Di male in peggio

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Pov Josie

Mi affacciai sulla terrazza, guardando il lago poco distante. L'acqua era calma, riflettendo i colori tenui del tramonto. Erano stati giorni di vacanza insieme a Tony, e per un attimo mi ero illusa che qualcosa stesse cambiando in meglio. Erano piccole cose: sorrisi inaspettati, carezze fugaci, qualche risata che sembrava venire dal cuore. Ma dentro di me, sentivo che non era così semplice. C'era sempre quel velo tra di noi, qualcosa che non riuscivo a toccare ma che sentivo. Sempre.

Poi c'era il cellulare. Era sempre lì, nella sua mano, sul tavolo, vicino al letto. Come se fosse una parte di lui, un'estensione del suo essere. Ogni volta che vibrava o suonava, lui sobbalzava, lo afferrava in fretta, allontanandosi, chiudendosi dietro un muro invisibile ma solido. E ogni volta era la stessa scusa: "È per lavoro." Sempre.

Inizialmente ci credevo, o forse volevo crederci. Dopo tutto, il suo lavoro era impegnativo, lo aveva sempre detto. Ma da un po' di tempo, il lavoro sembrava essere solo una scusa per qualcosa di più grande, qualcosa che non voleva condividere con me. E quella sera decisi che non potevo più ignorarlo.

Tony rientrò in camera dopo l'ennesima telefonata. Lo guardai, seduto sul letto mentre si passava una mano tra i capelli, visibilmente stanco.

"Tony," dissi piano, cercando di controllare il tono della voce, ma già sentivo il cuore battermi forte nel petto. Dovevo restare calma.

"Sì?" rispose senza nemmeno guardarmi, posando il cellulare sul comodino con un gesto meccanico.

"Dobbiamo parlare," insistetti. La mia voce era ferma, ma dentro sentivo il gelo della paura. Non sapevo esattamente cosa speravo di ottenere, ma sapevo che qualcosa doveva essere detto. Non potevo più sopportare quel silenzio carico di tensione.

Tony alzò finalmente lo sguardo su di me, con un'espressione stanca e infastidita. "Cosa c'è ora, Josie?" chiese, come se già sapesse dove volevo andare a parare. Quella domanda mi fece scattare dentro. Non era un semplice fastidio, era come se per lui le mie preoccupazioni fossero inutili, quasi un peso.

Mi avvicinai, decisa a non lasciarmi intimidire. "Se c'è qualcosa che non va tra noi, dimmelo adesso. Se non vuoi più stare con me, basta dirlo."

Lui scosse la testa, facendo un respiro profondo, come se stesse cercando di mantenere la calma. "Non c'è niente che non va. È solo il lavoro, ti ho già detto mille volte che mi stanno mettendo sotto pressione. Cosa vuoi che faccia?"

Mi fissò con un'espressione che alternava frustrazione e difesa. Ma non ci credevo, non più. Lo conoscevo troppo bene per lasciarmi convincere da quelle parole. "Lavoro, davvero? Non ti credo, Tony." Mi avvicinai al letto e afferrai il suo cellulare. Il suo sguardo cambiò in un attimo, la sua calma apparente si incrinò. Fece per allungare la mano verso di me, ma io indietreggiai.

"Josie, cosa pensi di fare?" chiese, la voce bassa, carica di tensione.

"Voglio sapere la verità," dissi, guardandolo negli occhi. "Quante donne ci sono? Chi sono? Le conosco?"

Il silenzio che seguì fu pesante, come una cortina che ci separava. Tony mi fissava, come se stesse cercando di trovare le parole giuste, ma il suo volto era ormai una maschera di nervosismo.

"Sei ridicola," sbottò infine, alzandosi in piedi. "Non c'è nessuna donna, te l'ho detto. Sono solo stressato, va tutto a rotoli al lavoro. Non posso crederci che tu pensi che io..."

"Non mentirmi!" lo interruppi, la mia voce più alta di quanto avessi previsto. Sentivo la rabbia crescere dentro di me, un'emozione che avevo cercato di trattenere per troppo tempo. "Lo sento, Tony. So che mi stai tradendo, e non mi interessa nemmeno più il perché. Voglio solo che tu me lo dica in faccia. Voglio sapere la verità, perché tanto io già lo so."

Le mie parole rimasero sospese nell'aria, e per un lungo istante ci fu solo silenzio. Tony sembrava paralizzato. Non c'era più quella rabbia difensiva nei suoi occhi, ma qualcosa di più cupo. Era colpa? Rassegnazione? Non lo so, ma sapevo che stava per cedere.

Infine, abbassò lo sguardo, come se fosse stato sconfitto. Si sedette sul bordo del letto e si passò le mani tra i capelli, respirando profondamente. "Hai ragione," mormorò, con un filo di voce. "Ti ho tradita."

Quelle parole mi colpirono come un pugno allo stomaco, ma non mi mossi. Mi aspettavo dolore, lacrime, qualcosa... ma invece non sentivo nulla. Era come se mi fossi già preparata a questa rivelazione, come se sapessi da tempo che sarebbe arrivato questo momento.

"Da quanto?" chiesi, la voce fredda, quasi distante, come se stessi chiedendo un'informazione qualunque.

Tony sospirò, evitando il mio sguardo. "Da... più di un anno."

Un anno. Un anno intero di bugie, di silenzi, di false rassicurazioni. Non riuscivo nemmeno a immaginare quante volte fosse tornato a casa dopo avermi tradita, quante notti avesse dormito accanto a me fingendo che tutto fosse normale.

"Quante donne?" chiesi, spingendo per avere tutte le risposte.

Tony sollevò lo sguardo su di me, il viso segnato dalla colpa. "Alcune. Non... non erano storie serie, Josie. Era solo..."

"Solo cosa, Tony?" lo interruppi, stringendo i pugni per trattenere la rabbia. "Cosa mi dirai adesso? Che non significa nulla? Che è stato uno sbaglio? Che eravamo troppo distanti e che ti sei sentito solo? Dimmi quello che vuoi, perché niente di quello che dirai potrà giustificare ciò che hai fatto."

Lui si lasciò cadere all'indietro, affondando il viso tra le mani. "Non so cosa dirti. È successo e basta. Le cose tra di noi non andavano più, e io ho ceduto."

Quelle parole mi rimbombavano nella testa. "Non andavano più?" ripetei, con un sorriso amaro. "E questa è la tua soluzione? Tradirmi?"

Lui non rispose. Ero incredibilmente calma, troppo calma. Come se il mio corpo fosse in modalità di protezione, per non sentire il dolore, per non lasciarmi travolgere dalle emozioni. Avevo già sofferto abbastanza, per troppo tempo. E forse, inconsciamente, mi ero già preparata per questo momento.

"Sai una cosa?" dissi infine, restituendogli il cellulare. "Hai ragione. Non va più bene nulla tra di noi. Ma io me l'aspettavo. E sai una cosa, Tony? Non soffrirò tanto quanto pensi."

Lui mi guardò confuso, come se non riuscisse a capire cosa stesse succedendo. "Cosa intendi?"

Lo guardai dritto negli occhi, sentendo finalmente una sensazione di liberazione. "Che non importa più. Non mi fa più male, Tony. Ho già accettato che questa relazione è finita da tempo. Mi dispiace solo che tu non abbia avuto il coraggio di dirmelo prima."

Poi mi voltai e me ne andai. Lasciai Tony lì, seduto sul letto, con il peso delle sue bugie e dei suoi tradimenti che lo schiacciava. Io, invece, mi sentivo finalmente libera.

Waiting for a signDove le storie prendono vita. Scoprilo ora