1. Hold my breath and let it bury me.

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Chi è sopravvissuto a un tentativo di suicidio precisa di "non voler morire per smettere di vivere". Sembra un paradosso, una strana dicotomia, ma che a modo suo ha un senso. Se fosse esistita un'alternativa alla morte, molte persone tendenzialmente suicide l'avrebbero preferita. Una sorta di dimensione che non è né l'oscurità della morte né l'ingiusta vita.

Sakusa Kiyoomi era una di queste persone. Soltanto che, a differenza loro, non era sopravvissuto al suo primo - nonché ultimo - tentativo.

Era sempre stato debole, Kiyoomi, fragile come una lastra di cristallo, inerme di fronte alle insidie della Vita. Alla ricerca disperata di una boccata di ossigeno, un singolo frangente di secondo in cui poter prendere fiato, annaspare, assorbire quelle agognate e sfuggenti molecole solo per poi tornare giù, nelle profondità dell'oceano, negli abissi della sua mente, rischiando di annegare, e poi tornare su, di nuovo, cogliere un'altra boccata, frettolosamente, rischiando di soffocare. Questo ciclo infinito di aria e acqua - d'istinto di sopravvivenza e voglia di gettare la spugna - l'aveva drenato di ogni energia.

Questi tentativi frettolosi di prendere uno sbuffo d'aria pulita gli avevano offuscato i sensi. Gli avevano appannato la vista, serrato la gola, tappato le orecchie, fino a renderlo incapace di percepire ogni stimolo esterno. Fino a renderlo una misera anima strappata dal suo corpo terreno. Fino ad ucciderlo.

Kiyoomi non si era suicidato, no. Aveva sempre odiato quella parola. SuicidioUna parola così pesante, ma allo stesso tempo così tremendamente priva di significato. Le voci insensibili dei giornalisti e dei ragazzini più superficiali l'avevano spogliata del suo significato più crudo, puro e primitivo. L'avevano resa una parola come tante altre, posata sulle bocche di chi parlava per il solo gusto di farlo; l'avevano privata del carico morale che avrebbe dovuto portare con sé.

Suicidio. Che parola disgustosa. Secondo lui non esistevano persone suicide al mondo: esistevano soltanto persone fragili che si permettevano di crollare sotto al peso della Vita, le ginocchia ormai stremate, la schiena indolenzita e il cuore appassito. Non esistevano persone suicide, al mondo. Era la vita stessa la reale assassina, colei che li uccideva.

Quando il ragazzo riaprì gli occhi, non riuscì ad identificare subito il luogo in cui si trovava. Era in una semplice camera da letto, vagamente ricordante quella di un dormitorio, ed era steso su un materasso singolo, vestito dalla testa ai piedi con gli stessi indumenti che indossava quando la Vita l'aveva ammazzato.

Era morto? Non sapeva cosa pensare. Non aveva mai riflettuto su un'eventuale vita dopo la morte.  Aveva preferito sperare che non ci fosse nulla, un Nulla totalizzante in grado di porre fine al suo continuo annaspare alla ricerca di ossigeno. Aveva preferito pensare all'Aldilà come alla cessazione dell'esistenza. Un vuoto completo in cui, semplicemente, niente esiste. Nessuna anima, nessuno spirito, nessuna reincarnazione. Niente di niente. Una concezione profondamente materialista.

Kiyoomi non aveva mai creduto, creduto in generale. Non aveva mai creduto a nessuno dei temi riguardanti la spiritualità: per quanto li trovasse argomenti interessanti, non vi era una spiegazione logica dietro alle loro fondamenta. Le aveva sempre viste come un bisogno dell'uomo di credere in qualcosa: che fosse un Dio, delle creature maggiori o un'essenza governante, quello era irrilevante. L'uomo, sin dalla nascita dei tempi, ha sempre avuto la necessità di credere in un qualcosa più grande di lui, un qualcosa grazie a cui si possano spiegare i comportamenti irrazionali e su cui si possano addossare le colpe delle disgrazie naturali.

Dio ne è l'esempio più lampante: un'entità superiore capace di perdonare anche il peggiore dei peccatori, che ama tutti i suoi figli e che li accetta così per come sono, nei loro pregi e nei loro difetti. Una visione assolutamente irrealistica della realtà; l'incarnazione dei valori migliori che un uomo potrebbe possedere ma che, ironicamente, è incapace di provare. Troppo sporco, troppo egoista, troppo corrotto. Quel verme ch'è l'uomo non sarà mai nulla di paragonabile ad un Dio, l'Essenza perfetta, quella con la E maiuscola. L'Essenza che incarna il Bene e il Bene soltanto.

THE MIDDLE OF NOWHERE, sakuatsuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora