Sfiorai con le dita la scritta sbiadita; poi, di scatto, come se qualcosa mi avesse punto, ritrassi la mano e mi allontanai piano. Mi guardai intorno, non c'era nessuno. Sentivo così freddo che avevo bisogno di un posto in cui ripararmi e tranquillizzarmi; solo a pochi metri, lì di fronte, c'era la solita piccola e vecchia edicola. La raggiunsi velocemente ed entrai.
Avevo lo sguardo perso e la testa lontana.
– Buongiorno, come posso aiutarti? –, mi domandò il giornalaio: era un uomo molto anziano, con i capelli bianchi e i baffi folti. Lo ricordavo ancora dalla sua luce verde, perché da piccola spesso mio nonno, nelle mattinate d'autunno, mi portava con sé in quel posto, per comprare il giornale.
Lo ignorai.
–Ti senti bene? –, mi domandò nuovamente, con la sua voce rauca e debole.
Fissai qualche minuto nella sua direzione, poi: – Chi è Anna? –, chiesi velocemente con un tono di voce squillante, quasi stridulo, che io stessa ritenevo molto strano, diverso dal mio, come se, in quel momento, fosse qualcun altro a parlare per me.
Di scatto mi tappai la bocca. Avrei voluto rimangiarmi quelle parole.
– Ma che domande faccio? Quanto sono stupida –, pensai tra me e me, facendo una smorfia per la vergogna.
L'uomo inarcò un sopracciglio : – Anna? –.
– Mi scusi davvero –, piagnucolai con voce disperata, portandomi una mano sulla fronte mentre con l'altra mi sorreggevo il fianco perché stavo provando delle fitte molto forti. – Davvero non volevo, non so perché l'ho detto –, continuai confusa.
– Mi dia un quotidiano, uno qualunque –, aggiunsi nervosamente dopo lunghi secondi di pesante silenzio, fingendo di essere andata lì per comprare un giornale ed esitando con un mezzo sorriso imbarazzato, cercando di chiudere il prima possibile quella situazione di disagio estenuante.
– Ho visto che sia ieri che stamattina, prima di entrare, ti sei fermata dove ci sono i fiori, ad osservare la foto... –, disse l'uomo mentre, di spalle cercava il giornale che gli avevo chiesto.
– Sì... –, risposi sbalordita.
– Allora penso proprio di sapere a chi ti riferisci –, disse con calma glaciale. Il vecchio si voltò, interrompendo per un attimo la ricerca del giornale. Notai come le rughe del suo viso, inizialmente distese, ora si erano irrigidite.
– Anna era mia nipote e... –. Iniziò a parlare con la solita voce serena, il suo tono di una tranquillità
innaturale era anomalo; poi si bloccò per qualche attimo, deglutì e: – Anna era mia nipote, e quando aveva sette anni fu vittima di un incidente, proprio mentre veniva qui –. Il tono della sua voce rimase inalterato.
– È successo diversi anni fa –, concluse. Ora però potevo cogliere una nota di dolcezza amara, nelle sue parole, che mi fece rabbrividire.
Rimasi in silenzio, rossa in viso, non sapevo cosa dire. Mi sentivo in colpa per aver riportato alla memoria dell'uomo un ricordo tanto triste e doloroso.
– Ecco a te –, disse. Aveva notato il mio imbarazzo, perciò concentrò l'attenzione sulla rivista e me la consegnò. – Te la regalo, è l'ultima rimasta –, continuò, accennando un sorriso triste.
– La ringrazio davvero e mi scusi, non volevo... –, risposi. Mi sentivo a disagio; feci per andarmene.
– È passato tempo –, disse l'uomo con tono tranquillo e profondo. – Buona giornata –.
– A lei –, risposi uscendo.
Sospirai; la sensazione di freddo aveva lasciato il posto ad una leggera malinconia mista a confusione.
Ora sapevo chi fosse Anna, ma non sapevo il perché; perché l'avevo vista?
Pensai che forse non avrei trovato mai risposta a quella domanda.
Mi incamminai verso casa.
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Con i miei occhi
General FictionSara ha quasi diciassette anni, è una ragazza tanto calma quanto determinata, appassionata dalla lettura. Vive di sogni, di emozioni, di fantasie; insomma, Sara vive di dettagli, di ciò che non si vede, o meglio, di ciò che molti, per pigrizia non v...