei sono via fino a tardi" si affrettò a dire Alessio. Come sempre, lui era il principino da scorrazzare a destra e a manca. Sbuffai un po' troppo rumorosamente, infastidita da tanto opportunismo, guadagnandomi un occhiata da parte dei due. Feci spallucce senza dire nulla, facendo loro cenno di proseguire.
"Beh...anche i miei sarebbero fuori questa sera..." disse Marco. A questo punto si voltarono verso di me, al che io li guardai scuotendo la testa.
"E va bene, vi porto io. Però poi vi fate venire a prendere" dissi, scocciata. Dal giorno prima non riuscivo più a sopportare nemmeno uno di loro.
Quindi, ricapitolando, ecco perché mi trovavo in macchina con Alessio - che mi domandava di mio padre - e Marco, diretti verso casa mia. Mio padre l'ha sempre avuta a morte con Alessio per come mi aveva trattata, ecco perché Alessio era così terrorizzato.
Quando arrivammo a casa mia mi fiondai in camera per riprendermi un secondo e per complimentarmi con me stessa su quanto fossi brava a non esplodere.
"Vuoi anche un caffè Grace o ti dai una mossa?" mi urlò Marco, mentre min sistemavo il trucco.
"Quasi fatto!" urlai dalla mia stanza.
Quella sera avevo deciso di mettere una maglia nera in pizzo che mettevo solo in rare occasioni, con dei jeans grigi.
Scesi e lanciai una rapida occhiata ad Alessio, come a cercare nei suoi occhi un segno di ciò che penava del mio abbigliamento.
"Stai...bene, molto bene" mi disse lui, cercando di nascondere gli occhi sbalorditi. Da quando ci eravamo lasciati ero cambiata e forse si stava pentendo della sua scelta. O forse dovevo solo smetterla di inseguire stupide speranze tossiche.
"Dai andiamo, Andrea e gli altri due idioti ci aspettano" ci interruppe Marco. Accidenti, ma perché era come il prezzemolo? Sbuffai sorridendo e salii in macchina, avvolta nel mio giubbotto. Sarà anche stato Maggio, ma io sono freddolosa.
Quando arrivammo si sentì Erik in lontananza che urlava: "Beh, ce ne avete messo di tempo eh?". Marco mi lanciò un occhiata, fingendo di schiarirsi la voce e io tirai fuori uno dei miei sorrisi più grandi. Scoppiammo tutti a ridere, poi entrammo.
Sono quasi fermamente convinta del fatto che avessimo mangiato come dei maiali quella sera, tra pollo piccante, nigiri, involtini primavera, sashimi eccetera. Andrea e Alessio avevano preso delle barche di sushi. Ma non per scherzo, erano barche in miniatura. Ancora oggi mi domando come abbiano fatto a finirle tutte.
Dopo cena uscimmo a fare due passi, un po' per digerire e un po' perché nessuno di noi tornava mai a casa prima di mezzanotte.
"Beh, Ale, perché non dai un bacio a Grace?" disse Marco d'un tratto, rompendo il silenzio. Giuro, potessi tornare indietro gli riempirei la faccia di nastro isolante. Sprovvista di nastro adesivo mi voltai per lanciargli un occhiata, e Alessio fece lo stesso.
"Fatti i cavoli tuoi Marco! Se non vogliono non è un problema tuo" disse Andrea, sempre pronto a difendermi. Io mi voltai a rincorrere Alessio che se ne stava andando. Non è mai stato uno con tanta pazienza in corpo.
"Hey! Aspetta un attimo, ti prego! Marco non sa quello che dice" ansimo esausta, ridendo nervosamente. Alessio rimase in silenzio qualche minuto, poi scoppiò a ridere, vedendomi paonazza.
"Sei sempre stata bella tu eh"mi disse cingendomi un fianco. Ci fermammo a guardarci e fu allora che sentii un sussulto al cuore. Cercai di non dare troppa importanza a tutto quell'inciucio, però: se avevo chiara una cosa era che Alessio non prendeva decisioni a lungo termine e a me non stava bene.
In un attimo ripercorsi tutto ciò che era successo fra noi due e mi venne una gran voglia di dirgli tutto ciò che pensavo realmente, mandando a quel paese il buon senso e il senno di poi. E, dato che non sono assolutamente una persona impulsiva, presi un respiro profondo, e...
"Sai Ale, non ti ho mai dimenticato. Ho ancora voglia di stare con te, sebbene io sappia di aver sbagliato a comportarmi come mi sono comportata. Sono stata pressante, sono stata stupida e ho ragionato come una bambina. Avrei dovuto lasciarti i tuoi spazi e avrei dovuto accorgermi del fatto che non stessi più bene con me. Però devi ammettere che anche il tuo "ci sono e non ci sono" non è l'ideale. Però ci si può sempre dare una seconda chance. Non è che possiamo riprovarci?". Come dicevo, non sono affatto una persona impulsiva, sono molto, molto peggio.
Aspettai in silenzio per dei secondi che mi sembrarono degli anni. Poi, finalmente, Alessio prese un respiro infinitamente profondo.
"Senti, Grace, non c'è un motivo preciso che giustifichi ciò che sto dicendo, ma di te non mi interessa più". Mi lasciò andare e si diresse verso Marco, che intanto ci aveva raggiunti, come se niente fosse. Mi lasciò lì, sola, con una tranquillità allucinante. Non mi aspettavo che avrebbe fatto così male. Il mio cervello non connetté più, non sapevo più cosa pensare. Non ebbi nemmeno la forza di piangere. Rimasi ferma per dieci minuti buoni prima che Andrea corresse da me e mi abbracciasse, facendomi sciogliere in un pianto.
"Ok, adesso ti calmi e la smetti. Vieni qui, dai" mi disse, invitandomi a sedermi sul marciapiede.
"Avanti, ora mi racconti tutto" continuò, ma io non avevo avevo la minima idea di che cosa avrei potuto dire. Per un attimo temetti di aver perso la capacità di parlare, frastornata com'ero.
Iniziai pian piano a sciogliermi con Andrea, le lacrime scendevano come una cascata. Mentre mi disperavo, però, sentii la sensazione consolatoria più che bella che si possa provare in un momento del genere: quella di aver trovato un amico vero.
Tornando a casa in macchina c'è scena muta.
Arriviamo a casa di Alessio e lui scese, a testa bassa, forse perché sapeva di avermi ferita. Lo vidi sparire inghiottito dal buio del viale di casa sua, ma mi ostinai a stringere gli occhi per seguirlo fin dietro l'angolo di una casa.
Dopo quella sera, non lo rividi più. Ma insomma, me l'aspettavo. Non si può chiedere ad un ragazzino di dodici anni di riflettere sul fatto che sta abbandonando una persona che lo ama davvero. Che poi, amare è una parola bella grossa, cazzo.

STAI LEGGENDO
E questa sono io
ChickLitGrace, sedici anni e tante, tantissime cose da raccontare che vengono dal passato e che risuonano ancora nel presente, ma che non devono assolutamente intaccare il futuro. Troppe persone giudicano senza sapere, e bisogna assolutamente riordinare, pe...