Era sabato mattina. Quel giorno avevo l'appuntamento con lo psicologo. I miei erano entusiasti, io un po' meno. Anche se lo trovavo inutile, avevo deciso di andare lì per confermare agli altri, e a me stessa, che in me non c'era nulla che non andava.
– Tempo perso –, pensavo tra me e me, alzando le spalle; avrei fatto in modo che l'incontro durasse il minor tempo possibile.
Entrai nell'atrio dello studio. Non era una clinica, ma l'odore pungente di disinfettante che sentii mi riportò per un attimo indietro, e mi ricordò il risveglio in ospedale dopo lo svenimento in stazione; quel pensiero mi fece rabbrividire.
Sentivo ancora addosso la malinconia lasciata dai sogni confusi e pesanti che avevo fatto nella notte; non li ricordavo, ma ne conservavo un sapore amaro.
Il mio aspetto non era quindi dei migliori.
Ero agitata.
Una giovane donna sorridente venne nella mia direzione.
Era verde.
– Iniziamo bene –, pensai tra me e me, in un sospiro lieve, scaricando un po' di tensione.
La donna mi invitò a seguirla in una piccola stanza, in cui si trovavano due poltrone, una di fronte all'altra.
Si presentò, disse che si chiamava Lisa.
– E tu sei Sara, giusto? –. Si rivolse a me con voce dolce, osservando dei fogli che si trovavano sul piccolo tavolinetto vicino a lei.
– Sì –, risposi timidamente.
– Come stai? –, chiese.
– Bene, lei? –, risposi con un tono un po' irridente.
– Bene grazie, puoi darmi del tu – disse. Accennò a un sorriso e si accomodò meglio sulla poltrona, appoggiandosi allo schienale, mentre fingeva di non notare il tono che avevo utilizzato.
Ricambiai il sorriso, sfregando lentamente le mani sui jeans.
– Sara, qual è il tuo colore preferito? –, mi domandò dopo aver fatto un lungo respiro leggero.
– Il verde –, risposi piano.
– Anche a me piace molto il verde –, controbatté veloce.
Lentamente presi fiducia, mi tranquillizzai un po', e iniziai a parlarle della mia passione per la lettura, di come mi trovavo a scuola, delle mie amicizie. Poi Lisa mi chiese del rapporto che avevo con i miei genitori.
Inizialmente mi irrigidii: parlare di questo argomento mi mette un po' in difficoltà. Poi però guardando il verde della sua luce, di fronte a me, mi tranquillizzai e risposi, in maniera sempre meno sospettosa.
– Hai un mondo dentro, Sara –, disse quasi al termine della conversazione, alzandosi piano per raccogliere la penna che le era caduta dalla tasca del camice.
– Grazie –, sorrisi tra me e me.
– Mi fai pensare a quando io avevo la tua stessa età –, aggiunse.
Si sedette di nuovo e continuò a parlare, guardandomi negli occhi ora. – Mi piaceva così tanto osservare, sognare ad occhi aperti, riflettere; mi dicevano che avevo sempre la testa fra le nuvole, ma a me piaceva far credere di essere distratta per concentrarmi meglio su tutto ciò che mi interessava –.
Sorrisi di nuovo, esitai per un istante e – Sei ancora così? –, le chiesi.
– Beh, a volte. Diventando grande, però, sono uscita da quel mondo che avevo creato intorno a me, per evadere; ed è così per ognuno di noi. Quando si cresce non ci viene permesso di essere distratti –.
– Ma non ci viene permesso da chi? –, domandai impulsivamente.
– Beh –, sorrise, – da tutti coloro che abbiamo intorno, dalle persone a noi care, dalla stessa società –, rispose.
Corrugai la fronte.
Aggiunse: – Ma infondo è giusto così, non ne vale la pena; bisogna vivere la realtà, non la propria immaginazione –.
Mi schiarii piano la voce; è una cosa che faccio involontariamente, quando inizio ad irrigidirmi.
Continuavo ad ascoltarla; rendendosi conto della mia attenzione e del mio interesse riguardo a ciò che stava dicendo, continuò: – Il lavoro che faccio mi ha aiutata molto a capire questo. Vivere di sogni, pensieri, vivere osservando e magari vedendo cose che nella realtà non ci sono davvero, è una suggestione da parte del nostro cervello –.
Il suo discorso, che in un primo momento comprendevo e condividevo, stava diventando macchinoso e poco chiaro per me. Io quelle cose le avevo viste davvero, e vissute; altro che suggestione.
– Mi spiego meglio –, continuò; forse aveva notato la mia espressione confusa. – Nel corso del tempo la nostra razionalità ha fornito la soluzione in ogni campo, sciolto enigmi ingombranti che gravavano sulla vita dell'uomo; perciò ora perché arrovellarsi il cervello in ragionamenti pesanti, quando la soluzione l'abbiamo già? La realtà è più facile, non credi? –.
Inarcai le sopracciglia e accennai un sorriso sottile, senza rispondere nulla.
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Con i miei occhi
General FictionSara ha quasi diciassette anni, è una ragazza tanto calma quanto determinata, appassionata dalla lettura. Vive di sogni, di emozioni, di fantasie; insomma, Sara vive di dettagli, di ciò che non si vede, o meglio, di ciò che molti, per pigrizia non v...