Arrivò il cibo, e guardai Gian, che mi fece
aprire le gambe delicatamente per sedercisi in
mezzo e imboccarmi, se avessi mangiato. Era
pasta al sugo coi pezzettini di carne. Era tutto
fottutamente freddo e disgustoso.
Guardai Gian seduto, con la sua aria da
biscotto, tra le mie gambe e poi il cibo sul mio
petto. Poi ancora Gian e di nuovo il cibo.
Non volevo mangiare nulla.
Avevo lo stomaco intollerante.
La sola visione di quelle pennette asciutte mni
disgustava.
«Dai, apri la bocca.» Gian mi guardava con
una dolcezza che scioglierebbe un polaretto,
celata però dalla sua serietà. Mi porse
la forchetta, mettendo una mano a poca
distanza, sotto, dal boccone.
«Gian, no...» mugolai schifato.
«Diego, te ne prego. Fallo per il tuo peluche.»
si vedeva che ci stava male, quando non
mangiavo. Si sistemò su di me, sfiorando con
la mano che aveva liberato, il mio addomne
debole.
Era una cosa che faceva spesso. Amava
toccarmi.
Amava sentire il mio corpo sotto la sua mano.
Posò la forchetta e mi fissò a lungo. Ma non
guardavai miei occhi, il suo sguardo era
soprattutto concentrato sul mio corpo fragile e
denutrito, che stavo iniziando ad odiare.
Mi fa male vedere te, così. Se non vuoi
mangiare per te, fallo per me, lo ripeto.»
questa volta, non potei rifiutare, difatti, annui.
Tornò a sorridere, mentre riavvicinava quelle
due pennette alla mia bocca.
Fù lento e ogni commento, in quel momento
sarebbe stato frainteso.
Chiusi gli occhi, e schiusi le labbra,
permettendo al cibo di passare.
La mia lingua entrò a contatto con la polpa di
pelata, fredda, e un conato mi scosse. Volevo
vomitare anche l'anima.
«Ok, Gian, basta.» scossi la testa per
riprendermi.
«Un altro morso, ti prego.» la sua faccia ferita,
mi convinse a mangiarne un altro pò.
«Oh,Diè, ma se mi siedo sui tuoi genitali e
faccio su e giù per un pò, siamo entrambi nudi
e tu hai un'erezione, praticamente m'inculi?
Voglio dire, la tua erezione, mi finisce
dentro?» Ma a questo vengono le cose così, a
caso? E poi detto così, suonava male.
Mi imboccò di nuovo.
«Vuoi farlo?» chiesi ovvio, finendo di
masticare.
«No, cioė, sì, ma non possiamo.» altre due
pennette nella mia bocca.
«Oh, ma quanto vorrei! » esclamai.
Praticamente ci stavamo comportando come
amici con benefici, o roba del genere. Non ci
sentivamo fidanzati, e nemmeno lo eravamo.
Dopo qualche tempo, guardai di nuovo il mio
piatto: era semivuoto.
«Diego, tu non mangi perché non ce la fai,
ma perché non vuoi.» mi disse il piccolo
guardandomi negli occhi.
«lo non mi sento ok.» lui capì che intendevo, e
mi abbraccið.
«Non sei solo. Sta cosa la supereremo
insieme. »
Lo guardai intensamente negli occhi e capì.
La consapevolezza mi schiacciò come un
orgasmo in pieno coito. Fu forte, travolgente
ed estremamente eccitante.
Il piccoletto contribuì, muovendo il suo culetto
morbido, stile culo dei bambini su di me.
Mi mossi contro di lui di scatto.
«Oh,ma che cazzo fai?»
«Ho capito.»
«Cosa?»
«Quel cazzutissimo problema di geometria
solida.» rispose risoluto e soddisfatto.
«Tu hai problemi.» mi lanciò un cuscino in
faccia.
