«Buongiorno di nuovo a tutti! Come vi sono sembrate le vacanze natalizie? Vi siete divertiti?» Kuroo, armato del suo tipico sorriso felino, salutò i ragazzi ed entrò nell'aula. Restò a chiacchierare con loro per qualche minuto, in modo da rompere il ghiaccio ed evitare di attaccare subito con la sua lezione. Con un lavoro come il suo era di fondamentale importanza instaurare un buon rapporto con gli studenti, e poi, a lui piaceva parlare con loro. Vi rivedeva una versione di se stesso più giovane, un po' impaurita, un po' diffidente e un po' speranzosa, che nonostante le avversità cercava di non focalizzarsi troppo sui problemi e tentava invece di distrarsi facendo altro.
Eppure, per quanto distrarsi e prendersi delle pause fosse importante, era anche conscio che i problemi, prima o poi, andavano affrontati. Poteva temporeggiare, rimandarli per un po' e ricaricare le batterie, ma alla fine avrebbe dovuto trovare un modo per risolverli. Proprio come era successo a lui, anche quei ragazzi sarebbero stati costretti a pensare. Era l'unico modo per tornare in vita e, soprattutto, rimanerci - metaforicamente parlando.«Vi è mai capitato di chiedervi: "Sono l'unico, qua, a conoscenza di questo dolore? Sono l'unico, qua, che sa davvero cosa significhi soffrire? Gettato al fronte di una guerra tanto distruttiva, quella con la mia stessa mente, dietro il mio viso e sopra il nodo alla gola?". Vi è mai capitato di sentire la vostra ombra urlare, straziante, e cercare di trascinarvi giù con lei nelle profondità del sottosuolo? Convinti di essere soli; convinti di essere soli ad affrontare una tale sofferenza. Sono certo che vi sia capitato, e anche più di una volta immagino; altrimenti, non vedo altro motivo per cui dovreste trovarvi qua.» Alzò le spalle. «La vostra ombra ha cercato di trascinarvi nell'oscurità della morte, e alla fine ce l'ha fatta. Non siete riusciti a liberarvi dalla sua morsa violenta e avete ceduto alla sua forza devastante.
«La vostra mente urlava talmente forte da farvi venire un'emicrania, il nervo del lato sinistro della testa a pulsare più forte del vostro cuore e il dolore a circondarvi interamente, da sopra, da sotto, di lato. Eravate contenti che fosse venerdì, il giorno della settimana in cui l'inferno della frenesia della vostra vita poteva essere messo in pausa per due effimeri giorni; eppure, il venerdì lo trascorrevate a pensare al sabato, e il sabato a pensare alla domenica, e la domenica a pensare alla morte perché la domenica è il giorno del suicidio per antonomasia. Il giorno in cui il tasto "pausa" veniva fatto scattare e quella frenesia soffocante ripartiva, ripartiva la domenica stessa senza neanche aspettare il lunedì, perché il lunedì partiva il mondo ma la domenica partiva la vostra mente. Partiva, e partiva per andare chissà dove. Neanche lei lo sapeva. Partiva e basta, e la vostra mente urlante era troppo chiassosa per far sì che voi poteste capire ciò che vi stava succedendo intorno.
«La domenica era come una giornata in tempesta: fitte nuvole grigie, lampi accecanti e tuoni assordanti. E chissà perché era proprio la domenica a sembrare così malinconica, così depressiva, così suicidaria. Che si trattasse di un temporale o dei pensieri affianco a voi che avevate scritto, suonato, disegnato o inciso, tutte quelle urla vi hanno portato a pensare che la morte fosse decisamente meno dolorosa dell'emicrania nella vostra testa.
«Ma cosa rappresenta, realmente, quest'emicrania? Siete voi che fluttuate nel nulla cercando di difendervi, voi che levitate nel niente senza alcuna difesa, testati dall'esaminatore spietato che è la vostra coscienza. Non riesco a trovare una metafora più appropriata che possa descrivere i pensieri depressivi che mi frullavano in testa, al tempo antecedente alla mia morte.
E voi cercavate di dormire, di dormire nonostante le urla, nonostante il mal di testa, nonostante la fine della settimana, invano. E siete arrivati a credere che avreste dormito solo una volta morti.«Eppure non ha funzionato, no? Non del tutto, almeno. Siete morti ma siete qua svegli e vigili, con l'emicrania che ancora non è passata, la settimana che non è ancora finita, le urla che non sono cessate, l'esistenza che continua. Siete ancora convinti di essere gli unici a conoscere quel dolore? Gli unici a sapere cosa significhi davvero soffrire? Ad essere gettati in mezzo ad una guerra tanto distruttiva e violenta da portare al suicidio? Guardatevi intorno. Guardate il vostro vicino di banco, la persona seduta davanti, dietro e di lato a voi, quelli in prima fila e quelli nell'ultima, quelli che intervengono spesso, quelli che stanno sempre in silenzio e il vostro stesso insegnante. Guardatevi nell'anima, guardatevi come eravate quando avete messo piede qua per la prima volta e guardatevi adesso. Guardate tutta la strada che avete percorso fino ad ora.
Ero nella vostra stessa situazione, una decina di anni fa, eppure guardatemi adesso. Un trentenne morto che costringe dei ventenni anch'essi morti a pensare e a riflettere e ad accettare e ad amare.
Siamo arrivati così lontani, ragazzi.
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THE MIDDLE OF NOWHERE, sakuatsu
Fanfiction❝ "La presente condizione dell'uomo, obbligandolo a vivere e pensare ed operare secondo ragione, e vietandogli di uccidersi, è contraddittoria. O il suicidio non è contro la morale sebben contro natura, o la nostra vita, essendo contro natura, è con...