Capitolo 4

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Una mattina mi trovavo alla stazione, come ogni giorno, e aspettavo le 7:02, l'orario in cui passava il treno che mi avrebbe portata a scuola.
Sedevo sulla panchina, vicino alla biglietteria; c'era il sole, nonostante fosse autunno.
Indossavo come sempre le cuffiette, ma ancora non avevo fatto partire la musica.
– ... ah, allora è per questo che non lo abbiamo più visto –; sentii le voci squillanti di un gruppo di ragazzi che si avvicinavano al bar della stazione.
– Noi glielo dicevamo sempre di non andare così di fretta –.
– Aveva tanta paura di perdere il treno, eh! Beh, adesso invece l'ha preso per bene –, disse un altro a voce ancora più alta. Tutti si misero a ridere in maniera fragorosa e sguaiata.
– E poi è da un pezzo che nessuno va più in bicicletta! –, aggiunse qualcun altro. Non mi voltai a guardarli, ma continuai ad ascoltare, pur non sapendo di cosa stessero discutendo.
– Penso che se ne sia reso conto da solo ora! –. Parlavano divertiti tra loro.
Rimasero lì per una decina di minuti; dopo un po' alzai lo sguardo verso di loro; poi, guardai di fronte a me.
D'improvviso si alzò un venticello ghiacciato ed anomalo che accarezzò leggero la mia pelle, subito seguito da un brivido: provai ad ignorarlo, ma il mio cuore iniziò a battere all'impazzata, sembrava volesse uscirmi dal petto; rimasi immobile, odiavo questa sensazione e non capivo da cosa dipendesse. Iniziai ad agitarmi involontariamente, mentre una voce metallica annunciava cortese: "Treno in transito, si prega di non oltrepassare la linea gialla".
Passarono all'incirca due minuti, quando la terribile visione iniziò.

Un ragazzo veniva in bicicletta, pedalando frettolosamente, nella mia direzione, proprio sul marciapiede. Mi guardò, io ricambiai lo sguardo e la scena che la mia mente mise a fuoco fu raccapricciante: la bici sbanda, il ragazzo cade ed il treno lo investe, correndo via, senza riuscire a fermarsi.

Mi tenevo la testa, che nel frattempo pareva esplodere, stretta tra le mani come per eliminare quello che credevo fosse solo un cattivo pensiero. Le lacrime iniziarono a solcare il mio viso, cercai di aprire gli occhi ma qualcosa me lo impediva; poi di scatto li spalancai.

Ciò che rimane sono solo immagini e suoni: le urla disumane e strazianti, il rumore fortissimo delle ruote che grattano le rotaie, lo stridio dei freni e la leggera, ma tagliente corrente d'aria che mi sfiorò, generata dalla corsa inarrestabile del treno pochissimi attimi prima dell'incidente.
Una cosa la ricordo però con chiarezza: ricordo che vidi la sua luce, di un verde sgargiante, affievolirsi lentamente, poi diventare trasparente, fino a scomparire e spegnersi piano piano.
Una fitta fortissima alla schiena mi travolse, poi buio totale.

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